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Home ›Alcatel: sindacati e azienda in combutta - Ma i lavoratori non stanno più al gioco
La vertenza Alcatel Italia, in particolare nelle due sedi di Rieti e Battipaglia, sta vivendo la sua fase più convulsa e disperata. Forti riduzioni del personale, con vendita degli stabilimenti ad imprenditori non meglio precisati, esternalizzazione (anticamera del lavoro precario più bieco), cessioni di unità produttive, trasferimento coatto in altre sedi sotto il ricatto del licenziamento, pre-pensionamento per lavoratori ritenuti "vecchi" o "non riciclabili".
L'Alcatel è una multinazionale che opera nel settore delle tecnologie avanzate, come quelle delle telecomunicazioni e della trasmissione delle informazioni su cavi ottici. Ha sedi in tutto il mondo, quella centrale in Francia, ma si sta radicando molto nei paesi dell'est europeo e in tutto l'Oriente, soprattutto in Cina, dove l'economia sta vivendo un momento di forte crescita grazie all'intensissimo sfruttamento della forza-lavoro e a salari da fame.
Si sa, quando il capitale entra nella sua fase di crisi strutturale, cerca sempre di riprendersi in "ambienti" dove le condizioni economiche sono più favorevoli. Per l'Alcatel sta avvenendo proprio questo, essendo il mercato italiano (occidentale in genere) ormai saturo di tecnologia legata alle telecomunicazioni, il "core business" viene spostato verso nazioni dove il mercato meno è vincolato, e assicura più ampi margini di profitto. E, ovviamente, con esso si spostano anche i mezzi di produzione.
Rimangono allora da "sistemare" i lavoratori; i mezzi messi a disposizione dalla borghesia italica, non mancano. Una parte di essi, sono stati mandati in prepensionamento con la formula "prendere o lasciare". Molti altri "venduti" insieme agli impianti. Altri ancora, trasferiti in altre sedi anche estere, tra questi figurano lavoratori con un alto grado di preparazione tecnica, laureati in genere con un età media tra i 30 e i 35 anni. Molti di questi, quasi tutti meridionali, sono rimasti nell'azienda grazie ai contributi del governo di centro sinistra, ma rinnovati negli anni e fino al 2006 ottenuti con il classico ricatto: "noi assumiamo dei giovani laureati e tu governo ci dai quote di mercato (leggi più flessibilità per i lavoratori stessi) e inoltre versi alle casse dell'Alcatel il denaro che copre il costo di queste assunzioni. " E Il gioco è fatto. L'Alcatel munge lo stato italiano, ma munge ancora di più i lavoratori, attraverso la flessibilità più spinta.
Ma con l'implosione della cosiddetta new economy, tutto ciò non è stato sufficiente ed è iniziata la tosatura dei posti di lavoro giustificandola con le difficoltà di mercato e le conseguenti perdite e così lo scorso giugno Tchuruk, responsabile dell'azienda, decide di cancellare le sedi di Battipaglia e di Rieti dal panorama Alcatel. La stessa cura è stata riservata anche in Belgio, Inghilterra, Spagna, Francia e Germania. In tutto sono stati cancellati 10.000 posti di lavoro in meno di due anni.
Lo schiaffo è stato grande, in particolare per Battipaglia e Rieti, dove storicamente sono presenti condizioni drammatiche di disoccupazione, di lavoro sottopagato, di lavoro precario, di sfruttamento legalizzato. Si consideri che solo a Battipaglia tra fabbrica, ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e indotto vivono più di 500 famiglie.
Un ruolo di "tutto rispetto" l'hanno assunto i sindacati di tutte le sigle che consiste nel far passare le scelte aziendali sulle pelle dei lavoratori, mantenendo bassi i toni della protesta, insabbiandola e deviandola verso falsi obiettivi. Innanzi tutto, si è cercato di mettere i lavoratori contro lavoratori, utilizzando il classico "dividi et impera" sostenendo che non si doveva contrastare la chiusura di altre sedi perché avrebbe consentito di spostare il lavoro nelle sedi con condizioni più precarie come quelle del sud, insomma "morte tua, vita mia". I conti naturalmente non sono tornati e il posto di lavoro è a rischio per tutti.
Frattanto, sempre su iniziativa sindacale, è comparso anche il politicante di turno con le solite promesse, tutte sistematicamente smentite (qualche sindacalista si è addirittura vantato di amicizie "altolocate" per risolvere il problema).
La vicenda, quindi, grazie anche a direttive padronali ben precise e dettate ai "cani da guardia" del sindacato, ha assunto i connotati di una farsa, trasformando un dramma in una combutta. Intanto le decisioni aziendali, sono assunte in Assolombarda con la presenza del sindacato, lontano da voci indiscrete e da possibili moti di rivolta. In sei mesi di informazioni distorte ad arte, si sono fatte solo poche ore di sciopero, di solito in orari e in giorni non particolarmente dannosi per l'azienda e manifestazioni innocue, tipo sfilata con striscioni e codazzo di politici nel centro della città.
Il carico di lavoro intanto è regolarmente assicurato e le consegne rispettate; mentre è aumentato il numero dei lavoratori interinali. Solo a Battipaglia si è arrivati a 120 di vario livello rispetto alle 350 unità fisse. Lavoratori senza diritti, costretti a subire ricatti ad ogni stipula di un nuovo contratto, soprattutto le donne.
Uno scenario esplosivo quindi e difatti la rabbia è montata comunque; i lavoratori finalmente hanno smesso di essere delle semplici comparse e hanno sconfessato le scelte fatte dai sindacati in combutta con l'Alcatel sulla loro pelle. Le assemblee si sono infuocate di colpo, le critiche e quella che era solo una voglia di autorganizzazione è diventata una necessità primaria per poter condurre la lotta fuori dai soliti canoni sindacali e soprattutto filo aziendali.
Ad innalzare il livello di lotta autorganizzata, ha provveduto, inoltre, la protesta di un lavoratore che subito dopo aver ricevuto una lettera di trasferimento definitivo in altra sede, si è ' arrampicato su un traliccio minacciando di buttarsi se la decisione non fosse stata ritirata. Questo ha fatto sì che tutti i lavoratori entrassero in sciopero immediato con una solidarietà insperata tra tutte le varie componenti della fabbrica. È stato in questo frangente, che l'anima più becera e servile del sindacato si è di nuovo materializzata. Un sindacalista sotto al traliccio e con gli operai intorno ha invitato tutti a tornare al lavoro! Richiesta poi reiterata con maggiore forza quando è arrivata la polizia, addirittura minacciando di denuncia i lavoratori che però non hanno neppure un passo indietro.
La vertenza, insomma, è tutt'altro che chiusa, soprattutto alla luce del nuovo vigore che i lavoratori stanno mostrando a lottare in difesa del proprio lavoro, s'intende: al di fuori del sindacato.
naBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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