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Home ›Elezioni presidenziali Usa - Al Gore e Bush ovvero l'ignobile farsa schedaiola
Il merito del capitalismo americano in confronto a quello della vecchia e "civile" Europa, è di non nascondere ipocritamente, attraverso il camuf-famento di facciata e parolaio della sovrastruttura politica, la reale natura delle relazioni sociali. Negli Usa si manifesta compiutamente tale spirito dove conta solo il denaro, la finanza e i potentati economici, tutto il resto non serve a niente.
Il parlamentarismo borghese ricalca perfettamente questo assunto, tutti i politicanti esprimono gli interessi di questa o quella fazione economica apertamente, tanto da essere ritenuti rappresentanti di lobby. La stessa cosa vale per la più alta carica del paese, con la differenza che il presidente oltre a poter guardare con particolare occhio di riguardo ad un determinato segmento economico, allo stesso tempo in quanto espressione complessiva dello stato, deve favorire complessivamente il capitale nazionale e le sue necessità imperialistiche nel mondo.
Finita la guerra fredda, sull'onda dell'attuale zuffa tra repubblicani e democratici nella corsa alla Casa Bianca, gli stessi commentatori borghesi nazionali e internazionali ci dicono che le elezioni presidenziali sono sempre state costellate da brogli, e che il sistema elettorale americano è quanto di più assurdo possa esistere in un paese moderno. Alla faccia di tutti i difensori sempre ammirati da qualsiasi cosa provenga da oltre Atlantico! Ciò è un'ammissione che la sostanza profonda e la filosofia che presiede la politica (in qualsiasi società divisa in classi) è la stessa sia si tratti di un paese del terzo mondo sia la prima potenza mondiale: ovvero la corsa al potere, alle prebende e al clientelismo.
Da cosa deriva lo stallo cui è pervenuto il sistema elettorale, che molto probabilmente porterà la Corte suprema degli Stati Uniti a fare da supplente per decidere il vincitore tra Al Gore e Bush? Sicuramente da una tradizione che vede una scarsissima partecipazione al voto e alla vita politica della popolazione negli Usa. Tale disinteresse non ha consentito un affinamento degli strumenti di gestione istituzionale che avrebbe dovuto incanalare il consenso, la conservazione ha battuto altre strade. Contrariamente a quanto è accaduto in Europa dove le classi subalterne sono state assorbite nel corso del tempo all'interno dei classici istituti della democrazia borghese, e l'affluenza alle urne ha sempre avuto una dimensione rilevante.
Negli Usa, infatti, il metodo dei Grandi elettori rappresenta il peccato originale del periodo della schiavitù, uno strumento politico della specificità del giovane capitalismo americano in un'epoca di tumulti, quando i ricchi erano preoccupati che anche l'occasione elettorale potesse costituire un pretesto per agitazioni popolari: "I grandi elettori saranno per così dire la forza di interposizione tra una maggioranza fluttuante, ma potenzialmente antischiavista e anticostituzionale, e una minoranza effettivamente schiavista e saldamente ancorata al dettato costituzionale. In breve, i Grandi elettori devono assicurare che venga eletto un presidente impegnato nel continuo compromesso sulla schiavitù". (il manifesto del 15 novembre).
Che un meccanismo tanto antiquato sia sopravvissuto nei cervelli della borghesia americana, denota non tanto una studiata prudenza, ma l'ottusità che spesso la contraddistingue. Essa non si preoccupa di inscenare un falso democraticismo, visto che la grande maggioranza non va alle urne, anche in quest'ultimo caso i non votanti sono stati oltre 90 milioni e costituiscono la parte più povera della popolazione, ma anzi preferisce che il gioco dell'alternanza fra democratici e repubblicani si restringa ad una percentuale sempre più esigua rappresentata dalle fasce benestanti.
In Europa le polemiche tra destra e sinistra, che riflettono i locali interessi di bottega sempre nella prospettiva elettorale, hanno voluto vedere le differenze nei programmi di governo tra Bush e Al Gore soprattutto nel campo della politica estera. Nel primo si rileva una presunta volontà di ritiro militare dallo scenario internazionale nel caso conquistasse la presidenza, mentre nel secondo la continuazione di una politica attiva. Al di la delle chiacchiere e della propaganda, l'imperialismo non è una politica partorita da questo o quello schieramento politico, ma il modo di essere del capitalismo nell'epoca della globalizzazione e della finanziarizzazione dell'economia. La volontà politica deve per forza di cose adeguarsi e assecondare le necessità del capitale, pena la sua stessa sopravvivenza.
Come il capitale mondiale attacca quotidianamente il proletariato di tutti i paesi per le sue esigenze di valorizza-zione, per le stesse ragioni le varie fazioni di capitale nazionale si scontrano fra di loro. Da qui l'imperativo di conquistare spazi economici e finanziari a danno dell'avversario. L'imperialismo potrà scomparire solamente con l'abbattimento ad opera della classe operaia internazionale di questa società basata sullo sfruttamento e sul profitto, attraverso un'azione cosciente ed energica contro il capitalismo.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #12
Dicembre 2000
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