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Home ›Il gas rincorre il petrolio
Grazie anche all’aumento del prezzo del greggio cresce la sete dell’oro blu
Viste le aumentate difficoltà di rifornimento del petrolio, il recente piano energetico Usa ha posto la propria attenzione sulla produzione e commercializzazione interna del gas. Sono notevoli le riserve nel sottosuolo, in parte trascurate per i forti investimenti necessari al loro sfruttamento e per gli alti costi finali. Nella graduatoria mondiale gli Usa sono preceduti da Iran, Russia, Qatar, Arabia Saudita e, potenzialmente, dall’Iraq. Ora che il prezzo di mercato del gas americano è salito negli ultimi due anni di quasi il 50%, si è risvegliata l’attenzione delle maggiori compagnie statunitensi. Siamo arrivati a 6 dollari/Mbtu, l’unità di misura che a una quotazione del petrolio Nymex attorno ai 46-47 dollari al barile fa corrispondere un costo del gas a 8 dollari. Prevedendo un balzo in avanti della domanda di gas, le compagnie statunitensi, canadesi e messicane (Exxon Mobil, _Chevron Texano_, Royal Dutch/Shell, Conoco Phillips, Bp Usa, ecc.) si stanno concentrando sulla possibilità di sfruttamento dei giacimenti nelle aree federali protette (parchi, riserve indiane e aree artiche). Avanza anche la commercializzazione del gas proveniente dall’estero, con forti investimenti per impianti di liquefazione e rigassificazione a terra, per navi di trasporto del gnl (gas naturale liquido). Le zone interessate dalle importazioni sono in molti casi quelle già al centro delle attenzioni petrolifere: Malaysia, Indonesia, Australia, Mare di Timor, Qatar e Nigeria. Altri fornitori di gas per gli Usa, già in attività, sono: Oman, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Angola, Trinidad, Brunel. Intanto, per gli impianti di ricezione e per i terminali sulle coste americane, si è aperta una frenetica corsa di progetti e finanziamenti.
Non solo per il petrolio, dunque, ma anche per il gas la dipendenza energetica americana, come quella europea e cinese, è destinata a crescere ed a farsi cruciale. Al centro della vicenda Yukos, in Russia, vi è stato fra l’altro il controllo delle trattative commerciali sul gas, sia quello nazionale che quello kazako e turkmeno. Nelle ultime vicende ucraine (in Ucraina transita l’80% del gas russo venduto all’Europa), col nuovo governo che guarda alla Germania senza le intermediazioni di Mosca, le manovre attorno al commercio del gas hanno giocato la loro parte. La Russia sta fra l’altro avviando lo sfruttamento delle riserve di gas nella penisola di Jamal (Siberia occidentale), nel Mare di Barents, nella Siberia orientale e nella Penisola di Sakhalin. Lo stesso per i giacimenti sulla frontiera col Kazakistan. Il mercato russo si rivolge anche a Cina e Giappone, mentre attraverso la coproduzione di gas con la norvegese Statoli (Mare di Barents), la Gazprom russa guarda ad una redditizia fornitura di gas verso la costa orientale dell’America. Recente è l’accordo tra Mosca e Berlino per lo sviluppo del gasdotto del Baltico che trasporterà in Germania il gas dei giacimenti siberiani, sfruttando le acque internazionali e tagliando fuori Bielorussia, Ucraina, Polonia e Repubbliche Baltiche. Il gasdotto, che sfrutterà il fondale del Mar Baltico, è cofinanziato da Gazprom e dalla società tedesca Wintershall che fa parte del colosso chimico Basf. Costo dell’operazione: circa 10 mld di dollari. L’Eni ha da poco inaugurato il gasdotto sottomarino che, dalla costa settentrionale del Mar Nero vicino al porto petrolifero di Novorossijsk, porta il gas dopo 1.200 km a Durusu, vicino a Samsun sulla costa turca. Potenza massima: 16 mld di metri cubi.
In Italia, dove le vendite di gas sono aumentate del 9% nel 2004, con un record di 21,5 mld di metri cubi, la Gazprom e l’Eni stanno da mesi “trattando”: la prima per vendere direttamente almeno due mld di metri cubi di metano all’anno in Italia ed entrare nella Snam Rete Gas, controllata dall’Eni. Le trattative ruotano attorno ad affari colossali: impianti di liquefazione dell’oro blu in Russia e di rigassificazione in Italia. Nel frattempo Mosca stringe accordi con la Cina, come la costruzione di di due gasdotti da 60 - 80 mld di metri cubi per il Nord della Cina.
Altre manovre nell’America Latina, dove anche le vicende politiche boliviane sono condizionate dalle riserve di gas presenti nel paese e, stimate in circa 49 trilioni di piedi cubici (e 480 milioni di barili di petrolio). Decine di miliardi di dollari su cui vigilano le compagnie transnazionali che hanno siglato nel 1996 col governo boliviano 72 contratti capestro che dovrebbero scadere nel 2036, ad esaurimento delle riserve. Un aumento delle imposte sulla produzione in bocca di pozzo, una revisione dei contratti o una nazionalizzazione del gas, sono minacce sufficienti a scatenare scontri senza esclusione di colpi (compresi interventi mafiosi) fra le fazioni borghesi boliviane e gli inglesi della British Petroleum e della British Gas, i francesi della Total, i nord-americani della Mobil e della Enron, gli spagnoli della Repsol, la brasiliana Petrobas del presidente Lula. Tutti schierati a tutela degli interessi dei propri azionisti...
In Italia, infine, si trascinano da tempo grandi manovre attorno alla costruzione di un terminale di rigassificazione a Brindisi, dove già sono presenti grandi impianti energetici: due megacentrali a carbone (Cerano e Costa Morena), oltre all’insediamento del petrolchimico Enel. Con un vecchio accordo stipulato fra il governo italiano e la British _gas,_ il gnl verrebbe trasportato dall’Egitto e dal Medio Oriente; quindi stoccaggio e rigassificazione a Brindisi per circa 6 milioni di tonnellate annue. Protestano gli abitanti della zona per i terminali di ricezione, stoccaggio e vaporizzazione; inoltre l’attracco delle navi, che trasportano in media fra 70 e 140mila metri cubi di gas, richiede una gettata di un migliaio di metri cubi di cemento sul mare con un avanzamento della costa di circa 150mila metri quadrati e un inquinamento ambientale di forte gravità. Ma i profitti, manco a dirlo, sono notevoli...
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2006
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