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Home ›Terrorismo e repressione: nuove stangate sul proletariato
Il terrorismo è funzionale alla repressione preventiva della lotta di classe
Dopo l'affaire D'Antona di origine alquanto oscura e la conseguente prima campagna contro le opposizioni extraistituzionali, sulla scorta di un altro episodio di "minaccia con scasso" ai danni di un sindacalista Cisl, si è prima scatenata e ora striscia una nuova campagna di perquisizioni, intimidazioni e denunce ai danni della sinistra scomoda. L'accusa, giuridicamente e giornalisticamente sollevata è di terrorismo o contiguità col terrorismo.
Poiché la situazione è invece di massima calma sociale e neppur lontanamente paragonabile a quella dei cosiddetti "anni di piombo", ci si deve chiedere il perché di queste ricorrenti e insistenti imprese terroristiche da una parte e campagne repressive dall'altra.
Che i rari episodi di terrorismo, vero o farsesco, siano genuini piuttosto che prodotto diretto della azione di stato (e l'esperienza storica ci dice che i mezzi non mancano), resta il fatto che il terrorismo viene usato per attuare la repressione. E il primo oggetto della repressione borghese orchestrata e organizzata da parte della borghesia e dei suoi lacchè è sempre la lotta della classe operaia o le semplici spinte alla lotta. In sostanza il capitalismo italiano si prepara ad assestare nuovi pesanti colpi alla classe operaia e opera preventivamente per limitare il rischio di risposta, anche elementare che presenterebbe però un elevato potenziale di destabilizzazione
Vediamo allora il quadro generale attuale. Il salario è già stato ridotto, la disoccupazione è già elevata, il lavoro è stato precarizzato, i servizi sociali smantellati, ma padroni e stato, con l'accordo del sindacato, si preparano a far di peggio.
Altri attacchi a pensioni, scuola e sanità, altri accordi fra padronato e sindacato per flessibilizzare ulteriormente il lavoro e piegarlo ancora di più alle esigenze di concorrenzialità e sopravvivenza del capitale italiano sui mercati internazionali; la eliminazione totale della contrattazione collettiva sul piano salariale e normativo, sostituita dalla contrattazione aziendale se non addirittura individuale, indissolubilmente soggetta alle disponibilità e possibilità della azienda. Questo è ciò che si prepara.
L'ideale capitalista è pagare il meno possibile il lavoro e solo per il tempo in cui esso è effettivamente prestato.
Servono dieci operai per due mesi? Si prendono sul mercato, li si paga per le giornate di lavoro prestate nei due mesi e poi li si buttano fuori. Contratti collettivi nazionali, regole per la assunzione e il licenziamento dei lavoratori, tutele sanitarie, previdenziali e assicurative, è tutta roba del passato. La modernità, la "globalizzazione" vogliono il lavoro nudo e crudo e il lavoratore spogliato di ogni e qualsiasi diritto. Tutto il resto è "vetero". Di questo sanno qualcosa i compagni di Bologna che, per aver distribuito alla Titan il volantino pubblicato sul numero scorso, hanno suscitato la furiosa quanto idiota reazione dei sindacalini che li hanno accusati di usare un "linguaggio di trent'anni fa".
Nel quadro attuale di crisi dei saggi di profitto, il confronto-scontro fra le diverse economie a scala internazionale, ma anche all'interno della stessa Unione Europea, si gioca solo sulla compressione del salario operaio e sulla totale subordinazione dei lavoratori alle necessità dell'azienda, su quella approssimazione all'ideale capitalista.
Queste cose le sa molto bene la sinistra oggi al governo, come le deve saper bene chiunque voglia governare lo stato borghese.
La sinistra "democratica" che occupa il governo oggi in Italia (come altrove in Europa) viene diritta da quella sinistra stalinista usa a manovrare la classe operaia in funzione filo-sovietica e sempre e comunque controrivoluzionaria, ma sulla base degli immediati interessi della classe stessa. Conoscono bene gli interessi della classe e sanno che la pressione eccessiva può scatenare reazioni, anche contro di loro.
Di qui la manovra preventiva: colpire e cercare di far fuori in anticipo quelle forze che, indipendentemente dalla entità attuale, potrebbero farsi centri di aggregazione della reazione operaia.
La socialdemocrazia classica, ha sempre svolto un ruolo controrivoluzionario, agendo direttamente contro la classe e le sue avanguardie negli svolti cruciali in cui il proletariato puntava all'assalto del potere borghese. Ma operava per quanto possibile col sostegno di quote consistenti di classe operaia, garantendo i minimi della sopravvivenza operaia.
Qui siamo in presenza di una neo-socialdemocrazia che attacca direttamente la classe, perseguitando in via preventiva quanti potrebbero coagulare la sua risposta. Il tutto mentre gli stalinisti di ieri fingono di pentirsi dei loro crimini, ancor più vigliaccamente attribuendoli al comunismo (come è il caso del sig. Veltroni).
Per prevenire il rischio di una ripresa vigorosa della iniziativa di classe, si usa uno strumento che con la lotta di classe non ha mai avuto e non ha nulla a che fare. E ripetiamo, poco conta, in questo senso, che le iniziative più o meno terroristiche vengano prese da fessi genuini o da gente direttamente prezzolata dalle apposite agenzie della borghesia. Comunque si tratta di una operazione infame sul piano teorico e politico, ma sembra per ora efficace: chi si ribella alla oppressione di un capitale imbufalito dalla crisi viene assimilato al terrorismo o a contiguità e connivenze con esso.
In realtà la lotta di classe e il marxismo rivoluzionario, che ne è la espressione politica di avanguardia, non hanno nulla a che spartire con nessuna forma di terrorismo. La lotta di classe è il motore della storia e non risponde agli stimoli di singoli uomini, né tantomeno di presunte azioni esemplari, terroristiche o meno.
Le forze politiche, poliziesche e giudiziarie della borghesia lo sanno molto bene, ma sanno anche utilizzare qualsiasi scusa e occasione per sostenere quell'orribile teorema.
Purtroppo, non mancano gli ingenui, che, privi di una bussola metodologica e politica, si lanciano in un "antagonismo" senza capo ne' coda e prestano spesso il fianco a simili manovre. Ciò basta a creare quel "clima", sui giornali, nell'opinione pubblica, che fa passare lisce perquisizioni, intimidazioni, farsesche denunce anche ai danni di altri che col terrorismo non c'entra proprio nulla, ma potrebbe risultare pericoloso, nell'aggregare la risposta immediata, quantunque ancora su un terreno riformista e sostanzialmente socialdemocratico, di consistenti fette di proletariato ai brutali attacchi che la classe sta subendo.
C'è di che preoccuparsi, soprattutto per il fatto che al governo ci sono quegli stessi stalinisti che, giusto ieri, quando fingevano di fare "opposizione di classe", non esitavano a denunciare con le più oscene calunnie chi si opponeva al loro comunismo reale.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11
Novembre 1999
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