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Home ›Presente e probabile futuro della borghesia britannica - Usa/GB, un'alleanza già finita?
La Gran Bretagna è l'unico stato europeo a partecipare direttamente alla guerra in Iraq. Forse che la sua borghesia non vive divisioni interne e fiere opposizioni? No entrambe esistono: divisioni nella borghesia e nel suo ceto politico e una opposizione "civile" alla guerra che non si era vista da lunghissimo tempo, così massiva nella strade inglesi. Ma allora perché il governo inglese si è subito allineato, fino a inviare uomini e mezzi per partecipare attivamente alle operazioni militari americane in terra irachena?
La tradizionale alleanza, la solidità dell'amicizia fra i due paesi, ovvero fra le borghesie inglese e statunitense, non bastano evidentemente, considerato che anche l'Italia - oggi di Berlusconi - o la Germania erano da sempre legate mani e piedi ai destini degli Usa. Anzi, quanto a sudditanza agli Usa, l'Italia ha una storia lunga quanto quella che ci separa dalla Seconda guerra mondiale e fatta di pesantissime interferenze Usa nella politica italiana: dalla scissione sindacale del 1948 alla strategia della tensione degli anni 1960 e 1970.
L'Italia - invece - fa ora parte dell'Euro, mentre la Gran Bretagna ancora no. Questo è un primo elemento importante, che dice, fra l'altro, quanto sia euro-scettica la componente per ora maggioritaria della borghesia britannica.
Il governo del New Labour di Blair ha avuto finora parecchio da fare per bilanciare le due anime della borghesia britannica: quella pro-americana e quella filoeuropea. Ma quelle "anime" appartengono a due componenti distinte e ben individuabili della borghesia: quella finanziaria e legata al petrolio del Mare del Nord (filo-americana) e quella imprenditoriale nella produzione (filo-europea). La componente "petro-finanziaria" era ed è ancora più forte nel contribuire alle performance dell'economia inglese e quindi nel condizionare la politica del governo. Se Blair ha potuto ogni tanto fare delle concessioni sostanziose anche alla componente filo-europea, al momento della resa dei conti, della scelta se rimanere a fianco degli Usa o staccarsene per affiancare Francia e Germania nel "gran rifiuto", la strada era segnata: si va alla guerra del grande fratello americano.
Ma l'opposizione c'è, è forte e comprende quella parte filo-europea della borghesia. Ciò si esprime non tanto e non solo nella trasversalità delle affollate manifestazioni inglesi, che sebbene inferiori per numero di partecipanti alle oceaniche sfilate italiane, sono di portata inedita in quel paese, ma in altri fenomeni forse meno appariscenti ma più significativi.
Uno di questi è la maggior varietà e la maggiore "indipendenza" della stampa inglese rispetto non solo a quella americana, ma anche rispetto a quella italiana. Ciò che si legge su giornali come il Guardian o l'Independent è molto più vario e obiettivo di ciò che si legge sulla stampa nostrana, anche a proposito di questa guerra.
È così che per esempio si può leggere sull'Observer del 23 Febbraio (articolo di Faisal Islam) che è l'Euro a rappresentare la sfida maggiore per gli Usa e che in questo quadro va collocata la guerra attuale in Iraq - che casualmente coincide con una delle nostre tesi.
Forse che i giornalisti inglesi sono meno "giornalisti poliziotti, venditori di calunnie" - come descritti fin dalle canzoni della Comune parigina - di quelli italiani? No di certo. Il fatto è che una parte della borghesia britannica osteggia fieramente la politica bellicista USA e la stampa, che riflette gli interessi della sola borghesia, esprime questa opposizione fin nelle analisi "pericolose".
Man mano che la guerra va avanti, rischiando di incancrenire nelle città irachene, cresce la inquietudine della borghesia britannica. Intanto la stampa si fa portavoce dell'intero establishment quando lamenta la sconsiderata brutalità americana (che ha fatto sì che fra i primi 22 morti inglesi, 21 fossero stati fatti da "fuoco amico") e avanza paragoni fra la cautela e la prudenza delle truppe inglesi rispetto alla precipitosa arroganze dei marines. Poi anche Blair torna alla Canossa europea, fingendo almeno di chiedere all'alleato Usa di lasciare all'ONU la amministrazione del dopo-Saddam, mentre gli Usa continuano a più voci a dichiarare la loro netta intenzione di installare un governo proconsolare americano e di amministrare in proprio tutta la ricostruzione.
Potranno forse mediare su qualche aspetto puramente formale, diciamo pure di contorno, ma gli USA non consentiranno a nessuno di spartire in qualche modo il bottino conquistato a così duro prezzo politico, oltre che economico.
Allora Blair, o chi per lui nell'amministrazione dello stato britannico, dovrà tirare le dure conclusioni:
- lo spostamento forte dell'economia inglese verso la finanza e il petrolio negli ultimi 20 anni deve invertirsi presto, visto che il petrolio del Mare del Nord ha già raggiunto il massimo di estraibilità e si avvia rapidamente al declino (altri 10 anni è il limite massimo di sfruttabilità dei giacimenti del Mare del Nord) e che la stessa City non può pensare di continuare un suo ruolo di punta con una sterlina ancorata del dollaro americano, mentre l'Euro, al di là della Manica, procede la sua rotta che è in fondo di collisione con il dollaro stesso.
- Non è possibile continuare indefinitamente la politica di un colpo al cerchio e uno alla botte, specie se entrano in intima contraddizione: non si può continuare ad allearsi agli USA nelle loro avventure per poi contrastarli nell'interesse degli stati europei al momento delle conclusioni - come sta avvenendo ora a guerra ancora in corso.
È corretto ritenere che la strada che condurrà da qui alla definizione del polo europeo quale antagonista degli Usa sul medesimo terreno imperialista non sarà facile e priva di avanti-e-indietro, né si rivelerà univocamente segnata. Ma è certo che la possente accelerata al processo, data dalla presente cinica aggressione americana, giocherà un ruolo speciale in Gran Bretagna nella ridefinizione degli equilibri interni alla borghesia. Non dimentichiamo che nel caso inglese si tratta di una borghesia divisa secondo le linee di confine delle sue componenti socio-economiche, a differenza della borghesia italiana, che, sempre stracciona, è maggioritariamente fatta di piccoli e medi imprenditori tanto ignoranti e presuntuosi quanto "ideologizzati" e che dunque si divide più per stratificate appartenenze ideologico-politiche che per divergenze consapevoli di interessi reali.
m.jrBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2003
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