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Home ›Solo ingenui o reazionari? Considerazioni a seguito dei referendum
Dei referendum in sé abbiamo già detto a sufficienza nei numeri precedenti. Non ci resta che annotare i risultati e aggiungere qualche nota su quello dedicato agli elettrodotti.
Questi i dati:
Votanti: 11.729.372 (25,7%) Sì: 10.245.809 No: 1.483.563
Con il voto si è espresso poco più del 23% dell'elettorato, una metà circa delle forze di lavoro, col risultato dell'invalidazione del referendum stesso. Difficile prevedere un risultato simile? No, se si pensa che tutti i partiti e buona parte dei sindacati... "remavano contro".
Ora, i comunisti sanno che nelle condizioni sostanzialmente normali e tranquille della formazione sociale borghese, le forze politiche che la gestiscono o aspirano a gestirla comandano di fatto le coscienze dei cittadini. In altri termini, è ovvio che se la stragrande maggioranza dei partiti parlamentari si esprimono contro qualche cosa, e a favore di un comportamento, la grande maggioranza dei cittadini sarà contro quel qualche cosa e si comporterà come da richiesta.
Rifondazione comunista non lo sapeva - ed è la ipotesi più bonaria; è una prova in più, se ce ne fosse bisogno, che comunista non è.
Se invece lo avesse saputo, sarebbe direttamente colpevole di attività anti-operaia, perché il fallito referendum ha consentito - come era ovvio prevedere - alla maggioranza grevemente destrorsa di considerare aperta la via alla completa abolizione dell'articolo 18.
La CGIL più intelligentemente - dal punto di vista della politica borghese alla quale peraltro RC non è certo estranea - si era dichiarata contraria alla convocazione di quel referendum; poi, a cose ormai fatte, ha deciso di schierarsi per il sì: si trattava di non perdere quei 5 o 6 milioni di lavoratori che comunque hanno votato sì e probabilmente lo avrebbero fatto anche contro la CGIL.
I Verdi lavorano su quei "dieci milioni di sì" definiti l'80 per cento dell'elettorato dell'Ulivo, per pesare di più e condizionare la politica della coalizione.
D'altra parte il dato evidenziato dai Verdi è vero e significa che quei 10 milioni e più di cittadini hanno votato contro le direttive dei maggiori dirigenti ulivisti il che parrebbe attenuare l'affermazione di sopra secondo cui i partiti istituzionali (della maggioranza e dell'opposizione) dirigono, in condizioni normali, le coscienze dei cittadini. Ma, purtroppo, non è così: quei dieci milioni di cittadini e lavoratori non sono sfuggiti alla logica borghese secondo cui la difesa dei lavoratori passa attraverso le vie parlamentari e schedaiole, logica sostenuta, difesa e diffusa dai Verdi come da Rifondazione, dalla CGIL come da certi no-global. Hanno voluto sperare e ora delusi devono iniziare a trarre le lezioni.
In fondo, se l'ondata possente di lotte dei lavoratori in Francia non ha minimamente fatto retrocedere la borghesia dal suo violento attacco alle pensioni, potrà mai un voto arrestare la tendenza attuale della borghesia italiana a premere a fondo sull'acceleratore della flessibilizzazione del lavoro e del taglio del suo costo?
Solo i più spudorati di Rifondazione possono cercare di invertire i termini della situazione e inventarsi un "secondo turno" di lotte che dovrebbe - indovinate un po' - "indicare le forme dell'alleanza che dovrà battere Berlusconi" e addirittura ricomporre "la frattura fra i sociale e il politico" (1).
Il turno delle lotte potrà certo, anzi deve venire, ma la condizione stessa perché significativamente si verifichino è il superamento delle illusioni radicate anche in quei 10 milioni, circa ruolo e funzione del sindacato, ruolo e funzione dei partiti istituzionali borghesi, siano essi di destra o di sinistra.
Che tutti, ma proprio tutti quei partiti siano saldamente impiantati sul terreno borghese e quindi reazionario lo dice l'altro referendum: quello sugli elettrodotti.
Il referendum chiedeva l'abrogazione del decreto del 1933 che stabilisce il diritto di esproprio, senza alcuna autorizzazione, dei terreni per costruire elettrodotti. Avremmo dovuto votare sì, secondo Rifondazione e i Verdi, per "dare una spallata alla sciagurata politica di liberismo selvaggio che vuole affossare ogni normativa di protezione esistente in materia di inquinamento" (2).
In realtà, se mai questo referendum fosse passato con il Si vincente, si sarebbe data ai proprietari di terreni uno strumento per... fare soldi. Come? vendendo a caro prezzo la autorizzazione. L'esito referendario non avrebbe certamente ostacolato, come invece sostenevano i suoi sostenitori, la liberalizzazione selvaggia del settore energetico né avrebbe dato strumenti di controllo alle "comunità locali", per il semplice fatto che per far ciò non basta certo l'abrogazione prevista dal referendum, ma nuovi quadri legislativi del tutto ipotetici che non è certo possibile veder venire dal governo di Berlusconi. Cosa rimane dunque di quel referendum? La difesa dell'interesse privato contro... un altro interesse privato, giacché è difficile parlare di interesse pubblico quando si tratta di settore energetico del capitalismo.
(1) Cfr. Gigi Malabarba su Il Manifesto del 28-6
(2) Vedi rifondazione.it
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-agosto 2003
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