Il centro sinistra al governo per una manciata di voti

Vince Prodi, Berlusconi recupera, il proletariato paga 

Benché data largamente in vantaggio da tutti i sondaggi pre-elettorali e perfino dai primi exit poll, l’Unione, la coalizione di centrosinistra diretta da Prodi, ha conquistato la maggioranza parlamentare soltanto per una manciata di voti e grazie ai premi che la legge elettorale assegna al vincitore. Si tratta di un risultato che ha lasciato attoniti tanto gli osservatori demoscopici quanto gli stessi attori di questa ennesima farsa elettorale. Alle elezioni regionali di soltanto un anno fa, infatti, la Casa delle libertà aveva preso una tale batosta che era del tutto impensabile una sua cosi significativa ripresa anche perché nell’ultimo anno governo Berlusconi aveva dato di sé prova ancora peggiore di quanto non abbia fatto nei quattro anni precedenti essendosi dedicato anima e corpo a sistemare con apposite leggine le pendenze penali dello stesso Berlusconi e a ridisegnare la legge elettorale in modo smaccatamente favorevole alla propria coalizione; insomma, quelle solite cose da voltastomaco che hanno caratterizzato l’attività governativa in tutta questa legislatura. Stretto poi nella morsa di una profonda crisi economica e da un disavanzo di bilancio tornato ai livelli stratosferici dei tempi della cosiddetta prima repubblica, il governo non aveva potuto neppure elargire le solite regalie di fine legislatura che tutti i governi normalmente fanno; eppure a urne aperte è bastato che iniziasse lo spoglio delle schede perché apparisse evidente che dietro l’angolo non c’era la scontata vittoria del centrosinistra, ma addirittura la possibilità di una riconferma del centrodestra e del tanto vituperato governo Berlusconi.

Alla fine è emerso un paese politicamente spaccato in due, ma lungo una linea di frattura per nulla corrispondente alla reale linea di demarcazione che divide le classi sociali in campo sulla base dei loro rispettivi, contrastanti e inconciliabili interessi concreti. Piuttosto essa appare essersi determinata lungo linee quasi esclusivamente ideologiche nel senso più borghese e deteriore del termine confermando così ancora una volta che in ultima istanza l’ideologia dominante è sempre quella della classe dominante.

Come nelle elezioni statunitensi dello scorso anno, a orientare il voto non è stata la percezione più o meno chiara dei rispettivi interessi in campo, delle prospettive drammatiche che la crisi economica va delineando fino a rendere sempre meno aleatorio il rischio della catastrofe sociale anche nelle aree economicamente più sviluppate; ma dalla rappresentazione mediatica della realtà ovvero della sua rappresentazione onirica. Il fatto che entrambi gli schieramenti politici in campo, essendo nei loro contenuti di classe entrambi borghesi, non potevano offrire altro che sacrifici, ulteriori tagli alla spesa e ulteriore precarietà e flessibilità del lavoro, ha fatto sì che la campagna elettorale si trasformasse in un’insulsa, indistinta saga di menzogne il cui obbiettivo fondamentale era la demonizzazione dell’avversario in quanto tale al fine di poter compattare il rispettivo corpo elettorale non tanto sulla base di un programma per quanto falso e illusorio ma sulla base delle spinte più irrazionali che albergano negli individui. Così da un lato si è fatto leva sulla paura del pericolo che poteva costituire per la democrazia e il cosiddetto bene del paese la permanenza al potere di Berlusconi rappresentato mediante la metafora dell’aspirante dittatore più o meno pazzo, resa peraltro più credibile dallo smisurato egocentrismo e dalla cialtronaggine del personaggio e, dall’altro, suscitando il timore che l’arrivo dell’orda “comunista” avrebbe comportato il regno del demonio in terra e soprattutto nuove imposte e tasse e l’azzeramento dei risparmi di tutta una vita. Così motivati, seppure con il naso turato, tutti sono andati al voto! Chi per fermare l’aspirante dittatorello pazzo e chi l’orda barbarica con la faccia di mortadella. In tal modo, l’urna ha potuto raccogliere non solo le schede elettorali ma anche le paure degli uni e degli altri e operare anche come valvola di sfogo delle frustrazioni e della rabbia di chi non arriva alla fine del mese. In un simile contesto è del tutto evidente che, potendo disporre della più potente macchina mediatica del paese, Berlusconi ne traesse i maggiori vantaggi e così a dispetto della sua cialtroneria, delle leggi ad personam, della riduzione delle imposte a favore dei più ricchi, della legge 30; per non dire dei tagli alla spesa sociale e dell’aumento delle imposte indirette, ha potuto recuperare lo svantaggio altrimenti incolmabile. Il centrosinistra ha vinto lo stesso, ma il Berlusca è rimasto in sella. Più in generale, ha vinto la rappresentazione della realtà come metafora sotto forma di farsa. Il vero sconfitto è, dunque, il proletariato che, essendo privo di un suo autonomo riferimento politico di classe, è impossibilitato a sottrarsi al dominio ideologico della borghesia e perciò a pagare sulla propria pelle i costi sempre più elevati della crisi, chiunque governi.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.