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Home ›E Fausto ci prova ancora! Su alcuni interventi di Bertinotti
L'intervento del segretario del P. R. C. Fausto Bertinotti in commemorazione della fondazione del P. C. d'Italia, è un tipico, ormai scontato, esempio di come il lupo stalinista perda il pelo, ma non il vizio di mistificare i fatti per accreditare quella che è stata una feroce controrivoluzione come una dolorosa ineluttabile, esperienza, comunque interna al marxismo ed alla tradizione del movimento operaio. Bertinotti individua nel Novecento il secolo in cui "per la prima volta le classi subalterne esercitano un'egemonia, creano una nuova cultura", e, in particolare nel secondo dopoguerra, gli anni in cui "tanta gente esce dalla povertà e dalla miseria, e conquista il senso della cittadinanza: non più semplicemente operaio, o mezzadro, o bracciante, ma cittadino della Repubblica italiana costruita con le proprie mani, realizzando così la dignità e il senso di classe". Certo, il senso di cittadinanza (e di democrazia aggiungeremmo), il senso di appartenenza alla patria! La stessa patria che negli anni immediatamente successivi alla cosiddetta liberazione imprigionava nelle carceri comunisti ed anarchici, reprimeva nel sangue gli scioperi di operai e braccianti: erano gli anni in cui Togliatti era ministro della giustizia, quando i militanti internazionalisti dovevano guardarsi le spalle dalle canaglie del P. C. I. - che li avevano calunniati con l'accusa di essere agenti della Gestapo e traditori - tanto quanto dalla polizia repubblicana o, prima, dai fascisti. Questa è la storia d'Italia e non la si può cancellare. Ma per Bertinotti ed altri le cose non stanno proprio così, la Repubblica Italiana nata dalla resistenza partigiana è un patrimonio dei comunisti (sic!) che hanno dato un prezioso contributo alla sua creazione. Naturalmente non pretendiamo da questi signori che affermino l'inconciliabilità di fondo tra la democrazia borghese ed il programma storico dei comunisti, che è e sempre sarà l'abbattimento del sistema capitalistico e la costruzione di una nuova società senza classi, ma perlomeno che non andassero a scomodare Marx ed i fondatori del socialismo scientifico, dichiarando di richiamarsi ai loro insegnamenti! Tuttavia, è bene ricordarlo, anche ai tempi di Marx e di Engels esistevano gli opportunisti ed i mistificatori che inquinavano l'allora neonato movimento operaio con i germi del riformismo, cercando di conciliare gli interessi dei lavoratori con quelli dei borghesi loro sfruttatori anche se la storia ha sempre dimostrato il contrario: non può esistere il capitalismo senza lo sfruttamento del lavoro salariato. Ma Bertinotti insiste, e in una intervista al Manifesto del 21/01/2004, afferma: "nello stato si possono produrre una serie di modificazioni, anche minime, ma che incidono sulla natura del potere... È la questione dell'immissione nella società di elementi di socialismo". Perfetto, come da copione il buon vecchio Fausto si rivela un riformista della vecchia scuola: la pretesa di introdurre elementi di socialismo nella società capitalistica è la solita vecchia zuppa che viene riscaldata da 150 anni: riformisti di varia natura prima, Bernstein e Kautsky poi, lo avevano detto già ai tempi di Marx e di Lenin, che gli avevano risposto relegandoli una volta per tutte dall'altra parte della barricata.
Ma allora perché Bertinotti e soci continuano a definirsi comunisti? Mah, mistero della fede...
In merito all'esperienza storica dello stalinismo Bertinotti afferma: "L'esperienza dell'Unione sovietica fa parte della nostra storia, non ce ne possiamo liberare. E la scelta del socialismo in un solo paese non ricade solo su Stalin. Essa era anche la risultante della convinzione nel movimento comunista internazionale che un'epoca si era chiusa e che quindi si dovesse pensare alle vie nazionali al socialismo". Sebbene si possa essere d'accordo sul fatto che un processo storico non si possa imputare a un solo individuo, qui non vi è assolutamente una critica né di tipo politico né economico della controrivoluzione staliniana: infatti, innanzitutto bisogna riconoscere la natura capitalistica dell'URSS, ed allo stesso tempo la degenerazione politica del partito bolscevico su posizioni opportunistiche che lo portò all'alleanza con i partiti socialdemocratici borghesi prima, e ad una politica imperialista poi. È questa la grande tragedia del XX° secolo; molto più che il nazismo o il fascismo (entrambi espressioni politiche del capitalismo imperialista) quello che ha comportato da un punto di vista politico lo stalinismo lo stiamo scontando, e lo sconteremo ancora per molto tempo; dunque, non si può pensare di "ritornare a Marx" - come pretende Bertinotti - senza fare i conti con tutto ciò.
Il P. C. Internazionalista è nato dalla prima autentica opposizione allo stalinismo ed a tutte le degenerazioni storiche dei principi marxisti, tra mille difficoltà da sempre si è battuto per smascherare di fronte alla classe operaia questi ignobili mistificatori, anche a costo della vita, ed è quello che continueremo a fare finché il proletariato internazionale non si scrollerà di dosso questa pesantissima cappa di piombo.
GioBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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