E i docenti universitari diventano precari

Contemporaneamente al decreto Moratti sui primi cicli d'istruzione, è stato approvato dal consiglio dei ministri il ddl delega sul riordino dello stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari.

Il pezzo forte della legge è certamente l'introduzione dei criteri di estrema precarietà e flessibilità per il corpo docente universitario. Vengono introdotti i contratti co. co. co. per coloro che svolgeranno attività di ricerca e/o didattica integrativa, rinnovabili una sola volta. Per i "fortunati" assunti, inoltre, sono previsti tre anni di precariato rinnovabili con successivi tre, al termine di questi o si entra in ruolo oppure si viene licenziati e magari sostituiti con nuovi precari. Questo provvedimento fa seguito al blocco delle assunzioni attuato in autunno per i vincitori ai posti di ricercatore e alle mancate prese di servizio degli idonei ai posti di associato ed ordinario dei professori universitari. Il tutto con lo scopo di ridurre drasticamente il numero dei docenti impegnati ed abbassare il costo del lavoro.

Altro punto fondamentale è la possibilità di istituire cattedre sotto le indicazioni e mediante convenzioni con le imprese. Anche qui viene sfruttata la legge sull'autonomia didattica e finanziaria introdotta dalla riforma Berlinguer, per ben rispondere alle esigenze dei capitali locali.

Questi interventi legislativi rappresentano solo le ultime scosse di un terremoto che ha di fatto sconvolto l'istruzione in tutti i suoi aspetti. Innanzi tutto è stato estremizzato il carattere selettivo e meritocratico - che la scuola ha sempre posseduto - attraverso provvedimenti come l'introduzione del numero chiuso nelle università (D'Alema-Zecchino), la netta diversificazione tra studi professionali e liceali (Moratti) o l'alternativa di adempiere l'obbligo scolastico mediante forme di apprendistato. Questo in conseguenza dei processi di ristrutturazione dell'apparato produttivo e quindi delle modifiche nell'uso, reclutamento e formazione della forza lavoro (manuale o" intellettuale" che sia), sempre più precaria e flessibile; da oggi anche per gli universitari, sintomo del fatto che viene colpito tutto il mondo del lavoro, non solo quello operaio, con una parte significativa, quindi, del ceto medio che viene sempre più proletarizzata.

Un vero e proprio terremoto che ha completamente distrutto il "vecchio" sistema scolastico per costruirne uno "nuovo" basato però sulle stesse fondamenta: interesse borghese, interesse del capitale. È sbagliata, quindi, la logica, ben viva per esempio nelle ultime mobilitazioni Cobas e studentesche, che vuole opporsi a queste politiche contrapponendo il ritorno al vecchio sistema o proponendo riforme "alternative" senza mai mettere in discussione l'involucro capitalistico.

Bisogna iniziare ad opporsi concretamente alle politiche borghesi. Rifiutando la logica settoriale e concertativa proposta da sindacati e sindacatini vari. Muoversi al di fuori delle normative anti-sciopero borghesi. Pensare ed agire come classe cercando l'unità tra tutte le componenti proletarie, e proletarizzate, ad iniziare dal mondo della scuola.

Solo rompendo con la struttura capitalistica l'istruzione, la ricerca ed il sapere saranno a disposizione, - come tutti i prodotti del lavoro - della società e dei suoi bisogni reali.

Nunzio

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.