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Home ›La crisi avanza ma la concorrenza divide i proletari
Solo un autentico partito comunista può evitare un’altra disfatta
Fra le tante questioni lasciate in sospeso dal governo Prodi ve ne erano tre di particolare gravità che richiedevano di essere affrontate con la massima urgenza: la questione dei rifiuti in Campania; quella salariale e quella, in verità in gran parte artatamente montata, della sicurezza.
In tutti e tre i casi le decisioni, tutte condivise dalle forze politiche dell’opposizione, sono state informate alla stessa esigenza: rimuovere con ogni mezzo qualsiasi ostacolo che il capitale può incontrare nella sua disperata ricerca di profitti.
Per esempio, pur essendo del tutto evidente che l’origine del problema dei rifiuti in Campania sta soprattutto nel connubio criminale fra l’esigenza delle imprese di poterli smaltire al minor costo possibile e l’opportunità per la camorra di trarne enormi profitti, il governo, di fatto, ha militarizzato le discariche in modo che questo infame connubio possa perpetuarsi indisturbato e a prescindere dai danni ambientali e alla salute delle popolazioni.
Altresì per i salari, nonostante l’inflazione galoppante negli ultimi mesi abbia reso per la stragrande maggioranza dei lavoratori ancor più problematico il raggiungimento della famosa quarta settimana e perfino le statistiche della Banca d’Italia indichino chiaramente che negli ultimi anni, si è verificata un gigantesca redistribuzione della ricchezza a favore dei profitti,non si è trovato di meglio che accogliere la richiesta della Confindustria di defiscalizzare gli straordinari. In sostanza, anche in questo caso il messaggio lanciato ai lavoratori è molto chiaro: per non morire di fame bisogna accettare fino in fondo la logica del profitto e le esigenze di conservazione del capitale.
Più chiaro ancora è il senso delle misure adottate per il controllo dei flussi immigratori.
L’immigrazione di massa è la conseguenza diretta della nuova organizzazione e divisione internazionale del lavoro e della completa liberalizzazione del suo mercato. In Italia, a trarne i maggiori vantaggi sono state soprattutto le piccole e medie imprese perché hanno potuto disporre di abbondante manodopera a bassissimo costo. Vantaggi notevoli ne ha tratto anche il bilancio pubblico trattandosi per lo più di manodopera senza diritto ad alcuna forma di protezione sociale. Il danno maggiore lo hanno subito invece i lavoratori che, a causa della maggiore concorrenza innescata dalla presenza sul mercato del lavoro di lavoratori stranieri non organizzati e facilmente ricattabili, hanno dovuto accettare una riduzione consistente anche dei loro salari.
Rendendo l’immigrazione clandestina un reato penale il governo ha preso i famosi due piccioni con una fava. Da un lato ha ulteriormente indebolito i lavoratori stranieri e con ciò introdotto un ulteriore fattore di inasprimento della concorrenza fra i lavoratori e, dall’altro, criminalizzando lo straniero, ne ha fatto agli occhi dei lavoratori italiani il capro espiatorio deviando così il malcontento sociale dal possibile terreno dello scontro di classe su quello xenofobo che mette il povero e lo sfruttato non già contro il ricco e lo sfruttatore ma contro un altro povero e un altro sfruttato.
In considerazione del fatto che la crisi che incalza imporrà nuovi e più furibondi attacchi al salario e alle condizioni di vita dell’intero mondo del lavoro, il fare dell’immigrato o del Rom il nemico pubblico per eccellenza ha il carattere di una vera e propria strategia repressiva di classe che peraltro sta dando già i suoi frutti avvelenati come dimostrano i pogrom contro i Rom in Italia e gli scontri fra miserabili in Sudafrica (vedi in questo stesso numero di Bc l’articolo In Sudafrica è guerra fra i poveri).
Insomma, consapevole della gravità della crisi economica e della impossibilità di poter far fronte al crescente impoverimento del mondo del lavoro e degli strati più deboli della popolazione con opportune politiche di sostegno sociale, la borghesia, da un lato accentua la concorrenza fra i lavoratori e scatena la guerra fra di loro e dall’altro, trasformando le questioni sociali in questioni di sicurezza, criminalizza il conflitto fra capitale e lavoro per poterlo reprimere con la violenza ogni qual volta si dovesse rendere necessario.
Il problema è dato dal fatto che purtroppo, come sottolineava Marx:
I singoli individui formano una classe solo in quanto debbono condurre una lotta comune contro un’altra classe; per il resto essi stessi si ritrovano l’uno contro all’altro, come nemici nella concorrenza.
L’Ideologia Tedesca - Op. Comp. - Ed. Riuniti- pag. 63
In un’epoca in cui per diverse ragioni sono venuti meno perfino i luoghi che tradizionalmente hanno reso possibile l’aggregazione sociale e favorito il riconoscimento degli individui come membri di una stessa classe di egualmente sfruttati, il rischio che la crisi generi fenomeni di ulteriore disgregazione sociale è davvero elevatissimo. Per evitare che i proletari anziché lottare per abbattere il capitalismo si scannino fra di loro, occorre che si consolidi un preciso punto di riferimento politico di classe quale elemento decisivo perché il processo di produzione di una chiara coscienza comunista possa riprendere e radicarsi.
Solo la costruzione di un autentico partito comunista internazionale e internazionalista potrà evitare un’altra terribile disfatta.
gpBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2008
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