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Home ›Nel paradiso capitalista viene prima il profitto e poi la salute
La spesa sanitaria cresce ma le prestazioni calano
Prima parte
Con sempre maggiore frequenza, i governi regionali avvertono che se il governo centrale continuerà nella sua politica di tagli alla spesa sanitaria, saranno ben presto costretti a ridurre considerevolmente le prestazioni e/o a seguire l'esempio di quelle regioni che, già ora, per far fronte alla crescita della spesa sono state costrette a introdurre addizionali Irpef piuttosto elevate e nuovi ticket sia sulle prestazioni ospedaliere e diagnostiche sia sui farmaci.
Il governo e in particolare il ministro dell'Economia Tremonti sostiene, invece, di aver previsto nell'ultima finanziaria un incremento dei fondi per la spesa sanitaria superiore al tasso di inflazione programmata per cui se le regioni dovessero ridurre le prestazioni sanitarie la responsabilità ricadrebbe unicamente sulle loro spalle. In realtà, la questione è diventata ormai una sorta di kermesse in cui, apparentemente, hanno ragione sia il governo centrale sia le regioni. I dati, infatti, confermano sia l'incremento dei trasferimenti dal governo centrale a quelli regionali sia le crescenti difficoltà delle regioni a garantire perfino i cosiddetti LEA (livelli essenziali di assistenza) cioè le prestazioni di base. Il fatto è che la spesa sanitaria effettivamente cresce molto di più di quanto crescano le risorse a essa destinate e la colpa sarebbe della popolazione che vive più a lungo e necessita sempre di più cure. Ma, se questo è il trend - e la conclusione è generalmente condivisa da tutti: governo, regioni, maggioranza e opposizione parlamentare - l'unico modo per evitare che le finanze pubbliche vengano travolte, consiste nell'assicurare a ogni cittadino un livello minimo di assistenza e per il resto che ognuno pensi per sé rivolgendosi al mercato.
Coerentemente con questa premessa, i governi - di destra e di sinistra - che si sono succeduti nel corso degli ultimi dieci/quindici anni sono intervenuti sul sistema sanitario nazionale per riformarlo dove il termine "riforma", in realtà, è diventato per lo più sinonimo di smantellamento.
La strada scelta, però, alla prova dei fatti non ha prodotto né un efficace sistema di contenimento della spesa pubblica - come dimostra la stessa querelle stato/regioni - né un miglioramento delle prestazioni; anzi ha favorito l'incremento delle prestazioni più remunerative per chi le fornisce (ma non per questo più efficaci per i malati), una riduzione complessiva delle stesse e quel che più conta ha determinato un forte incremento della spesa a carico dei singoli cittadini e dunque anche di quella complessiva in relazione al Pil.
Eloquente è in proposito il dato Oecd relativo alla spesa privata out of pocket per la sanità (ovvero sostenuta direttamente dal consumatore): nel 2001, gli italiani spendono mediamente più di ogni altro paese sviluppato, con la sola eccezione della Svizzera e degli Stati Uniti. In valore assoluto, misurata a parità di potere di acquisto... la spesa privata media pro capite di un italiano è superiore a quella di un tedesco, di un francese, di un canadese.
P. Vienesi e N. Dirindin - In Buona salute - G. Einaudi editore - 2004
D'altra parte, per scoprire che i sistemi privatistici costassero complessivamente di più, non era per nulla necessaria questa sorta di esperimento in corpore vili; bastava dare uno sguardo a quel che accadeva e accade negli Usa dove la spesa sanitaria complessiva assorbe più del 15 per cento del Pil, e, nonostante ciò, oltre cinquanta milioni di statunitensi sono privi di qualunque copertura medica. Accade perfino che, non essendo previsti neppure dei livelli minimi di assistenza garantiti per tutti, un lavoratore che si ammala di cancro viene licenziato e abbandonato senza cure al suo destino.
La spesa sanitaria cresce, questo è un dato indiscutibilmente vero, ma non è vero, però, che cresce perché i lavoratori e la popolazione in generale vivono più a lungo. Il prolungamento della vita, poiché deriva soprattutto dalle condizioni economiche e igienico-ambientali e solo in minima parte dal miglioramento delle terapie strettamente mediche, in realtà prolunga anche il periodo di vita che ognuno trascorre in buona salute e senza necessità di cure mediche, pertanto solo un folle può immaginare che essa possa essere realmente garantita affidandosi al mercato e alle sue leggi; eppure, oggi, sembra proprio prevalere la follia. Ma solo in apparenza, infatti se andiamo ad esaminare alcune delle ragioni vere per cui la spesa cresce costantemente ci accorgiamo che dietro l'apparente follia ci sono precisi interessi di classe e che basterebbe l'ovvio riconoscimento del carattere sociale che riveste l'assicurare una buona salute a tutti gli individui perché ciò possa essere assicurato, senza particolari difficoltà, con le risorse tecnico-economiche già oggi disponibili.
La prima ragione di crescita della spesa sanitaria è dovuta al fatto - e non potrebbe essere diversamente - che gli investimenti nel settore - contrariamente a quanto accade nei settori immediatamente produttivi come l'industria - non determinano un'automatica riduzione dei costi per il personale. Per esempio, l'acquisizione di nuovi strumenti diagnostici non fa diminuire il numero dei medici e degli infermieri e così non li fa diminuire un nuovo farmaco. Ma quel che è peggio è che spesso l'acquisizione dei nuovi strumenti non avviene in base a un'effettiva valutazione della sua efficacia, ma è dettata dalle scelte delle industrie che li producono e così anche per i farmaci. E siccome come è noto queste industrie non hanno come scopo la salute degli individui, ma il profitto, il loro interesse è perché la spesa complessiva cresca, in ultima istanza perché le spese per le cure sanitarie aumentino indipendentemente dalla loro effettiva efficacia.
Esistono ormai dati che dimostrano senza ombra di dubbio che, pur rivestendo la disponibilità di nuovi farmaci e presidi diagnostici una notevole importanza, è la combinazione di essi con l'insieme dei fattori socio-economici e ambientali che ha consentito di debellare e/o sconfiggere malattie gravissime.
Per esempio la tubercolosi (che era ancora la principale causa di morte in Italia nel 1900) causava circa 4000 morti per milione di abitanti nell'Inghilterra del 1850, e solo 400 per milione negli anni Quaranta, quando comparvero i primi antibiotici: una riduzione di dieci volte, e un risparmio del 90% delle morti.
Op. cit. pag 7 e 8
gp1a parte - continua
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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