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Home ›Lotte operaie nel mondo
Russia
Sono durate tre giorni le manifestazioni che in tutta la Russia hanno contato l'adesione di centinaia dipendenti pubblici. Le proteste dei cosiddetti byudzhetniki (insegnanti, personale della sanità, lavoratori dei vari enti pubblici) hanno riguardato contemporaneamente le regioni più lontane, estendendosi dalla Kamchatcka al Bashkortostan. Una grossa manifestazione a Mosca, dove si prevedeva la presenza di circa 20mila lavoratori, è stata invece vietata dalle autorità, ed i manifestanti hanno dovuto dividersi in cortei minori. I dipendenti pubblici sono comunque intenzionati ad opporsi duramente alla riforma federalista, che ridurrebbe i loro già precari redditi e sussidi. In particolare la nuova legge, che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo novembre, affiderebbe alle regioni il pagamento di salari e pensioni, oltre al compito di decidere i minimi salariali, con l'evidente indebolimento dei lavoratori, divisi e ingabbiati in una miriade di diversi contratti regionali.
Belgio
Sei dirigenti della multinazionale Arcer, primo produttore di acciaio al mondo, sono stati trattenuti dagli operai all'interno dello stabilimento di Liegi. L'azione ha fatto seguito ad una vertenza esasperante, che ha visto i lavoratori della Cockerill Sambre, una compagnia affiliata della Arcer, partecipare in massa a scioperi e manifestazioni, in contrapposizione alla ferma decisione dell'azienda di procedere a una pesante ristrutturazione. La Arcer ha infatti dichiarato l'intenzione di chiudere i 4 stabilimenti europei da cui ricava meno profitti: oltre a quello di Liegi, dovrebbero esserne chiusi 2 in Germania, a Bremen e Eseinhuttenstadt, ed uno in Francia, a Florange.
Stati Uniti
Continuano ad essere estremamente negativi i dati sull'occupazione negli Stati Uniti. Dopo 20 mesi di dati costantemente peggiorativi, ormai il tasso di disoccupazione ufficiale ha raggiunto il 5,8%, contro il 5,7% di gennaio. In un solo mese nel settore manifatturiero sono andati persi 308mila posti di lavoro, il dato peggiore dal novembre del 2001, quando furono persi ben 307mila posti di lavoro. Naturalmente occorre tenere presente la modalità di conteggio della popolazione attiva, che fanno risultare occupato anche chi ha lavorato solo pochi giorni in un anno. Secondo il rapporto presentato recentemente dal ministero del lavoro, l'anno scorso 1,9 milioni di lavoratori sono rimasti disoccupati per più di 27 settimane, mentre 1,6 milioni sono stati impiegati in maniera del tutto saltuaria e marginale.
Ghana
Migliaia di lavoratori hanno protestato per le vie di Accra, contro i provvediemnti del ministero delle finanze che hanno fissato i nuovi minimi salariali a 9000 cedis al giorno (circa un dollaro!). Secondo il governo, i nuovi minimi sarebbero del 26% superiori a quelli fissati l'anno scorso. In realtà segnano un deciso peggioramento del potere d'acquisto del proletariato più povero, dato che gli aumenti in ogni caso coprono solo una parte della spaventosa inflazione che, ogni anno, riduce di un terzo il valore dei già miseri salari dei lavoratori ganesi.
Brasile
I metalmeccanici di San Paolo hanno cominciato uno sciopero ad oltranza per ottenere gli aumenti salariali richiesti. Allo sciopero hanno aderito non meno di 20mila operai ed è il primo di una tale portata dall'inizio del governo Lula. Lo sciopero, anche se principalmente diretto contro il padronato, è in realtà anche il riflesso di una crescente insoddisfazione dei lavaratori per l'incapacità del governo di porre un freno alla disoccupazione e all'inflazione. E potrebbe essere un primo segnale ad indicare che, di fronte al continuo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro ed alla costante erosione dei salari, la luna di miele tra la classe operaia brasiliana e Luiz Inacio da Silva, lui stesso un ex-operaio e sindacalista, stia per giungere al termine.
Anche se di solito le contrattazioni per gli adeguamenti salariali si svolgono verso novembre, gli operai hanno deciso di aprire una lotta e scioperare fin da subito, visto che l'aumento dei prezzi al consumo ha già eroso l'ultimo incremento dei salari. Tutto ciò si inserisce in un contesto già difficile per il governo, accusato sia dai lavoratori che dal padronato di muoversi troppo lentamente e non riuscire ad affrontare adeguatamente i problemi sociali ed economici che attanagliano il Brasile.
I critici della borghesia in particolare, pur riconoscendo al governo il buon lavoro fatto in tema di austerità fiscale e monetaria, plaudendo quindi alla capacità di infliggere le necessarie pesanti bastonate alla classe operaia senza provocare troppo malcontento, accusano invece Lula di non avere una politica incisiva in tema di riforma fiscale e sicurezza sociale. "Il governo ha una giusta analisi di quello che il paese abbisogna ma dal punto di vista amministrativo sta ancora incespicando su molte questioni" ha affermato Horacio Lafer, capo del Fiest, l'influente federazione degli industriali di San Paolo, lasciando intuire quanto il programma di Lula sia coincidente con gli interessi della borghesia. Quello che viene rimproverato è una certa lentezza nell'attuazione delle riforme, da quella fiscale a quella della sicurezza sociale. Ossia più tasse e meno assistenza per il proletariato, più sgravi e meno 'vincoli' per il padronato.
Per capire quale sia la durezza delle misure che gravano sui lavoratori brasiliani, basti pensare che solo il 20% dei rappresentanti delle due camere sostengono la proposta del governo di tagliare le pensioni dei dipendenti pubblici fino ai livelli del settore privato, mentre molti sarebbero favorevoli a riduzioni più graduali. Critiche al governo sono giunte anche da membri dello stesso partito di Lula, il PT, tra cui i presidenti delle due camere.
Ma all'economia, soprattutto quando vive una crisi così profonda come quella brasiliana, non si comanda. E se i consensi necessari non si trovano all'interno del PT, è allora già pronto un accordo con i partiti di centro, eventualmente con un rimpasto di governo e l'ingresso di due ministri del PMDB. Lula da Silva gode ancora di una enorme popolarità, dicono gli analisti, ma deve agire velocemente per approfittarne. Altrettanto velocemente, i lavoratori dovranno rendersi conto che nessun governo borghese difenderà mai gli interssi degli oppressi. Solo i lavoratori, muovendosi in prima persona, difendendo i propri interessi di classe dagli attacchi padronali, unendo la propria lotta a quella dei lavaratori argentini, prendendo nelle loro mani il potere politico, possono imporre un corso diverso agli eventi.
Singapore
Con al solita scusa di contenere la disoccupazione, in crescita dal 2001, i sindacati di Singapore hanno accettato il blocco degli aumenti per i prossimi due anni. All'inizio del mese, infatti, il governo ha presentato la nuova legge finanziaria che non prevede sostanziali miglioramenti delle condizioni contrattuali, sia nel settore privato, sia nel pubblico impiego. Forti del sostegno del Partito d'Azione Popolare, che governa la città-stato da ormai 40 anni, e facilitati dalla servilità delle organizzazioni sindacali, che imbrigliano e soffocano sul nascere qualsiasi significativo tentativo di lotta dei lavoratori, gli imprenditori ringraziano e continuano ad incassare i profitti.
Hong Kong
Nei giorni scorsi, facendo anche leva sulla pesante crisi che affligge l'economia mondiale, l'amministrazione della regione a statuto speciale di Hong Kong ha approvato una drastica riduzione di alcuni minimi salariali. Le prime a essere colpite, già da aprile, saranno le badanti straniere, per lo più filippine, con un taglio di 51 dollari mensili, pari all'11% della attuale paga base di 470 dollari mensili. Seguiranno diminuzioni, non meglio precisate, ai salari degli statali e a varie forme di sussidi, dalla disoccupazione alle pensioni.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2003
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