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Fame nel mondo: negli ultimi 10 anni è aumentata anche nei paesi a capitalismo avanzato
Il rapporto della Fao, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, è agghiacciante: nel mondo, nel 1966 pativano la fame 800 milioni di persone, oggi la patiscono 854 milioni. Gli affamati crescono con la media di 4 milioni l’anno e sono concentrati per 820 milioni nel cosiddetto terzo mondo, cui si aggiungono i 25 milioni dei paesi cosiddetti in via di sviluppo e i 9 milioni dei paesi avanzati. L’Africa, come sempre, è la più martoriata; in Africa centrale (Congo, Eritrea, Burundi, ecc.) i malnutriti, cioè coloro che non dispongono di 2 pasti al giorno, sono più che raddoppiati toccando punte di oltre il 70 % della popolazione. Si tratta spesso di paesi, come il Congo, ricchissimi di materie prime. In Sud America la situazione invece è leggermente migliorata con l’eccezione del Venezuela, importante paese petrolifero, dove gli affamati sono passati dall’11 al 18 % della popolazione. In Cina la situazione migliore, dove la popolazione che soffre la fame è scesa dal 16 al 12 %. Come si vede, l’intesa firmata a Roma nel 1996 da ben 185 capi di stato, che si erano impegnati a dimezzare la fame entro il 2015, limitandola a 412 milioni di persone, sta fallendo clamorosamente.
Ora, se accanto al fenomeno drammatico della fame, una vera e propria strage degli innocenti che ogni anno miete milioni di vittime nel mondo, considerassimo quello dell’impoverimento, cioè del peggioramento del reddito del proletariato dei paesi a capitalismo avanzato, allora avremmo chiara la linea di tendenza del capitalismo odierno verso la globalizzazione della povertà. Michel Chossudovsky, attento economista che studia i fenomeni della finanza globale, dedica a questo tema un saggio che consigliamo di leggere il cui titolo è “Globalizzazione della povertà e nuovo ordine mondiale”. In sintesi, egli descrive come le politiche del cosiddetto neoliberismo, avviatesi con i primi esperimenti di politica economica di Milton Friedman e dei suoi “Chicago boys” fin dal lontano 1973 in Cile e protrattesi fino ad oggi passando per ogni continente, abbiano prodotto un duplice fenomeno: la concentrazione della ricchezza, a livelli prima sconosciuti, nelle mani di potenti stratificazioni borghesi che controllano la quasi totalità dell’attività industriale e finanziaria mondiale e la contemporanea diffusione a scala globale della povertà. Il tutto realizzato attraverso le micidiali politiche economiche degli istituti internazionali, principalmente il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), usati dalle potenze imperialistiche, in primo luogo gli Usa e l’Europa, per imporre i propri interessi predatori nelle aree economiche arretrate. L’autore aggiunge che il neoliberismo non è servito solo a succhiare risorse ai paesi arretrati ma ha colpito duramente anche il proletariato dei paesi a capitalismo avanzato con il progressivo smantellamento del welfare state e con l’introduzione, intensificatasi nell’ultimo decennio, di forme di lavoro flessibili, precarie e mal pagate le cui conseguenze iniziano a manifestarsi con il rapido sviluppo di nuove forme di povertà. Si tratta di una analisi che anche noi condividiamo e che riconduciamo, cosa che Chossudovsky invece non fa, ai meccanismi interni dell’accumulazione capitalistica.
A riguardo dell’impoverimento nei paesi avanzati, citiamo due episodi significativi che si manifestano nella Francia, dunque proprio nel cuore della ricca Europa, e che mostrano le crescenti difficoltà del proletariato di quel paese. Dopo la recente “rivolta delle banlieu”, fermata con la repressione poliziesca, il fenomeno delle auto bruciate non si è fermato un momento. Da allora, ancora ogni notte, ininterrottamente, bruciano in media 150 vetture. È il segno che il profondo disagio dei giovani proletari francesi, quelli che versano in condizioni economiche più disagiate, non è stato minimamente attenuato. Dal governo sono state fatte tante promesse che poi non sono state mantenute e i giovani, disperati e abbandonati a se stessi, hanno continuato a lanciare il loro grido disperato fatto di cieca violenza. Non solo allora il capitalismo ha prodotto questa situazione ma sta dimostrando che non ha più i mezzi, a causa del grave stato di crisi economica in cui versa, a dare la benché minima soluzione ai problemi che esso stesso ha creato; e si tratta dei problemi fondamentali della sussistenza, del lavoro, della casa e del futuro di un’intera generazione di giovani! Ancora. È di fine ottobre la notizia che diversi studi sulle condizioni di vita degli universitari rilevano che tra i giovani studenti, soprattutto tra le ragazze, si sta diffondendo il fenomeno della prostituzione saltuaria, in qualche caso continuativa, quale mezzo per mantenersi agli studi e accedere ai consumi proposti dalla società. Il fenomeno è rilevante, riguarderebbe uno studente ogni 57, ed avviene con la posa per il nudo fotografico, con lo spogliarellismo pubblico o tramite la webcam, con il lavoro di cameriera o di donna delle pulizie svolto in abiti succinti, con il “massaggio”, con l’appuntamento a pagamento procurato dal bar locale e, per le più disperate, con il passeggio in strada con lo scopo dell’adescamento. Ecco come il capitalismo di uno degli stati più sviluppati del mondo ha ridotto una buona parte della sua gioventù: l’ha privata di ogni sicurezza economica e di qualsiasi valore se non quello del denaro! Pur con le debite differenze, il capitalismo odierno, molto più di ieri, lega allo stesso destino milioni di proletari sparsi sull’intero pianeta: fame e super sfruttamento nelle zone più arretrate, spettro della povertà e precarietà nei paesi avanzati. Si tratta del clamoroso fallimento delle politiche economiche che la borghesia ha prodotto fin dagli anni trenta del secolo scorso: dopo quella keynesiana che ha sviluppato il debito degli stati dilatandolo fino a livelli insostenibili (si pensi agli Usa, al Giappone o all’Italia), ora c’è quella neoliberista che sta producendo un disastro sociale di dimensione planetaria senza che all’orizzonte si scorga un’altra ricetta economica capace di invertire questi processi. Dunque bisogna proprio pensare ad alternative radicali...
clBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11
Novembre 2006
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