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Riprendiamo e manterremo questa rubrica che non potrà mai riportare tutte le notizie e informazioni che si riferiscono alla vita, ai drammi e alle lotte che vive il proletariato nel mondo, ma vuol dare un piccolo contributo in questo senso.
Saluto ai lavoratori della Daewoo
Gli eventi coreani alla Daewoo meriterebbero più spazio e vi torneremo.
Vi accenniamo qui brevemente. Da mesi in crisi, la fabbrica di automobili coreana ha pensato bene di affrontarla nel modo usuale e il 16 febbraio ha inviato 1750 lettere di licenziamento. Non mette conto descrivere nel dettaglio le precedeneti trattative fra Daewoo e sindacato auto sui prepensionamenti, conclusesi con l'unico fatto delle lettere di licenziamento. A questo punto 700 operai della fabbrica di Seul hanno occupato Lunedì 19 febbraio lo stabilimento erigendo barricate ai cancelli, sostenuti dagli altri operai e dalle famiglie all'esterno. La polizia ha mobilitato 4 mila agenti per disoccupare dagli operai e occupare a sua volta lo stabilimento, dopo ore di battaglia con una ventina di feriti. Solo a sera la polizia poteva comunicare di avere la situazione sotto controllo.
Il sindacato Kctu è ora sotto accusa e il suo rappresentante nello stabilimento e alteri 29 sindacalisti sono stati denunciati e sono ora sotto mandato di cattura. Ci vien da dire che è il trattamento che di solito il signore riserva al servo quando qualcosa va male. E che la Kctu sia serva sciocca dei capitalisti coreani (nonostante non più di tre anni fa fosse uno dei modelli della nostrana sinistra ciabattona (e sindacale) lo dimostra il fatto che è proprio questa ad aver firmato nel febbraio del 1998 l'accordo fra padroni governo e sindacati che sanciva il diritto a licenziare. (vedi Bc n.5 1998)
I sindacalisti non si aspettavano che proprio nel settore dell'auto che tirava, fosse fatto presto valere quel diritto dai padroni. Si sono dunque trovati nella scomodissima situazione di far finta di difendere i lavoratori, con ciò facendosi bastonare da quello stato dei padroni e dai padroni. Non è dei servi sciocchi che ci preoccupiamo, ma della perdurante influenza che essi mantengono sui lavoratori (anche) coreani e sulla conseguente difficoltà di questi a rispondere adeguatamente agli attacchi dei capitalisti. Non sarà certo una risposta degna dell'attacco subito quella che i sindacati preparano: il boicottaggio delle auto Daewoo nel caso che General Motor e Fiat acquistino la azienda così ridimensionata negli organici.
Flessibilità dei criteri della Gestione aziendale
La Gestione aziendale è una disciplina alla quale sono dedicate intere biblioteche alimentate da quasi tutte le case editrici, alcune delle quali produttrici proprio in quel campo.
Fra i moderni principi della gestione aziendale c'è la necessità per le imprese di dedicarsi esclusivamente al core business (il prodotto specifico dell'azienda) affidando a servizi esterni quante più attività accessorie possibili. Il prodotto specifico della Fiat sono le automobili; la manutenzione delle linee di produzione è un servizio accessorio, che Fiat ha "esternalizzato" - per usare l'orrendo neologismo - a Comau (che poi fa parte del groppone della stessa Fiat); anche i trasporti interni agli stabilimenti sono un servizio che Fiat ha appaltato alla TNT, anch'essa del gruppo.
È immediatamente evidente la funzione antioperaia: più aziende nello stesso luogo di produzione implicano rapporti contrattuali diversi, diverse "controparti", in sostanza divisione del fronte operaio, così più facilmente attaccabile in termini di blocco salariale, flessibilità delle mansioni eccetera.
Fiat vende anche l'intero settore della componentistica. Contro questa operazione, un'assemblea dei lavoratori della Marelli di Bologna e Crevalcore il 1 febbraio, si è trasformata, con voto all'unanimità, in uno sciopero di protesta. Un altro sciopero è avvenuto nello stabilimento di Venaria, in Piemonte, dove vengono prodotti sistemi di scarico per le auto e in cui lavorano circa 500 addetti.
Ovviamente i criteri di gestione aziendale valgono, avvertono gli autori dei trattati, nelle singole aziende aventi appunto un "core business". Laddove però il prodotto specifico della "azienda" è il profitto nella sua forma più pura, indipendente dalla bruita materia della produzione dalla quale esso si origina, laddove, cioè, si tratta dei gruppi finanziari come l'Ifil (sempre di casa Fiat) è lecito e doveroso "internalizzare" tutto ciò chwe assicuri profitto, indipendentemente appunto dalla coerenza o sinergia delle produzioni. Ecco che Ifil mentre vende Magneti Marelli (con 26.500 lavoratori produttivi) compra per 200 miliardi Alpitour, che produttiva è, ma di soli profitti ritagliati da plusvalore altrove prodotto. La Fiom... protesta.
New economy - Amazon licenzia 1300 lavoratori
Amazon è la prima e più grande libreria virtuale, cioè in Internet, del mondo. Ai primi fasti nell'indice tecnologica delle borse americane, il Nasdaq, è seguita una caduta, coerente peraltro con l'indebitamento operativo dell'impresa stessa. Evidentemente la gestione di un simile colosso, fatto di milioni di volumi distribuibili e distribuiti in tutto il mondo a chi li richiede via web, costa più di quanto renda, al netto delle prebende dei dirigenti.
Ecco dunque che anche uno dei più fulgidi simboli della new.economy e web-economy, della nuovissima promessa di lavoro e benessere per tutti si appresta a licenziare. Sono a rischio 1300 posti di lavoro. Quattrocento sono già stati annullati a Seattle. Si tratta del personale addetto al Servizio clienti che l'azienda si appresta a dar fuori (in outsourcing) ad azienda di New Dehli. I lavoratori indiani costano molto meno e ciò basta a spiegare il trasferimento del servizio al di là di due oceani.
Old economy - Daimler Chrysler ne licenzia 20 mila
Anche nella più tradizionale industria (della old economy?) americana i lavoratori vengono licenziati.La Daimler-Chrysler ne ha licenziati 20 mila in febbraio, di cui sei mila impiegati. Il programma è di chiudere sei dei ventuno impianti negli Usa nel giro di tre anni con altre decine di migliaia di licenziamenti.
Il rallentamento dell'economia americana si configura come l'annuncio di una vera e propria recessione.
Al momento non abbiamo notizia di significative reazioni da parte dei lavoratori. D'altra parte non ci si può attendere che i sindacati, forse stremati dallo sforzo fatto a favore dei democratici di Bush, si diano da fare: un conto è rivendicare qualche lira o qualche benefit, altro conto opporsi alle mosse essenziali alla sopravvivenza dell'impresa. Questa, da parte sua, il 7 febbraio ha comunicato una caduta dei profitti complessivi per l'anno 2000 dell'11 per cento, causata dalle forti perdite del braccio americano Chrysler. Di fronte alle dettagliate analisi di bilancio della azienda tedesco-americana, pubblicata dai più importanti giornali economici, di fronte alle sofferte diminuzioni dei profitti da 7,3 miliardi di dollari a 4,8 miliardi, i sindacati non potevano far altro che... chinare la testa.
General Electric: 75 mila licenziamenti
Business Week, autorevole rivista economica, nella sua edizione on line ha anticipato - senza essere smentita - che la General Electric taglierà 75.000 posti di lavoro, il 15% dell'intera forza-lavoro del gruppo. Nel calcolo non sono compresi i 28.000 posti che andranno persi a causa della chiusura della catena al dettaglio Montgomery Ward, sussidiaria della GE.
La "colpa" sarebbe della fusione con la Honeywell, ampiamente celebrata come una delle operazioni più "geniali" degli ultimi anni, che andrà a conclusione nelle prossime settimane. Si pensa che Honeywell, per non esser da meno, dovrà "liberarsi" di 50.000 lavoratori. Tagli di questa portata non si vedevano da oltre 20 anni. Questo è il segno che i problemi alla base del "rallentamento" sono di natura e dimensione non governabile con i soli strumenti della politica monetaria. (Centro Documentazione e Lotta - Roma)
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2001
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