Le involuzioni politiche del social forum

Sotto le insegne di una delle tante illusioni riformistiche, quella del la regolamentazione del mercato, il movimento dei movimenti ha partorito la Tobin tax; in nome della lotta sociale rincorre l'ipotesi del bilancio partecipativo. Dalle fabbriche ai municipi; dal potere operaio al potere municipale. L'esempio storico è il bilancio partecipativo di Porto Allegre, dove una minima parte di "cittadini" impegnati nel sociale - come si usa dire - fa da semplice consulente all'Amministrazione. Le materie sarebbero quelle dell'istruzione, abitazioni, manutenzione stradale e illuminazione, assistenza, a cui sono destinati interventi con quote del bilancio comunale che vanno dall'11% a un massimo eccezionale del 25% della spesa totale. L'intento di chi ha concesso questi spazi formali è stato chiaramente quello di ottenere un maggior legame dei "cittadini" con le istituzioni; un maggior consenso ai riti pseudo democratici, tipo consigli di quartiere e altri "istituti partecipativi" debitamente sterilizzati, per una illusione di gestione istituzionale dell'esistente. Rendendo tutti consapevoli delle esigenze di una sana compatibilità con le risorse disponibili!

In questa ottica, qualcuno si spinge ai limiti del proprio delirio politico e si immagina sistemi di democrazia diretta dal basso, che potrebbero convivere con il potere statale (borghese), ma separati da esso fino ad assorbirlo e renderlo superfluo. Da sempre avviene il contrario, ma pazienza. Altri, più moderati, si limitano a progetti di governi locali che si affiancano a quello centrale, democratizzato anch'esso ma pur sempre e necessariamente istituzionalizzato in base alle strutture di una società (e di un modo di produzione e distribuzione) che nessuno neppure si sognerebbe un giorno di ribaltare. L'obiettivo è semmai quello di poterlo controllare meglio.

La moltiplicazione delle istanze soggettive sta intanto trascinando il movimento in una confusa rincorsa riformistica alla ricerca, col beneplacito dell'etichetta democratico-partecipativa, di legali finanziamenti per governare la globalizzazione capitalistica. Una globalizzazione del modo di produzione che domina oggi il mondo e del quale si può al massimo discutere - da parte delle varie istanze" - di qualche suo eccesso, di qualche suo effetto indesiderato. Mai e poi mai delle sue cause: facendo questo saremmo degli astratti teorici di fronte a tanto pragmatismo e a tante soluzioni concrete che volteggiano nell'aria. Tant'è che gli stessi flussi finanziari, ovvero l'ingigantirsi del parassitismo speculativo e del rastrellamento a tutti i costi di quote di plusvalore, dovrebbero - sempre secondo i movimentisti - essere corretti senza per questo incrinare gli istituti che gestiscono mercati e rapine. Dalla Banca Mondiale al Fondo Monetario Internazionale. Insomma, un capitalismo ancora una volta "più umano e più giusto", all'insegna del vogliamoci bene. Magari, e perché no, pianificato. Democraticamente.

A questo punto, le anime più belle del movimento vorrebbero qualcosa in più: riformismo, sì, ma verso un progetto di trasformazione radicale. Quale? Una "economia di giustizia al posto del neoliberismo" (non certo del capitalismo!) e che anteponga l'uomo al mercato. Benedizione papale assicurata. Quanto ai progetti, cercateli fra i modelli economici alternativi: forse il commercio equo e solidale?

In queste palestre di sperimentazione, energie e intelligenze si agganciano nuovamente ai corpi istituzionalizzati in funzione della conservazione capitalistica: sindacati e gruppi politici costituzionali. Tutti con la pretesa dichiarata di una rappresentanza della "società civile". La mozione finale e semi ufficiale, uscita da Porto Alegre, è in tal senso chiara e precisa. Vi si legge: "Noi lottiamo per l'affermazione di una democrazia elettorale e partecipativa nel mondo; per la necessità di democratizzare gli Stati e la società" (dall'Appelle des mouvement sociaus).

Cosi va avanti, e si ripete da un fallimento all'altro, il tentativo di stemperare all'interno della società civile gli antagonismi fra le classi che la compongono. Questa volta in coda al mito della "partecipazione di protagonisti indipendenti della società civile", da cui ci si aspetta che esca, trionfante, una "cultura antiliberista"...

Nel frattempo, il social-forum da segni di stress per i suoi troppi impegni. Si ripiega sul contatto con gli enti locali più disponibili e le emergenze territoriali. Anche la campagna per la Tobin tax si è arenata, così come quella sul debito estero, sugli Omg e sui bilanci partecipativi, col modello del comune di Porto Alegre. Se aggiungiamo le delusioni dell'ultima partecipazione elettorale (col padre di Giuliano, a Genova, che ottiene 273 preferenze) o la lista Altra Marca, a Treviso, che ottiene lo 0,5%, c'è già chi parla di fine della fase espansiva del movimento. In cui si cominciano a sgomitare cattolici, terzamondisti, ambientalisti, Lilliput, antagonisti, radicali dei centro sociali, anarchici, disobbedienti, rifondazio-nisti, agnolettiani, ecc. Tutti alla ricerca, di volta in volta, di un logo capace di attirare il consenso. Altrimenti ci si ritira in una fase carsica: il movimento c'è ma non si vede perché è alla ricerca di nuovi percorsi. Si lavora nell'ombra delle sperimentazioni ideologiche come i Disobbedienti che, preso atto delle lacerazioni del movimento, si ritirano dai luoghi angusti della mobilitazione classica e rituale...

Quello che si aggira qua e là è un movimentismo caricato di populismo, che nel rifiuto di una ideologia - che poi sarebbe il marxismo rivoluzionario --, ha fatto propria (gli è stata imposta) la generale putrefazione ideologica di quanti inseguono non il progetto serio di una radicale trasformazione della società, ma una sua formale correzione. Sempre nei limiti di alcuni effetti distributivi e mai con una analisi critica, una coerente presa di coscienza e un conseguente programma strategico rivolto ad una rivoluzione dei processi produttivi fondamentali che caratterizzano il capitalismo nel suo totale dominio.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.