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Home ›Alcune considerazioni sul G8 - Tanto tuonò...
Era talmente evidente che è successo. Chi pensava che la manifestazione anti G8 di Genova potesse svolgersi in un clima di contenuta e pacifica protesta è stato smentito, non tanto dal comportamento, peraltro annunciato, di alcune frange dei dimostranti, quanto dall'atteggiamento degli organismi preposti al controllo della manifestazione e dalle responsabilità del Governo.
Il "teorema" in base al quale gli incidenti sarebbero scoppiati a causa dei Black bloc non regge e non giustifica le responsabilità che vanno ricercate da ben altra parte. La lettura fornita da Berlusconi, dal Governo e ribadita dal professor Fisichella "Parto da una premessa. Coloro che hanno creato il casus belli sono rivoltosi e da parte delle forze dell'ordine c'è stata solo una risposta. Si può discutere se una parte di questa risposta è andata al di là di certe regole" è parziale e occulta un progetto che va ben oltre i fatti di Genova.
Che i vari gruppi internazionali dei Blak bloc venissero alla manifestazione per creare disordine e disastri non era una novità, sorprende che le forze dell'ordine non li abbiano fermati alla frontiera sulla base di informative dei rispettivi servizi dei paesi di provenienza, preoccupa che durante gli scontri i "neri" non siano mai stati isolati e che il furore dei celerini si sia abbattuto sugli altri manifestanti, sorprende che all'interno del magma dei "facinorosi" ci fossero dei nazi e che, per loro stessa ammissione, sono venuti a Genova con il dichiarato intento di provocare incidenti con l'assicurazione di non essere disturbati nella loro opera di devastazione. Secondo molte testimonianze, gli incidenti sarebbero scoppiati in piazzale Kennedy, dopo che un gruppo di una trentina di "figuri", probabilmente poliziotti dei servizi speciali in uniforme da manifestanti, hanno iniziato a bersagliare la Polizia con sassi e ad insultarla con l'epiteto d'assassini, dando il via ad una concertata recita di piazza. Sempre secondo molti testimoni oculari decine di provocatori vestiti da Balck bloc sono stati visti scendere dai furgoni della polizia e infiltrarsi tra i manifestanti per dare vita ad episodi di teppismo, di devastazione e di provocazione.
Se le cose stessero in questi termini, e molti sono gli elementi e le circostanze che lo fanno pensare, si spiegherebbe anche il perché, a disordini finiti, alcuni reparti della Polizia e dei Carabinieri, si siano accaniti su giovani manifestanti inermi, massacrati nel sonno, sottoposti ad umiliazioni e sevizie, e come mai nelle centrali di polizia ci fosse la presenza di rappresentanti politici di AN in funzione di sostenitori e d'aizzatori delle Forze dell'ordine, proprio nei momenti più delicati del dopo disordini nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. Si configurerebbe una sorta di trappola che doveva scattare nei confronti dei manifestanti, della manifestazione e dei suoi contenuti politici.
Sulla violenza poi c'è da distinguere. Una è quella della Polizia e dei Carabinieri che soltanto una studiata menzogna ha tentato di far passare come risposta a quella dei manifestanti. Altra è quella dei provocatori voluta e gestita delle stesse Forze dell'Ordine, altra ancora è quella di tutti quei gruppi che, nel loro idealismo radicale hanno creduto, e credono, di potere innescare una ripresa della lotta di classe dall'esterno che, al contrario, ha sempre avuto genesi e percorsi diversi da quelli del caos, del teppismo senza direttive politiche, senza un minimo di strategia, e che, anche quando ha imboccato la strada dello scontro e della violenza, lo ha fatto in prima persona e non al traino di forze o di elementi esterni. Ma c'è stata anche la rabbia e la violenza di quelle decine di migliaia di giovani e meno giovani che, una volta scattata la trappola, hanno dato sfogo a tutte le tensioni sociali e personali che da anni vanno covando. Per chi è disoccupato, sotto occupato, con contratti a termine a salari di fame, cui è stato tolto molto dello stato sociale e che nel futuro vede solo incertezza e maggiore sfruttamento, le cariche della polizia sono sembrate, come in realtà sono, il segno che tutto ciò non deve cambiare, che può solo peggiorare, e che gli strumenti repressivi dello Stato, indipendentemente dalla ferocia e dalle provocazioni, hanno come unico obiettivo quello di mantenere lo stato attuale delle cose. Per capire il perché di tanta violenza durante e dopo la manifestazione, per comprendere il significato di tanta repressione occorre uscire dagli episodi che l'hanno caratterizzata, dagli strascichi parlamentari e dai rimescolamenti all'interno della Polizia e dei Carabinieri. Lo scopo dichiarato del Governo Berlusconi alla vigilia del G8 è stato quello di garantire un "normale" svolgimento dei lavori. Il neo eletto presidente doveva mostrare all'opinione pubblica interna ed internazionale di essere in grado di controllare sia il corretto svolgimento del Summit che la piazza, uso della forza compresa.
Lo scopo non dichiarato era quello di mandare un segnale chiaro e forte al proletariato italiano, alle sue frange più radicali, e cioè che questo governo avrà nei confronti della piazza tolleranza zero e che ogni manifestazione che si ponesse contro la linea politica del Governo dovrà fare i conti con gli strumenti della repressione. La grande preoccupazione di Berlusconi i soci non è nei confronti del movimento anti global, anche se questo può creare disturbi e problemi di ordine pubblico nel prossimo appuntamento Nato di Napoli, né nella devastante presenza dei Black bloc e dei suoi emuli nostrani, ma nel rischio che la sopita lotta di classe, per tanto tempo tenuta a freno dal governo di centro sinistra, sotto i colpi della prossima politica dei sacrifici, riesploda virulenta sia nei posti di lavoro che nelle piazze prendendo a pretesto avvenimenti di respiro internazionale o scioperi di categoria. Contrariamente alle promesse fatte in campagna elettorale: elevazione delle pensioni minime, maggiore occupazione, detassazione anche per i redditi più deboli, più ricchezza diffusa, Berlusconi è cosciente che dovrà mettere mano ad un ulteriore giro di vite per quanto riguarda lo stato sociale in termini di pensioni e sanità. Ha in cantiere la legge sulla flessibilità in uscita oltre a quella già realizzata in entrata, cioè più licenziamenti, meno garanzie per i lavoratori e maggiore sfruttamento sul posto di lavoro. Non c'è bisogno di essere dei sofisticati analisti politici per capire come un pacchetto normativo del genere, proposto da un governo di destra, senza quindi le ovattate quanto subdole mediazioni del precedente governo di centro sinistra, possa creare un clima di opposizione forte e determinato. In aggiunta si teme l'effetto sommatoria, che i nuovi attacchi alle condizioni salariali e normative del proletariato, aggiungendosi a quelli imposti dal precedente governo, diano come risultato la composizione di una miscela sociale di minore sopportazione agli attacchi e di maggiore radicalizzazione delle lotte sia nel breve che nel lungo periodo.
Da qui l'esigenza del Governo di esorcizzare la violenza e il terrorismo, di abbinarli a qualsiasi risposta di classe, di elevarli a nemico sociale numero uno, in modo da creare preven-tivamente un clima di attacco politico a qualsiasi forma di opposizione che verrebbe associata sempre e comunque all'idea di violenza, di eversione, di terreno di coltura di tutti i terrorismi vecchi e nuovi. Così si spiega anche l'invito di Berlusconi di coinvolgere l'opposizione in una sorta di alleanza di "salute pubblica" non tanto per avere maggiore forza repressiva nei confronti di un terrorismo che non c'è, e se ci fosse farebbe soltanto ridere i polli, ma per risucchiare sul terreno delle responsabilità quella "sinistra" che altrimenti avrebbe buon gioco nella dialettica dell'alternanza politica.
Berlusconi ha imparato a fare politica, dopo il drammatico fallimento di Genova e in attesa di un autunno certamente caldo, si sta preparando a contenere la probabile risposta di classe alle mancate promesse del suo Governo, alla certezza degli attacchi alla forza lavoro, creando un clima di necessità repressiva e coinvolgendo l'opposizione chiamandola a condividere le future responsabilità in cambio di qualche spazio politico in più. Ed ecco puntuali le bombe di Venezia e in provincia di Padova. Non ha importanza chi le abbia messe, ridicola la ridda delle rivendicazioni, bisognava inventarla perché lo scenario fosse al completo e la macchina repressiva pronta al primo serio accenno di ripresa della lotta di classe.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #8
Agosto-settembre 2001
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