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Home ›Blair contro le barriere pensionistiche
Le forze del capitale sono entusiaste delle sue proposte, prima fra tutte il sindacato
Con intervalli sempre più brevi si sollevano discussioni che puntano l'indice contro il mondo del lavoro. Questa volta ha suscitato interesse un po' dappertutto nel variegato mondo borghese, la proposta di Tony Blair di rendere volontario il pensionamento e di permettere, a chi lo voglia, di continuare a lavorare oltre il limite dei 65 anni.
Alcuni giorni dopo, come sempre in perfetta sintonia con oltre oceano, anche Bush dagli Stati Uniti dichiarava di volere mettere mano al sistema pensionistico, incrementandone la privatizzazione, una proposta tra le altre il cui intento è ridurre le tasse ai ricchi, tagliare la spesa pubblica e aumentare le spese militari.
Non c'è destra o sinistra che tenga quando si tratta di difendere il capitale nazionale a danno del proletariato, le differenze formali ed elettoralistiche, materia di competizione nella corsa al potere, si sciolgono come neve al sole in un solido fronte comune a conferma di una medesima e inequivoca appartenenza di classe. Politici e sindacalisti hanno plaudito alla proposta di Blair sia in Italia sia fuori, d'altra parte è nelle direttive della stessa Unione Europea l'intento di superare l'attuale normativa per aumentare il tetto dell'età pensionabile.
Immancabilmente gli imbrogli sono presentati in un primo momento come manifestazione di volontà del singolo, come una libera scelta, addirittura come atti di civiltà contro le discriminazioni sul posto di lavoro, in questo caso riferito all'età. Invece nella sostanza si tratta di fare passare l'idea che si possa e si debba lavorare oltre i limiti attuali, creare un gran polverone che alla fine, se le manovre non saranno contrastate duramente dalla classe operaia con le lotte, si concluderà con l'ennesima batosta.
Gli entusiasmi suscitati in Italia dal capo del governo inglese, trovano una sintesi esemplare, perché ne coglie lo spirito e gli obiettivi per il futuro, nell'esperto di previdenza Giuliano Cazzola, il quale non perde l'occasione per sparare anche contro le pensioni di anzianità: "ma non possiamo approvare la proposta del premier inglese e difendere contemporaneamente le pensioni di anzianità, a cui ricorrono 250 mila cinquantenni ogni anno". (Corriere della Sera del 14 febbraio)
Sempre nello stesso articolo e sempre con lo stesso entusiasmo si esprime il responsabile delle politiche sociali della Cgil Beniamino Lapadula, propugnatore del cosiddetto "invecchiamento attivo". "Quello sancito da Tony Blair è un principio sacrosanto. L'età non può essere un motivo per discriminare i lavoratori.". Se le aziende licenziano i cinquantenni ad ogni ondata di cambiamenti tecnologici, dice ancora Lapadula "per impedire di perdere queste risorse, con danni sociali e danni anche per le aziende, è necessario investire nella formazione continua".
In sostanza le intenzioni dei politicanti e degli esperti borghesi sono quelle di risparmiare sulla spesa pubblica da un lato, e dall'altro fare in modo che l'attività lavorativa si concluda possibilmente in prossimità... della tomba. Se l'innalzamento dell'età per le pensioni di vecchiaia può fare piacere ad una certa aristocrazia operaia, a dirigenti e quadri aziendali, in una parola ai livelli più alti del lavoro dipendente, perché ciò prolunga una condizione borghese o piccolo borghese privilegiata, tutt'altra cosa è per gli altri lavoratori, soprattutto per gli operai che svolgono mansioni usuranti e ripetitivi che percepiscono bassi salari.
Tutte le forze borghesi, dai partiti ai sindacati, ripetono la stessa cantilena in ogni occasione, l'economia deve crescere a ritmi più alti, perché questa è la condizione indispensabile per aumentare l'occupazione e il benessere. L'andamento del Pil è al contempo termometro dell'umore del pensiero unico dominante e il Vangelo del sistema capitalista, dove l'atto di fede per l'esistente ha sostituito qualsiasi ragionamento non perfettamente allineato.
Quando i profitti sono stati soddisfacenti per il padronato ciò ha comportato maggiore disoccupazione, più flessibilità della forza lavoro, diminuzione del potere di acquisto di salari e pensioni. Adesso vorrebbero farci credere che saccheggiando il sistema pensionistico, cosa peraltro già in atto da anni, dovremmo essere più felici. E come d'incanto i giovani che non riescono a trovare un posto di lavoro "serio" e duraturo, troverebbero giovamento dal fatto che i vecchi continuerebbero a lavorare. È evidente che per raccontarci queste favole serpeggia la preoccupazione. Il modo di produzione capitalista poggia su fragilissimi equilibri, nonostante gli alti e bassi lo spettro di una crisi generalizzata e sempre presente, tanto da sedimentare lo spauracchio nei cervelli di tutti gli attori borghesi forgiandone una forma mentale indifferenziata.
Gli innumerevoli episodi degli ultimi decenni dimostrano senza ombra di dubbio che la condizione complessiva dei lavoratori è destinata a peggiorare, la precarizzazione dell'esistenza è all'ordine del giorno, così come precaria è la natura del capitalismo nella sua cieca corsa al progressivo imbarbarimento. I proletari devono riprendere a lottare contro il capitale e i suoi difensori, a maggior ragione contro coloro che spacciano le continue stangate per successi del lavoro.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2001
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