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Home ›Potere d'acquisto e inflazione - Una conferma delle nostre anticipazioni
Sono stati pubblicati ad inizio no vembre sul Corriere della sera i risultati di uno studio svolto dalla Od&M, in collaborazione con lo stesso giornale, che ha monitorato nel corso di tre anni, dal 2000 al 2003, le retribuzioni di 852.413 lavoratori dipendenti.
Si tratta della più estesa indagine finora svolta sul tema che ha messo in luce, in modo analitico, l'andamento delle retribuzioni nelle diverse tipologie di lavoro (dirigenti, quadri, impiegati e operai), nelle diverse realtà aziendali (grande, media e piccola impresa), nelle diverse regioni e città (nord est, nord ovest, cento e sud Italia, Milano e Roma). Per quanto concerne le aziende i dati sono stati raggruppati anche per settore lavorativo per indagare le variazioni retributive tra le aziende della produzione (suddivise ancora in tipologia produttiva), dei servizi, della finanza e così via. L'indagine ha rilevato in ogni situazione anche le differenze di paga tra uomini e donne.
Lo studio, a nostro parere ben eseguito, sicuramente più obiettivo dei risultati delle rilevazioni statistiche ufficiali come quelle dell'Istat, è stato volutamente ignorato da tutti a causa della realtà che ha portato alla luce.
Di seguito, per motivi di spazio, riporteremo solo i suoi dati sintetici più significativi.
Innanzi tutto nell'ultimo triennio, questo è il dato aggregato medio complessivo, i dirigenti hanno perso il 7,7% del loro potere d'acquisto, i quadri il 5,5%, gli impiegati il 13,2% e gli operai il 9,2%. Gia questo dato mette in evidenza che la maggior perdita è stata subita dagli impiegati e dagli operai che oltretutto sono coloro che guadagnano di meno. Gli impiegati, è utile evidenziarlo, in questo modo si avvicinano ancora di più a una condizione retributiva simile a quella operaia che è tra le più basse dell'intero proletariato al cui interno ovviamente esistono fasce sociali ancora peggio pagate o addirittura pagate parzialmente o non pagate affatto in caso di disoccupazione (di quest'ultimo aspetto lo studio non se ne occupa). Dunque il proletariato, così confermano questi dati, è la classe sociale che più si è impoverita.
Lo studio (consultabili i dati integrali sul sito corriere.it o su quantomipagano.com ) mette inoltre in evidenza come le perdite del potere d'acquisto siano distribuite in modo non omogeneo. Interessanti sono i dati emersi. Il più tartassato è stato l'operaio che lavora nel settore auto (-14,4%); il lavoro femminile invece viene trasversalmente colpito maggiormente dall'inflazione in tutti i settori e tutte le tipologia lavorative; il lavoro in meridione viene retribuito ancora oggi meno che nel settentrione ma al contempo perde meno potere d'acquisto a causa dei costi inferiori per fare la spesa e di conseguenza al nord la perdita delle retribuzioni è stata maggiore che al sud; analogo discorso vale per le grandi città (Milano e Roma) in cui gli alti costi delle abitazioni, dei trasporti e in generale della vita falcidiano pesantemente le retribuzioni; infine man mano che decresce la dimensione aziendale la perdita delle retribuzioni diventa maggiore e ciò sta a significare che nella piccola impresa il lavoro continua a essere meno o poco tutelato. In questo senso lo studio mette in rilievo un dato significativo: dove il lavoro è tradizionalmente meno tutelato, la mannaia dell'inflazione si è abbattuta più crudelmente.
Nel triennio perciò, oltre alle tradizionali categorie peggio pagate come le donne e i lavoratori delle piccole imprese, dallo studio sono emerse quelle dei lavoratori assunti con le nuove tipologie contrattuali, in primo luogo quelle temporanee.
Cosa dire? L'indagine, con la prova dei dati reali raccolti, conferma che l'attacco alle retribuzioni è stato durissimo e questo spiega con dei numeri precisi le difficoltà della domanda interna, ormai stagnante o addirittura in calo, e soprattutto come le conseguenze delle varie riforme del mercato del lavoro e del salario, concordate tutte con il sindacato che le ha sempre presentate ai lavoratori come il mezzo per uscire dalla crisi e rendere sostenibile la concorrenza sui mercati internazionali, abbiano raggiunto l'obiettivo. Si tenga presente che lo studio non raccoglie i dati del lavoro nero che, se presi in considerazione, peggiorerebbero ancora di più la situazione.
Dunque in questi 3 anni vi è stato un enorme spostamento di ricchezza dal proletariato e, in una certa misura dalla piccola borghesia, alla borghesia con conseguente aumento del divario economico tra le classi sociali. Esattamente quello che abbiamo sempre ribadito.
CLBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #12
Dicembre 2003
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