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Home ›Congo - Teatro di una guerra senza quartiere tra potenze globali
Torna ad infiammarsi il conflitto nella tormentata regione tra Congo e Ruanda, testimone a più riprese di ondate di profughi nelle diverse direzioni e veri e propri genocidi, che vive la sfortuna di possedere ingenti risorse minerarie di interesse strategico. Ma oggi la bramosia delle capitali globali dell’imperialismo si scatena in maniera ancora più rabbiosa a causa della profonda crisi di accumulazione, che da un lato spinge disperatamente verso la finanziarizzazione, e dall’altro alla conquista di rendite parassitarie e all’appropriazione di risorse, da sfruttare ben al di là della cosiddetta “sostenibilità”.
È soprattutto per questo che la regione non riesce a trovare una sua tranquillità, nemmeno relativa e precaria, ormai da decenni. Negli ultimi giorni i combattimenti sono arrivati a ridosso di Goma, capitale di una regione minata dalla presenza di diversi numerosi gruppi paramilitari, oltre a corpi regolari degli eserciti ugandese, ruandese e naturalmente congolese.
Apparentemente la questione è basata su divisioni etniche. Se da Kinshasa il Ruanda viene accusato di essere il principale sostenitore dei ribelli tutsi, il governo ruandese sostiene che l’integrità territoriale del paese sia messa in pericolo dalla presenza nel Kivu di estremisti ruandesi hutu.
Ma di fronte ai recenti attacchi delle truppe ribelli di Nkunda, sono emerse tutte le divisioni tra le potenze imperialiste e i loro contrastanti interessi, che sottendono il conflitto. Infatti l’iniziativa del ministro degli esteri francese Kouchner, che si era espresso in favore del dispiegamento di soldati europei nel Kivu in sostegno dei caschi blu presenti in zona, si è subito arenata di fronte all’opposizione del Ruanda e alle resistenze del suo pari britannico Miliband.
Il conflitto odierno nel Kivu è la naturale prosecuzione di quella infinita e sanguinosa Seconda Guerra del Congo che è definita anche Guerra Mondiale Africana, per la sua estensione (ha coinvolto 8 nazioni africane - RD Congo, Namibia, Zimbabwe, Angola, Ciad da una parte, Uganda, Ruanda, Burundi dall’altra - e circa 25 gruppi armati) e per il numero di vittime (si contano circa 5,4 milioni di morti, in gran parte per carestie legate alla guerra, che configurano il conflitto come il più cruento svoltosi dopo la II Guerra Mondiale).
L’origine geografica delle diverse ondate di violenza - non è un caso - è sempre stata localizzata nel Kivu. Da lì è partita, nel 1997, la discesa lungo il fiume Congo che ha portato alla destituzione di Mobutu e al potere di Kabila. L’anno successivo nella stessa regione ha preso vigore il movimento guerrigliero di opposizione a Kabila, dopo che questi aveva troncato i rapporti con i suoi primi sostenitori in Ruanda. Ma queste mosse sono state orchestrate sotto la regia di potenze globali, tra cui le anglofone Gran Bretagna, Olanda e USA, che figurano come principali finanziatori internazionali del Ruanda. Nel 2004 il Ruanda ha stretto anche un accordo ufficiale di collaborazione militare con gli Stati Uniti, che si sono impegnati nell’addestramento delle truppe e in operazioni congiunte.
Dall’altro lato, il Congo ha ricevuto appoggio crescente da vari paesi, interessati ad una stabilizzazione della regione per lo sviluppo di progetti estrattivi e commerciali legati alle risorse minerarie. È del gennaio scorso un accordo con la Cina, del valore di 9 mld$, per la costruzione di infrastrutture, di cui il paese ha carenza assoluta, in cambio di diritti d’estrazione. Il gigante asiatico si attesta quindi come principale sostenitore finanziario del regime di Kabila.
Tra tutte le ricchezze del sottosuolo congolese (cobalto, rame, petrolio, diamanti, oro...) sta assumendo una enorme e crescente importanza il coltan (columbo-tantalite). Si tratta di un minerale da cui si ricava il tantalio, fondamentale per la realizzazione di condensatori di grossa capacità e ridotte dimensioni, usati in tutti i prodotti elettronici di ultima generazione, dai telefonini alle console. Secondo un rapporto dell’IPIS (International Peace Information Service), operano nel Kivu (e contribuiscono a finanziare i conflitti locali) numerose aziende europee tra cui la belga Umidore, la tedesca Masingiro, la Bayer. Il commercio, gestito da cosche globali in regime di monopolio de-facto, è diretto per la maggior parte verso il Kazakistan, attraverso società di comodo e partner belgi. Ma alla fine della catena, dipendono dal coltan congolese tutte le principali industrie high-tech: Alcatel, Compaq, Dell, Ericsson, HP, IBM, Lucent, Motorola, Nokia, Siemens... Infatti viene stimato che l’80% delle riserve mondiali di coltan si trovi in Africa, e l’80% di questo sia concentrato proprio in Congo. Il commercio della sabbia nera ha surclassato di gran lunga il tradizionale commercio di diamanti e oro. Nel solo anno 2000, spinto anche dalla speculazione, il suo prezzo è addirittura decuplicato, passando da circa 20 a 200 $/Kg.
Una sola miniera può attirare oltre 20 mila persone, compresi molti bambini, che spaccano pietre dalla mattina alla sera e vivono accampate nel fango, tutto per una decina dollari al mese. “Guadagniamo quasi niente e rischiamo la vita; l’altro giorno, ho perso quattro amici che sono rimasti sepolti in una galleria”, ha dichiaro un lavoratore ad un giornalista Rai. I rischi infatti sono altissimi, con gallerie che crollano frequentemente, nell’assenza di ogni regola di sicurezza. Ma il coltan contiene anche uranio, la cui radioattività avrà effetti a lungo termine disastrosi. Per di più, spesso i lavoratori non vengono nemmeno pagati, per mesi e mesi.
La realtà, quindi, è lontanissima dall’immagine che ci viene propinata, di conflitti etnici e territoriali in regioni sperdute dell’Africa Centrale, di cui le potenze mondiali non si interessano e che lasciano incancrenirsi in guerre “a bassa intensità” o “dimenticate”. Tutt’altro. Il cancro del Congo è il cancro del mondo intero e si chiama capitalismo. Questo sistema produttivo, decadente, alla ricerca disperata di profitti e rendite che possano far continuare il suo asfittico processo di accumulazione, è ormai capace di produrre solo guerra e povertà diffusa, sempre più acuta. Anche le effimere briciole distribuite nel “ricco” occidente si stanno rivelando per quello che in realtà sono: illusioni, bocconi avvelenati per la classe operaia. Ed è proprio ora che la classe operaia mondiale, unita, se ne liberi!
MicBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11
Novembre-dicembre 2008
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