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Home ›Contro la sanità pubblica, avanti tutta
La chiusura annunciata dei piccoli ospedali e la riduzione generale dei posti letto, nella seconda metà di agosto ha generato proteste e mobilitazioni in diverse località. Puglia, Piemonte e Lazio, sono le regioni dove la contestazione è stata più eclatante
In Puglia, la protesta è esplosa quando il presidente della Regione, Raffaele Fitto, ha avuto la grande idea di organizzare la manifestazione un taglio alla sanità tour, ossia un giro per spiegare le sue ragioni in tutti i comuni che verranno penalizzati dal Piano di Riordino Ospedaliero. Nardò, Ceglie, Fasano, Grumo, Mesagne... Ovunque, dure contestazioni. La più imponente a Terlizzi, il 19 agosto, dove tremila persone gli hanno impedito anche di parlare.
Un'altra significativa mobilitazione, fondamentalmente spontanea, si è svolta a Domodossola, in Piemonte, dove sarà drasticamente ridimensionato l'ospedale che è punto di riferimento non solo per tutta la Val d'Ossola, ma anche per le valli e le montagne vicine che a volte distano da Domodossola anche cento chilometri di strada montana.
Dopo il susseguirsi delle proteste, il ministro della salute Girolamo Sirchia ha provato, com'era ovvio, a gettare acqua sul fuoco, sostenendo che "ogni ospedale chiuso dovrebbe mantenere un pronto soccorso importante per stabilizzare almeno il paziente in emergenza". Che non cambia affatto la sostanza del forte ridimensionamento della spesa sanitaria complessiva.
Su questi ultimi tagli alla sanità, comunque, il governo Berlusconi c'entra relativamente. In realtà, esso non fa altro che portare avanti una politica di riduzione della spesa pubblica, che ormai da un decennio accomuna indistintamente tutti i governi che si sono avvicendati La prima legge che stabiliva la regola dei quattro posti letto per malati acuti ogni mille abitanti, risale al 1994; l'applicazione di questa legge porterebbe alla soppressione di trentacinquemila posti letto. Nella stessa legge si davano due anni di tempo per chiudere gli ospedali con meno di centoventi posti letto - che in Italia sono circa trecento - e si davano le prime indicazioni che interventi ed esami non gravi venissero fatti in day hospital, cioè trattenendo i degenti per non più di ventiquattro ore.
Il patto di stabilità dell'8 agosto 2001 non ha fatto che ribadire ciò che era stato precedentemente stabilito: ciò che cambia rispetto al passato è che ora il governo non copre più i buchi di bilancio delle regioni in materia sanitaria, e la ricetta delle regioni, al di là delle sfumature, è ovunque una sola: si tagliano i posti letto e i servizi, si aggiungono nuove tasse e ticket, si firmano convenzioni con strutture private, a cui si assegna il compito di fornire i servizi previsti dal sistema sanitario nazionale.
Le regioni governate dalla 'sinistra' si differenziano solo per aver portato avanti i tagli al sistema sanitario per gradi, senza traumi improvvisi, avanzando il più possibile in punta di piedi. In Emilia i posti letto per malati acuti sono diminuiti, dal '96 a oggi, del 20%; in Toscana, in quasi dieci anni, si è passati da novantadue a quaranta ospedali. E nonostante tutto, sia in Toscana che in Emilia - si ricordi, ad esempio, il caso di Comacchio --, esplosero allora diverse contestazioni, anche molto dure. D'altronde si può agire per gradi quanto si vuole, ma quando si chiude un ospedale, qualcuno prima o poi se ne accorge! Si prevedono già nuove mobilitazioni: l'11 settembre a Terracina, in provincia di Latina, e il 17 a Sestri Ponente, Genova, e una generale mobilitazione contro l'introduzione dei nuovi ticket prevista in Liguria, Piemonte, Puglia e Abruzzo, e contro lo spostamento dei servizi dal pubblico al privato.
Purtroppo sfugge, anche a chi questi tagli contesta, che il ridimensionamento della sanità pubblica si inserisce in una tendenza più ampia, quella delle privatizzazioni, che nasce dalla necessità di offrire al capitale privato nuove opportunità di investimento nel settore dei servizi e soprattuto di quelli che soddisfano bisogni di vitale importanza come quello della sanità, e dove, perciò, si presume che sia possibile realizzare lauti profitti, poco importa poi che ciò lascerà privi molti di coloro che vivono di pensioni, salari e stipendi di qualunque copertura sanitaria come peraltro già accade negli Usa per oltre quaranta milioni di lavoratori dipendenti.
I politicanti dell'opposizione, come Maura Cossutta del PdCI, che la logica del profitto accettano pienamente non potevano perciò che proporre una bella serie di girotondi attorno agli ospedali a rischio di chiusura. A questo punto perché non una festa in maschera? Oppure un balletto per intrattenere i malati che si annoiano...
Bisogna invece augurarsi che le persone serie capiscano come l'attacco alla sanità pubblica sia una parte di quell'offensiva totale che la borghesia - attraverso tutti i governi - sta portando avanti contro le condizioni di vita del proletariato. Una volta chiaro questo, dovrebbe essere anche chiaro che, per dare forza e prospettiva a queste lotte, bisognerebbe inserirle all'interno di una mobilitazione più ampia, di classe, che riguardi la difesa della sanità pubblica, come la difesa del salario, dello stipendio e del posto di lavoro e contro il capitalismo e la sua logica.
gsBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
Settembre 2002
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