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Home ›Ripresa economica? Ci vuole un miracolo - Anche nel 2003 i conti si sono chiusi in rosso
Anche il 2003, come già il 2002, si è chiuso deludendo tutte le aspettative di ripresa della congiuntura economica internazionale. Né ci sono segnali che lasciano intravedere una significativa inversione di tendenza a breve e medio termine. I consumi, infatti, stagnano ovunque; sono fermi perfino negli Stati Uniti, dove sotto lo stimolo della crescita della spesa militare e dalla forte svalutazione del dollaro, si è registrata la maggior crescita del Pil.
Insieme ai consumi stagnano ovviamente anche gli investimenti industriali e così il cul de sac in cui si dimena l'economia mondiale da qualche decennio sembra ormai essersi trasformato in una sorta di tunica di Nesso da cui nessuno sa come liberarsi. In considerazione di ciò, anche gli analisti e i centri studi internazionali più accreditati danno, già a partire dal secondo semestre del 2004, per scontato o come molto probabile, un ulteriore tracollo della congiuntura economica. I più pessimisti non escludono, subito dopo le elezioni presidenziali americane, la possibilità che, esaurita la spinta derivata dalla forte immissione di dollari a sostegno della domanda interna voluta da Bush, un crac finanziario di proporzioni colossali con ripercussioni gravissime sull'intero sistema economico mondiale.
Probabilmente la previsione di uno scenario così catastrofico è il frutto di un'interpretazione piuttosto meccanicistica delle proiezioni estrapolate dai modelli macro - economici e difficilmente si avvererà, ma il fatto stesso che venga ipotizzato come possibile, dimostra in quale intricato nodo è stretta l'economia mondiale.
D'altra parte, quelle che fino a ieri sembravano le cure migliori per ridare al malato nuovi stimoli e nuovo vigore, in una sorta di nemesi, oggi si ritorcono contro di lui costringendolo a letto in attesa di un miracolo.
Per anni, si è sostenuto che era necessario tagliare il salario, sia diretto sia indiretto, per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e quindi di una domanda aggiuntiva che a sua volta avrebbe consentito il rilancio degli investimenti, quasi che la crisi del profitto fosse causata da un'insufficiente accumulazione di capitale e non del suo opposto. O, che è peggio, che l'introduzione nei processi produttivi del microprocessore, fosse tout court assimilabile a quella della macchina a vapore, quando effettivamente le unità supplementari di capitale accumulato si trasformavano in nuove macchine e nuovi posti di lavoro e non in capitale soprattutto speculativo.
Dopo aver tagliato senza sosta tutto quello che si poteva tagliare; dopo essersi inventati di tutto e di più per far sì che i salari si mantenessero costantemente al di sotto del valore della forza-lavoro, oggi si scopre che il risultato più vistoso è stata la crescita smisurata del cosiddetto "lavoro povero". Il fenomeno dagli Stati Uniti dove ha già prodotto una massa di oltre trenta milioni di lavoratori che pur avendo un'occupazione stabile hanno un livello di vita di poco superiore a quello di un disoccupato, si è steso ormai anche all'Europa dando luogo a una stagnazione strutturale della domanda aggregata che scoraggia ulteriormente gli investimenti produttivi. Secondo una ricerca dell'Ires (l'Istituto di ricerche economiche e sociali della C. G. I. L..), di cui sono state rese note alcune anticipazioni, per esempio, in Italia, i lavoratori che pur avendo un'occupazione stabile hanno un salario che gravita attorno alla soglia di povertà sono ormai più di sei milioni e quel che è più significativo è che non si tratta solo di lavoratori assunti con i contratti cosiddetti atipici e flessibili, ma anche appartenenti a categorie tradizionali come quella degli edili, dell'artigianato e dei servizi. Sono tre milioni i lavoratori con un'occupazione stabile che percepiscono un salario netto compreso fra i 600 e gli 800 euro mensili e tre quelli che percepiscono una busta paga un po' più consistente, ma che non supera i 1.000 euro mensili. È interessante rilevare che tutto ciò si è verificato mentre ovunque la produttività del lavoro per addetto cresceva costantemente. In Italia, nel decennio '91-2000 mentre la produttività reale per addetto è cresciuta del 18,7% le retribuzioni lorde in termini reali (al netto dell'inflazione) solo del 3,3%. In Germania del 9,1contro una crescita della produttività del 21,1%; in Francia dell'8 contro il 33,6%; in Danimarca del 12,9 contro il 18,9%. Nei paesi Bassi e negli Usa, poi, contro una crescita della produttività del 40% i salari reali sono cresciuti soltanto dell'1,5%. E nel 2003, quando secondo i teorici dei tagli e della deregolamentazione del mercato del lavoro, l'oro doveva scorrere a fiumi nelle tasche dei lavoratori, in Italia, a causa della mancata restituzione del fiscal drag decisa dal governo Berlusconi e della forte impennata dell'inflazione, per la prima volta da venti anni a questa parte, le retribuzioni nette dei lavoratori hanno subito una perdita secca del loro potere di acquisto. Si calcola - ci informa La Repubblica del 2/01/ 2004 che: "una famiglia di tre persone con due redditi medi da lavoro dipendente ha perso potere d'acquisto per 720 euro" (E sei milioni di lavoratori vicini alla soglia di povertà - R. De Gennaro).
Né c'è da attendersi un'inversione di tendenza visto che i tagli ai servizi sociali e all'assistenza sanitaria, verso cui sono orientati pressoché tutti gli Stati, sia al di qua sia al di là dell'Atlantico, non potranno che determinare un'ulteriore riduzione del potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni.
Di fronte a questi dati, le geremiadi di quegli stessi economisti borghesi che, dopo aver appoggiato per anni tutte le politiche mirate alla riduzione dei salari oggi lamentano la stagnazione dei consumi, potrebbero sembrare frutto di una sorta di schizofrenia collettiva culminata in Italia in quell'allucinante spot pubblicitario del governo che invitava a incrementare i consumi per far "girare l'economia", proprio mentre si accingeva ad approvare una legge finanziaria fatta essenzialmente di rincari tariffari e di ulteriori tagli ai servizi sociali e al sistema sanitario.
In realtà, schizofrenico è il sistema capitalistico che stretto nella morsa delle sue contraddizioni è ormai pervenuto all'assurda situazione per cui ai lavoratori viene chiesto di compiere un miracolo: accettare salari sempre più bassi e più sfruttamento e consumare di più. Ma si sa i lavoratori sono uomini e i miracoli non li fanno. E chissà che fine ha fatto la mano invisibile del mercato.
gpBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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