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Home ›Primo Maggio 2001 - Solo la classe operaia può porre fine alla barbarie capitalista
Pubblichiamo il testo del documento internazionale emesso dal BIPR in occasione del Primo Maggio. È stato pubblicato su uno speciale di Aurora in Gran Bretagna e distribuito come manifesto negli altri paesi. È basato su un più lungo documento emesso dai nostri compagni canadesi in occasione del Summit delle Americhe, tenutosi a Quebec e ivi distribuito. Il documento sul Summit è presente sul sito Internet nelle pagine dei compagni canadesi.
Il capitalismo non è il miglior sistema in un mondo cattivo. È la singola causa più importante della miseria del mondo. Dalla fine dell'ultimo conflitto imperialista mondiale nel 1945 sono state uccise più di 50 milioni di persone. Altri milioni di persone sono morte per fame e per i cosiddetti "disastri naturali", entrambi evitabili. Due milioni sono morti in Iraq negli ultimi dieci anni a causa del blocco genocidi dell'Occidente contro l'altrettanto genocida Saddam Hussein. Ovunque volgiamo lo sguardo, da Israele/Palesino, ai Balcani, dalla Cecenia all'Indonesia o all'Africa, il massacro continua.
Religione e nazionalismo sono le ragioni formali per questi conflitti, ma le ragioni reali stanno nella lotta per le risorse naturali fra le potenze capitaliste. I conflitti locali diventano impressionanti, giganteschi massacri solo perché vi si trovano coinvolte le ricche economie urbane
Eppure tutto questo è presentato come scollegato alla vita quotidiana al di fuori delle zone di guerre. Qui ci dicono che abbiamo appena visto un boom dell'economia mondiale lungo un decennio. È lo stesso periodo di boom nel quale l'80 per cento della popolazione mondiale ha visto precipitare i propri livelli di vita.
Questa è una delle conseguenze della nuova economia "globalizzata" dove l'investimento di capitale non è molto legato a questa o quell'area geografica. I cinque o sei centri industriali che controllano il 75 per cento della produzione mondiale possono semplicemente cancellare le perdite di un impianto semplicemente spostandosi in un'altra area per avvantaggiarsi delle garanzie locali all' investimento, dei risparmi fiscali e di una forza lavoro docile e per nulla protetta. Quanto al boom, poche persone collegate ai parassitici mercati finanziari si sono avvantaggiate dell'ultimo decennio, ma per il 20 per cento della popolazione delle metropoli capitaliste è aumentata solo la povertà.
Ora,comunque, la bomba finanziaria della borsa americana è scoppiata. Il taglio di mezzo punto del tasso di interesse da parte della Federal Reserve è un tentativo di attenuare la recessione che si sta sviluppando in America e di conseguenza nel mondo. Già il sistema bancario giapponese è sull'orlo del collasso. E si stanno preparando nel mondo intero nuovi tagli e nuovi licenziamenti. Licenziamenti di massa sono stati annunciati nella aziende dell'high-tech (globalmente 100 mila posti di lavoro nelle telecomunicazioni sono già scomparsi in sole 10 settimane) e altri seguiranno. La globalizzazione ci ricorda che i lavoratori salariati stanno ovunque sulla stessa barca, in balia degli alti e bassi del capitalismo
La globalizzazione è imperialismo capitalista
Non c'è nulla di sostanzialmente nuovo nella globalizzazione attuale. È la continuazione della tendenza alla centralizzazione dei capitali, identificata da Marx, che conduce ai grandi monopoli imperialisti. È per questo che noi qualifichiamo ancora la nostra epoca come quella dell'imperialismo.
Semplicemente, imperialismo è l'era della competizione imperialista su scala internazionale. Ciò che è nuovo è la massa dei capitali a disposizione dei monopoli oggi. Oggi, le grandi aziende transnazionali sono dominate più dal capitale finanziario che dal capitale industriale. Esse controllano più ricchezza di quasi tutti gli stati del pianeta. In questo modo si è innestata una nuova contraddizione nel sistema capitalista. Il sistema è essenzialmente organizzato attorno a stati nazionali, ma questi stati e particolarmente quelli della periferia, hanno sempre minor controllo di ciò che accade all'interno dei loro confini. Ecco perché i riformisti che riempiono le riunioni quali il "Summit dei Popoli" tenutosi durante il recente Summit delle Americhe a Quebec, o il Wordl Social Forum di Porto Alegre a Febbraio, vorrebbero tornare al "buon vecchio capitalismo" della lunga crescita seguita alla Seconda Guerra Mondiale, la cui fine fu indicata dal fallimento degli Accordi di Bretton Woods, nel 1971. Ma quel capitalismo è finito, scosso in profondità dalla sua crisi del ciclo di accumulazione che avevamo visto svilupparsi per circa trent'anni. È passato allora il tempo in cui la borghesia poteva permettersi il lusso (almeno nei paesi ricchi) di garantire servizi pubblici relativamente "accettabili" e una legislazione sociale.
La "globalizzazione" è il prodotto della crisi generale del capitalismo. I riformisti che pretendono che"un altro mondo è possibile" senza disfarsi del presente modo di produzione, sono come minimo malinformati o peggio complici "progressisti" della campagna capitalista di disinformazione centrata sempre più attorno al concetto di cittadinanza.
L'idea che gli effetti devastanti del capitalismo possano essere combattuti lasciando intatta la struttura è vecchia come il capitalismo stesso e ha sempre avuto i suoi sostenitori. La loro vecchia linea politica è che attraverso l'azione "civile" (agendo cioè secondo la ridicola idea che viviamo tutti nella "società civile" e dunque siamo tutti uguali sotto il capitalismo) possiamo avere accesso a "una civiltà" che sappiamo bene riserva per noi solo il peggio.
Queste politiche che sono state assunte come portanti dai liberal anti-americani del Le Monde Diplomatique e dalla gente di ATTAC, sono diventate il cemento ideologico dell'intera sinistra borghese: sindacati, ONG, femministe, accademici, partiti riformisti e sette. Questa è la linea della nuova internazionale riformista che è uscita dal Forum di porto Alegre. La sua efficacia è tale che partiti apertamente borghesi la usano sempre di più. La vera natura di questa ideologia si è vista all'apertura del Summit dei Popoli, dove tutti questi onesti "cittadini" si sono raccolti per i cocktail nei confortevoli saloni della Quebec National Assembly. L'ospite era niente di meno che un loro "compagno", il Premier del Quebec, Bernard Landry, un "sinistro" particolarmente utile alla borghesia. C'è da scommettere che Landry ha offerto anche solidarietà al suo "compagno" Bové, per la sua glorioso difesa del formaggio Requefort!
Ma dietro ogni discorso rimane sempre la realtà. Questa può essere sintetizzata nella eloquente dichiarazione di Tarso Fernando Herz Genro, il sindaco populista di Porto Alegre, che ha detto "Né Porto Alegre né il Forum Sociale Mondiale si oppongono alla liberalizzazione dei mercati" Infatti, quel che la sinistra borghese vuole più di tutto è essere invitata al tavolo dei negoziati. Vogliono essere in grado di giocare un ruolo nel contenimento della classe operaia e nella collaborazione di classe, cioè nel convincere l'umanità che è condannata a tutti ciò che il capitalismo le riserva. Il riformismo spera in nulla di meno che.. la barbarie illuminata. Non dispenserà altro che più miseria e sfruttamento.
Tutti i punti di ritrovo dei dimostranti anti-globalizzazione sono state le occasioni in cui le maggiori potenze imperialiste si sono scontrate. Appena si riuniscono per discutere della gestione della crisi, tutte vogliono regole per gli scambi e gli investimenti che garantiscono loro il miglior tornaconto finanziario. Così, contrariamente alla mitologia, l'AMI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti) che avrebbe obbligato gli stati ad aprire al "libero mercato" quasi tutti gli aspetti e momenti della loro economia, non è saltato in forza delle spinterelle di poche deboli organizzazioni riformiste. Di fatto gli accordi sono falliti a causa delle divergenze fra alcune delle maggiori potenze, specialmente quelle europee.
Con il collasso dell'ex impero sovietico, si è rotta la disciplina dei vecchi blocchi e nuovi schieramenti imperialisti stanno nascendo per sostituire i vecchi. Una delle forze emergenti è l'Unione Europea, che è in fase di espansione e consolidamento dal 1992. Un'altra si sta formando nell'Estremo Oriente, attorno a Cina, Giappone, Corea e altri membri dell'ASEAN. Le riunioni di Seattle e di Praga sono stati campi di battaglia per tutti i blocchi e paesi imperialisti. Il Summit del Quebec era fatto per preparare il consolidamento di un terzo blocco. I maggiori Pesi che hanno guidato la riunione di Quebec (Il Canada e gli USA) lavorano a una nuova "Dottrina Monroe" - nessun intervento europeo negli affari delle Americhe - che assicurerebbe loro il controllo della più potente area economica (e quindi geo-politica) del mondo.
Che fare?
Molti canti di sirene stanno ancora una volta cercando di soffocare la voce delle deboli forze che continuano il filo rosso della storia e resistono sulla via che porta a una vera liberazione dell'umanità.
Contro tutte le falsificazioni staliniste e trotskiste, continuiamo a definire la nuova società come comunista, perché tale sarà. Per giungere là, tuttavia c'è ancora molto lavoro da fare. È tempo che la classe operaia rinnovi la sua cassetta degli attrezzi.
Dobbiamo rompere il giogo della logica sindacalista che pretende di riconciliare gli interessi dei lavoratori e quelli dei vampiri che li dissanguano. Dobbiamo ancora creare organismi di massa per la lotta, che nascano dalla lotta stessa e sotto il controllo assoluto dei lavoratori sul posto di lavoro e su quelli vicini. Infine la classe operaia deve costruire la sua organizzazione rivoluzionaria, un reale partito comunista e internazionalista. Non un partito che governerà sopra e per conto dei lavoratori, ma un partito che lotterà all'interno della sua classe, prima come dopo la rivoluzione, per far prevalere la sua visione del programma storico del vero comunismo.
Rifiutiamo di abbandonarlo perché sappiamo che non siamo soli. Si, c'è una via di uscita da questa città delle ombre. "Al grido di uguaglianza, si organizzino le forze della felicità e della giustizia".
Viva il comunismo!
Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario, 1 Maggio 2001Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 2001
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