La crisi fra Russia e Georgia si acuisce - 2a parte

Il vento dell’est porta solo guerra

Continua dal numero precedente: leftcom.org .

Difficile futuro per il governo Saakashvili

Dopo le varie guerre commerciali e la dura risposta russa alla “crisi delle spie”, nonostante la facciata sprezzante, il governo di Tbilisi non sembra aver incassato troppo bene i colpi assestati dal rinascente imperialismo russo, trovando una sponda tutto sommato poco robusta ad occidente. Tanto per cominciare, Saakashvili ha dovuto procedere ad un rimpasto di governo, ma soprattutto rinunciare ad un vecchio alleato, nonché uno tra i suoi più influenti ministri, come Irakli Okruashvili. Secondo alcuni, l’ormai ex ministro della difesa avrebbe pagato la sua retorica ultra-nazionalista. In particolare la sua dichiarazione che avrebbe “passato il capodanno del 2007 a Tskhinvali”, capitale dell’Ossezia del Sud e sua città natale, aveva reso ancora più aspri i rapporti con la Russia. A seguito di ciò, la sua permanenza nel governo sarebbe stata invisa anche alla UE e agli USA, che ne avrebbero preteso la rimozione. (11)

Ulteriori problemi vengono, ancora, dal fronte del gas. Il 2 novembre la Gazprom ha annunciato l’intenzione di portare il prezzo del gas esportato in Georgia da 110 a 230 dollari per 1000 metri cubi, ossia a livello del mercato occidentale. L’impatto sulla crescita economia georgiana sarà importante, valutato tra l’1 e il 3% del pil. (12) Nel 2007 il problema potrebbe essere in parte risolto ricorrendo al gas del giacimento azero di Shakh Deniz, nel Mar Caspio, gestito da un consorzio anglo-norvegese (BP-Statoil), attraverso la South Caucasus Gas Pipeline (SCP, nota come Baku-Tbilisi-Erzrum). Ma il gasdotto non è ad oggi operativo e secondo gli accordi non sarà in grado di coprire i consumi georgiani.

Un’altra opzione accarezzata brevemente da Tbilisi era l’acquisto di gas dall’Iran. L’ambasciatore statunitense, John Tefft, si è dovuto affrettare nuovamente a “tirare il guinzaglio”, chiarendo che gli USA si oppongono con forza alla possibilità di un accordo commerciale a lungo termine con lo “stato canaglia” per eccellenza e precisando che la sua apertura all’acquisto di gas iraniano era limitata al caso di una grave crisi energetica, e non doveva essere fraintesa. (13)

Nel frattempo la Gazprom ha iniziato la costruzione di una pipeline tra la Russia e l’Ossezia del Sud. L’iniziativa è chiaramente politica, dato che i consumi della regione, priva o quasi di industrie, non potrebbero in alcun modo giustificare l’investimento. Un vero e proprio schiaffo al governo di Tbilisi, che non è stato neanche informato dei lavori, quasi che la Russia consideri già l’Ossezia del Sud un suo territorio.

L’espansione della NATO e la rinascente potenza russa

L’aspirazione palese del governo georgiano è quella di smarcarsi dall’influenza russa, raggiungere la propria integrità territoriale e soprattutto proporsi come principale alternativa alla Russia per il trasporto del petrolio dell’area del Caspio. Per questo motivo, fin dalla “Rivoluzione delle Rose”, Saakashvili ha elencato tra le priorità del suo governo l’ingresso nella UE e nella NATO.

Il primo obiettivo sembra piuttosto remoto, in quanto escluso al momento dalla stessa UE nel documento programmatico “European Neighborhood Policy”, ratificato di recente. (14)

Più aperta e complessa è invece la questione della adesione alla NATO. Nel discorso d’apertura dell’ultimo vertice, tenutosi il 28 e 29 novembre a Riga, in Lettonia, il senatore statunitense Richard Lugar ha proposto di modificare l’articolo 5 (“un attacco contro un membro è un attacco contro tutti i membri”) in modo da considerare le mancate forniture energetiche alla stregua di attacchi militari, a cui la NATO dovrebbe reagire unitariamente e con tutti i mezzi necessari. (15) L’Alleanza Atlantica ha poi ribadito la “porta aperta” per l’ingresso della Georgia - che anzi costituisce un tassello fondamentale nella politica di allargamento ad est e contenimento della Russia - ed è stato espresso sostegno completo alle aspirazioni georgiane di integrità territoriale. Tuttavia, contrariamente alle aspettative di Tbilisi, l’adesione è stata rimandata ad un futuro imprecisato.

Il summit, tenuto a pochi chilometri dal confine russo, è stato inteso dal Cremlino come una aperta provocazione. Non è sicuramente un caso che Mosca, il 3 novembre scorso, abbia organizzato proprio nella regione degli Urali la prima ed enorme esercitazione militare congiunta di SCO e CSTO, due organizzazioni che nel complesso uniscono Russia, Cina, Uzbekistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia. (16)

Più volte il Cremlino ha reso noto di non poter in alcun modo accettare l’ingresso della Georgia nella NATO. Il 24 settembre, in una dichiarazione riportata dalla ITAR-TASS, il ministro degli esteri russo Lavrov, posto di fronte alla prospettiva di un “dialogo intenso” tra la NATO e la Georgia, aveva ammonito che “l’ingresso della Georgia in una Nato non riformata danneggerebbe in modo serio gli interessi politici, militari ed economici della Russia e avrebbe un impatto negativo sulla fragile situazione del Caucaso”.

Pipeline energetiche

Dietro tutte le tensioni che si manifestano nell’area caucasica, si nasconde in realtà una lotta senza esclusione di colpi per assicurarsi il controllo dei flussi energetici. Fino ad oggi l’unico percorso possibile, sia per il petrolio di Baku che per quello di Tengiz, era l’oleodotto CPC (Caspian Pipeline Consortium) che garantiva alla Russia il controllo quasi completo delle risorse dell’area. Ma dopo l’inaugurazione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Cheyan (BTC), avvenuta il 13 luglio, il petrolio potrà fluire senza attraversare i confini russi. Un gasdotto parallelo, la South Caucasus Gas Pipeline (SCP), è in via di completamento. (17)

È evidente il tentativo, di matrice principalmente statunitense, di usare il BTC per sottrarre alla Russia il controllo delle risorse del Caspio. Gli USA non possono rinunciare al petrolio del Caspio per nessuna ragione, pena la perdita di ingenti rendite finanziarie e il tracollo economico. La Georgia, nel suo piccolo, spera di riuscire ad ottenere gas a basso costo, oltre alla rendita relativa al passaggio di petrolio e gas sul suo territorio, fin forse ad assurgere al ruolo di piccola potenza regionale, avamposto e roccaforte occidentale in Asia.

La Russia a questo gioco non ci sta: non può rinunciare al controllo dei flussi energetici, che solo può permetterle di far fronte ai problemi interni e ritornare ad essere una super-potenza imperialista. Al contrario, è pronta ad usare tutti i mezzi per costringere la Georgia a cedere alla Gazprom una quota della rete nazionale di gasdotti e delle pipeline transcaucasiche. (18)

Nubi pesanti, nubi di guerra corrono veloci sul Caucaso. Gli interessi in gioco sono enormi, e le grandi potenze sono pronte a tutto pur di vincere la partita. Preoccupa soprattutto il fatto che il proletariato, sia russo che georgiano, sia rimasto finora un attore assente dalla scena, se non nel ruolo di vittima designata. Se non saprà presto rialzare la testa, sarà chiamato per l’ennesima volta a pagare per interessi borghesi e imperialistici che non sono suoi.

Mic

(11) M. Corso, “Georgia: former defence minister submits shock resignations”, eurasianet.org .

(12) D. Petriashvili, “Officials: Georgia will survive gas price hike”, eurasianet.org .

(13) “Washington against long-term supplies of Iranian gas to Georgia”, en.rian.ru .

(14) “Georgia: walking a tightrope toward the west”, rferl.org .

(15) “Lugar: attack on allies' energy supplies is attack on NATO alliance”, rigasummit.lv .

(16) R. Zavaglia , “Nato versus Russia”, girodivite.it .

(17) “BTC celebrates full commissioning”, bp.com .

(18) N. Saginadze“Pay $230 or Say “No” to Russian Gas”, geotimes.ge .

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.