Il futuro dei disoccupati dell'Alfa di Arese

Il prof. Pietro Ichino (Corsera,11 nov.) sale in cattedra ed esterna al pubblico un suo geniale pensiero sulle drammatiche vicende dei lavoratori dell'Alfa di Arese. Lo fa partendo dalla consueta manipolazione di fatti e dati, come l'esistenza, nella zona di Arese, di "centinaia di imprese alla ricerca di migliaia di operai introvabili". Perché mai, dunque, gli operai si ostinerebbero a "rifiutare" questa "diaspora verso altre aziende"? Semplice, risponde il nostro fantasioso professore: in Italia esiste una "egemonia culturale e politica dell'ala sinistra sindacale, ma anche a destra dove manca una Thatcher capace di combattere populismo e statalismo". Quindi, questi testardi lavoratori non vogliono capire quanto sarebbe per loro meglio - ecco una delle "idee-forza alternative" - accettare con entusiasmo "la costruzione di un sistema moderno di welfare e di workfare di tipo nord-europeo". Insomma, come si fa a non capire che solo il ricorso a "un sistema di servizi efficienti di informazione e orientamento, di riqualificazione mirata", può dare lavoro - "in poco tempo, dal primo all'ultimo dei mille di Arese" - addirittura con "un rilevante incentivo economico".

Il professore, bontà sua, non lo dice ma risulta consulente legale della Rotamfer, proprio una ditta che dopo aver occupato a prezzi stracciati una parte dell'area dimessa ad Arese, ha finto l'assunzione di 80 operai dell'Alfa per poi licenziarli sistematicamente! (Così denunciano gli stessi operai dell'Alfa).

Non pretendiamo di essere culturalmente avanzati e ideologicamente prolifici come il professore citato, ma perché questo signore non prova ad alzarsi dalla sua comoda poltrona per trascorrere qualche settimana, giorno e notte, sia fra i disoccupati dell'Alfa e le rispettive famiglie sia fra gli occupati (spremuti come limoni e poi gettati in strada) delle "cooperative" che servono le fabbriche della zona.

Il fatto - questo, sì, reale - è che l'attuale, dominante e dannato sistema di produrre e distribuire, si regge unicamente su questa "moderna idea" di funzionamento di un mercato del lavoro dove - oggi ancor più di ieri - i proletari sono trattati come cose, da usare prima e da gettare poi.

Come schiavi del capitale: con la differenza che Roma antica manteneva gli schiavi per tutta la vita mentre il capitalismo lo fa solo per il periodo, sempre più breve e precario, in cui dall'uso della loro forza-lavoro può trarre un profitto, da distribuire in parte anche ai suoi "domestici" più fedeli. Nessuna meraviglia, in fondo, se a questa "moderna strategia" di sopravvivenza del bel mondo borghese si aggrappi tutto il futuro del ceto politico e intellettuale a cui appartiene anche il professore.

Al quale consigliamo anche una visita al reparto Carrozzeria della Fiat di Torino, dove gli operai in linea sono stati costretti - per salvare il loro posto di lavoro e i profitti della Fiat - a produrre circa 290 autovetture al giorno invece delle precedenti 274: i ritmi di lavoro impazzano e i carrellisti sfrecciano come i miliardari piloti di Formula Uno.

Cosa non si farebbe per soddisfare le "moderne strategie" del capitale!

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.