Scuola: dopo il professor Berlinguer l'industriale Moratti

Niente di nuovo sotto il sole: la scuola é sempre più asservita agli interessi del capitale

Malgrado molte forze politiche e sindacali paventino, con lrrivo del centro destra, un ritorno dell'istruzione a livello pregentiliano e la parlamentare Alba Sasso dei DS, come leggiamo sul settimanale "Espresso", scomodi addirittura Gramsci contro il pericolo che si ritorni all'idea di una "scuola di fabbri" e una "scuola di dottori", noi vediamo una netta continuità di linea politica tra il professore Berlinguer e la industriale Moratti. Certo una manager alla pubblica istruzione serve a dare un segnale ideologico ai lavoratori:"Ora anche nella scuola tutti in riga come nelle fabbriche", ma se andiamo ad analizzare le misure decise dall'attuale ministro vediamo che non c'è nulla di nuovo sotto il sole. E questo non lo diciamo per affermare che non c'è nessuna differenza tra governi di sinistra o di destra borghese; le tendenze più apertamente reazionarie dell'esecutivo Berlusconi non ci sfuggono, ma perché sosteniamo che sono gli interessi del capitale che determinano in ultima istanza, in assenza di un'aperta opposizione di classe, la formazione di un governo o un altro; e in una fase di aggravamento della sua crisi è evidente che il capitale si scelga un governo più scopertamente confindustriale, anche per lasciare all'opposizione di sua maestà, il sindacato e i riformisti in genere, il compito che gli è più consono, cioè il controllo delle spinte dei lavoratori contro i costi della crisi nell'ambito delle compatibilità sempre più strette del sistema capitalistico.

Ritornando alla scuola appare chiaro che le misure previste dalla Moratti non solo erano state preparate da Berlinguer, ma sono in linea con una politica scolastica, e dei servizi in genere, che perdura dalla fine degli anni settanta e che ha trovato nel sindacato il suo più tenace sostenitore. È dalla fase della fine delle vacche grasse per il capitale, che gli avevano consentito una politica di espansione del terziario pubblico, a scopo specialmente di espansione del mercato interno (e non come molti credono o ripetono scimmiescamente, per la grande forza del movimento operaio, abbondantemente sconfitto fin da metà degli anni venti), che i governi che si sono succeduti, e con più coerenza e radicalità i sindacati confederali, hanno lavorato su due obiettivi fondamentali: risparmio della spesa pubblica, con riduzione del Welfare e dirottamento del denaro verso la capitalizzazione, e funzionalizzazione dei diversi servizi agli immediati interessi di politica industriale, ovverossia a rimorchio dei profitti per cercare di arginare la tendenza sempre maggiore a una riduzione del loro tasso. In particolare nella scuola questa linea si è incentrata sulla riduzione dei posti di lavoro, su un regime di bassi salari con la giustificazione, sostenuta dai sindacati, della bassa produttività dei docenti e infine sulle modifiche alla didattica in direzione della dequalificazione dei diplomi, per aumentare la funzione delle strutture di formazione esterne alla scuola pubblica e il controllo più diretto da parte degli industriali sull'assunzione della forza lavoro. In particolare tutte le riforme di contenuto della didattica dagli anni '80 in poi si sono caratterizzate, e quelle di Berlinguer più di tutte, per l'obiettivo di formare una potenziale forza lavoro con saperi generici, poco qualificata, adatta alle necessità di una sempre maggiore flessibilità del mercato del lavoro.

Proprio i governi di centro-sinistra hanno dato il maggior contributo in questa direzione. Portando a realizzazione il progetto di autonomia scolastica e di una scuola di progetti esterni alla ordinaria didattica hanno rafforzato il controllo della scuola da parte delle figure burocratiche e non formative e hanno aperto la scuola alla possibilità di essere orientata nella sua programmazione da interessi privati esterni ad essa. Con l'accorpamento delle scuole si sono ridotti i posti di lavoro docente e non docente.; con l'introduzione del salario legato alla produttività si sono tenuti i salari medi a livello basso, creando l'illusione per una minoranza di docenti di poter acquisire un salario aggiuntivo, se si subordinavano ai progetti governativi.Con la legge della parità scuola pubblica - scuola privata e la legalizzazione di centinaia di diplomifici si è concessa la prima boccata d'aria agli istituti privati attanagliati dalla crisi.. Si è tentato, pur non riuscendovi per la resistenza degli insegnanti, di imporre un concorsone interno per dividere la categoria e premiare i più "bravi", dando ampio spazio ai titoli rilasciati dai centri di didattica, legati all'area governativa e al sindacato.

Su tutti questi terreni la Moratti preannuncia una piena continuità con qualche accelerata pro-privati. Sul piano dell'autonomia c'è il completamento della riforma degli organi collegiali con maggior potere ai presidi manager, dandogli anche piena libertà di assunzione dei supplenti, senza rispetto di alcuna graduatoria e con la realizzazione di una gestione burocratica delle scuole da parte di "consigli di amministrazione"nominati dai presidi stessi; su quello della cosiddetta "privatizzazione", cioè il trionfo di interessi esterni di tipo privatistico sulla scuola, avviata dal centro-sinistra, sono previsti più poteri delle regioni sui curricula scolastici per favorire iniziative a sostegno di interessi localistici; sul terreno della parità scolastica è stata decisa per decreto l'equiparazione dei precari della scuola pubblica a quelli della privata ed è in cantiere la generalizzazione del buono scuola alle famiglie che decidono di iscrivere i figli alla private, come già fatto dalla regione Lombardia; su quello del legame tra salario e professionalità, viene riproposta la solita tiritera di più soldi ai docenti che mostrano maggiori titoli professionali e che lavorano di più, con l'attuazione del già previsto dal centro-sinistra "controllo di qualità" dei singoli istituti per stabilire e premiare i più produttivi. A quest'ultimo proposito, come si può vedere, anche la Moratti, come Berlinguer, considera la scuola alla stregua di un salumificio, dove al posto degli insaccati come merce vengono prodotti gli sfruttati di domani.

L'unica differenza all'apparenza tra politica scolastica del vecchio e del nuovo governo riguarda la riforma dei cicli, diventata già legge alla fine della vecchia legislatura, soppressa dal centro-destra. Non si sa ancora quali "riforme"sostituiranno quella dei cicli, ma per ora le differenze col precedente progetto si limitano a una valo-rizzazione del liceo classico e al rilancio delle scuole professionali; ma la differenza non appare significativa, in quanto Berlinguer si limitava a dare il nome di licei a tutti i tipi d'istituto, pur sapendo che sia la selezione dei gruppi dirigenti borghesi che la formazione di quadri tecnici è processo che si attua all'esterno della scuola. Al di là del nominalismo la scuola resta per la borghesia un luogo di controllo ideologico e di formazione di una forza lavoro flessibile e dequalificata, senza funzioni formative né sul piano culturale, né su quello tecnico. Da un certo punto di vista era più mistificante il progetto del centro-sinistra, che voleva dar l'idea di unificare la formazione, prospettando le differenze tra i trienni di specia-lizzazione solo sulla base degli interessi culturali degli studenti, a cui veniva concesso anche ampio spazio di opzione, mentre nei fatti la selezione di classe sarebbe passata lo stesso attraverso gli abbandoni, l'aumento del costo degli studi e ancor più con il prolungamento del tempo del diploma per il passaggio degli studenti per tentativi e delusioni da un tipo di specia-lizzazione a un'altra, fino poi, in caso di raggiungere l'aspirata maturità, a essere buttati su un mercato del lavoro ultraflessibile, senza alcuna formazione specifica. Un eventuale rilancio delle scuole professionali andrebbe in direzione di una maggiore rigidità del diploma, che riconosciuto dai diplomati come qualificante, li spingerebbe a una maggiore pressione su mercati di lavoro specifici, che non esistono quasi più, il che potrebbe determinare maggiori delusioni nelle aspettative e maggiori tensioni.. Per questo pensiamo che alla fine anche sulla riforma dei cicli le differenze scompariranno e il nuovo ministero, con qualche difformità di facciata, si muoverà sulla strada della deprofessionalizzazione completa del titolo di studio, perché sia chiaro a tutti che la scuola può dare solo formazione generica senza sbocchi professionali certi e stabili. Solo all'esterno di essa chi è disposto a farsi supersfruttare potrà essere in breve tempo "formato" alle mansioni che servono alle aziende. In conclusione il nuovo governo, spinto non tanto (però anche) da furia reazionaria, ma dalle oggettive necessità che gli impone la crisi capitalistica, non potrà che continuare con più determinazione il buon lavoro fatto al servizio del capitale dai diversi governi di centro-sinistra, attaccando ancora di più la scuola come servizio pubblico, come pure tutti gli altri servizi sociali, mettendo in discussione salario e occupazione dei lavoratori e finendo di smantellare ogni residuo carattere formativo della scuola, trasformandolo definitivamente in un luogo di propaganda dei valori borghesi e delle leggi della produttività capitalistica.

Spetta agli studenti e ai lavoratori della scuola dare una risposta di lotta che si esprima decisamente contro la restrizione del servizio scuola, l'aumento dello sfruttamento per chi vi lavora e la gestione della precarietà e della flessibilità del lavoro anche nella fase preparatoria scolastica, ma molto di più spetta al proletariato nel suo insieme, a partire dai primi segni che manifesta di critica al capitale, estendere il suo terreno di lotta anche alla scuola, mettendo in discussione l'asservimento di questa agli interessi ideologici e pratici del grande capitale.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.