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Germania
Circa un milione di dimostranti hanno invaso Berlino in occasione del Primo Maggio, protestando contro i piani di tagli della spesa sociale approntati dal governo. Accolto da un coro assordante di fischi, al comizio si è presentato anche lo stesso Schroder che, dopo aver esordito in atteggiamento di sfida dicendo che "chi soffia nei fischietti dimostra di avere guance possenti, ma poca materia grigia in testa", ha argomentato che "non ci sono alternative" ai tagli alle assicurazioni sociali perché solo riducendo il costo del lavoro si può contrastare la disoccupazione.
Di fronte alla profonda crisi strutturale che affligge l'economia tedesca, le ricette del governo prevedono come sempre lacrime e sangue per il proletariato: indennizzo pari a mezza mensilità per anno lavorato in caso di licenziamento senza giusta causa, aggirando le tutele esistenti; riduzione dell'erogazione dell'assegno di disoccupazione da 32 a 18 mesi per i più anziani, a 12 mesi per tutti gli altri; abolizione dell'indennizzo per chi non è coperto dall'assicurazione contro i rischi di disoccupazione; innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni.
Intanto i lavoratori sono esasperati da condizioni di vita e di lavoro sempre peggiori: la disoccupazione è aumentata ancora, per il tredicesimo mese consecutivo; ad aprile l'ufficio federale del lavoro ha calcolato, su base destagionalizzata,44mila disoccupati in più, portando il totale a 4,46 milioni e il tasso di disoccupazione al 10,7% dal 10,6% di marzo; l'aumento è stato maggiore nelle regioni occidentali rispetto a quelle orientali, dove comunque il tasso di disoccupazione è passato al 19,1% dal 17,8% dell'anno scorso.
Ma i fischi dei dimostranti non hanno risparmiato neanche i sindacalisti, che hanno preso la parola sul palco per chiedere (alla faccia del debito pubblico che sta già sforando i margini previsti) nuovi investimenti statali, il rilancio dell'economia (e quindi dello sfruttamento), e tutta la solita solfa che politicanti di sinistra e imbonitori riformisti di ogni risma propinano ad ogni occasione.
La violenza è poi scoppiata senza preavviso verso la fine di una marcia di protesta di circa 4mila persone a Mauerpark, nel distretto di Prenzlauer Berg, dove sorgeva il muro. Gli scontri sono durati diverse ore, con massicci lanci di sampietrini contro gli agenti e barricate in fiamme, fatte di auto e cassonetti della spazzatura. Tra i protagonisti c'erano giovani anarchici e molti immigrati, soprattutto turchi. La polizia ha lamentato 175 feriti e contusi nelle proprie fila e 98 episodi di danneggiamento (rotte anche le vetrine di 11 banche e negozi,6 cabine del telefono e altrettante tettoie alle fermate degli autobus). È certo però che questi episodi non fanno avanzare di un sol passo il proletariato che pure, oggi, deve urgentemente tornare a far sentire la sua voce. Ma deve farlo come classe organizzata e non con atti di puro teppismo che, anche se mossi da sincera rabbia contro il sistema, prestano solo il fianco alla repressione. L'unico risultato concreto è stato infatti l'arresto di 139 dimostranti.
La realtà è che la crisi economica che affligge non solo la Germania, ma il mondo intero, è legata intimamente ai meccanismi di sfruttamento del lavoro salariato e di accumulazione dei profitti. Il capitalismo conosce una sola via d'uscita da questa condizione: la guerra generalizzata e la distruzione della sovraccapacità produttiva complessiva. E non a caso proprio la Germania è in prima linea negli sforzi di costituire, attorno all'euro e ad un nuovo e potente apparato militare continentale, un blocco imperialistico europeo per contrastare gli interessi e le rendite statunitensi, legate soprattutto alla funzione del dollaro come moneta di scambio internazionale e al controllo delle materie prime e del petrolio.
L'unica alternativa alla barbarie sociale è la presa di coscienza della classe degli sfruttati, dei disoccupati, dei lavoratori salariati e subordinati, di essere antagonista all'attuale sistema di produzione, che potrà soltanto condurli al macello dopo averli sfruttati per tutta la vita.
Francia
Almeno un milione di manifestanti hanno protestato in tutto il paese contro la proposta di riforma del sistema pensionistico.250 mila persone hanno preso parte al solo corteo nella capitale, mentre proseguiva lo sciopero del pubblico impiego: i trasporti urbani sono stati quasi del tutto paralizzati a Parigi e a Marsiglia; il traffico ferroviario e aereo hanno subito notevoli rallentamenti; molte scuole, ospedali, amministrazioni e sportelli della posta hanno annunciato lo sciopero ad oltranza fino al ritiro, da parte del governo, del piano di tagli alle pensioni.
Il programma del governo Raffarin prevede un giro di vite completo che nei prossimi anni getterà i pensionati direttamente nella povertà. Le principali novità riguardano la parità di contributi nel privato e nel pubblico nel 2008, l'aumento degli anni lavorativi a 41 entro il 2012 e a 42 entro il 2020, la riduzione delle pensioni minime dall'attuale 81% del salario minimo al 75%, l'innalzamento progressivo dell'età pensionabile, portando l'abbandono del lavoro sempre più avanti rispetto agli attuali 60 anni. Oltre alle pensioni sono in discussione privatizzazioni, tagli all'istruzione e alla ricerca, irrigidimento delle leggi sull'immigrazione, aumento dei poteri concessi alla polizia.
I sindacati, sia pure con diversi accenti, si sono già dimostrati aperti al dialogo. E il ministro del lavoro, come previsto dal copione della solita messinscena concertativa, ha annunciato che è pronto a cedere su questioni marginali, come aggiustamenti verso l'alto delle pensioni minime, possibilità di ritirarsi dall'attività prima dei 60 anni per chi abbia cominciato a lavorare a 16 anni (e non solo, come previsto inizialmente, a 14 o 15), parziale recupero degli anni di studi ai fini del calcolo dei contributi.
Un altro fronte caldo è quello dell'istruzione pubblica. Oltre 30mila insegnanti hanno manifestato a Parigi ed altre migliaia nelle principali città, ammucchiando davanti al ministero dell'istruzione le 800mila copie dell'opuscolo "Lettera a tutti quelli che amano la scuola" che il ministro aveva inviato a tutti gli insegnanti. Nonostante l'intento annunciato di aprire un "grande dibattito", le proposte del ministre Ferry in realtà si limitavano alla riduzione dei posti di lavoro, al peggioramento delle condizioni lavorative e al decentramento dell'amministrazione, aprendo la strada ad un servizio con qualità e costo diversi nelle varie regioni. Il tutto a discapito dell'istruzione dei giovani proletari, incanalati fin dall'infanzia verso un futuro di sfuttamento.
Austria
Sono occorsi tutti i treni disponibili e più di mille pullman per far convergere su Vienna l'enorme massa di dimostranti, che il 13 maggio sono scesi in piazza contro la riforma delle pensioni, promossa dal governo di Wolfgang Schuessel e Herbert Haupt. Una protesta analoga si era già verificata la settimana prima. È un peccato però che una tale mobilitazione si sia ridotta alla solita passeggiata controllata dai sindacati, sempre attenti a mantenere le lotte nell'alveo del più inconcludente riformismo. Secondo i piani del governo, e con il sicuro sostegno sindacale, tra il 2004 e il 2009 si aboliranno totalmente i prepensionamenti, sia quelli per anzianità contributiva, sia quelli a tampone della crescente disoccupazione. Come base di calcolo delle pensioni non varranno più i 15 anni di migliore reddito, ma tutti i 40 anni lavorativi. Il cosiddetto indice di accrescimento annuale scenderà dal 2 all'1,78, con l'effetto che la pensione massima del 80% del reddito non si raggiungerà più dopo 40 ma solo dopo 45 anni. L'abbattimento delle pensioni causato dall'insieme dei provvedimenti sarà in media del 38% e, in caso di interruzione di carriera, arriverà fino al 50%.
MicBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2003
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