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Gli imprenditori vogliono modificare il modello di contrattazione basato sul doppio livello nazionale e aziendale per legare gli esigui aumenti salariali a precisi obiettivi di produzione, alla mobilità interna e alla flessibilità dell'orario di lavoro
Negli ultimi anni la struttura produttiva italiana è profondamente cambiata; la grande impresa tradizionale si è ridimensionata sia sfruttando le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie sia decentrando all'esterno parte del ciclo produttivo; la piccola e media impresa si è specializzata occupando nicchie di mercato non sfruttabili dalla produzione di grande serie oppure è diventata subfornitrice di imprese di dimensioni maggiori. Le diverse forme organizzative industriali come la rete, la filiera o la fabbrica integrata si sono sovrapposte e integrate fra loro dando origine ai distretti, nei quali convivono imprese di dimensioni e caratteristiche diverse. La fabbrica integrata permette, per esempio, di risparmiare i costi aggiuntivi delle giacenze in magazzino, della logistica, dei trasporti ecc. e permette di modulare i volumi di produzione in relazione alle variazioni del mercato; le fabbriche cacciavite invece assemblano le varie parti di prodotti complessi fabbricati in luoghi e tempi diversi, spesso molto lontani tra loro.
Nei processi di formazione di una parte consistente di piccola impresa vi è poi il fenomeno chiamato spin-off secondo il quale un'azienda nasce da un'altra azienda per espulsione di manodopera qualificata o per il trasferimento all'esterno di segmenti del ciclo produttivo. Nel settore automobilistico, per esempio, molte aziende hanno creato una rete di società che utilizzano in modo flessibile portando fuori parte della produzione o dei servizi, costringendo i lavoratori, spesso ex dipendenti, ad autosfruttarsi fino all'inverosimile. Questa organizzazione strategica ha permesso di ridurre nel tempo il numero dei fornitori del 70-80%, una parte dei quali è stata costretta a chiudere e il resto ha dovuto trasformarsi in subfornitore, adottando regimi di orario organizzati nell'arco delle 24 ore e utilizzando manodopera assunta con contratti di apprendistato, formazione, a termine ecc. Infine, per non essere spazzate via dalla concorrenza, le imprese sono state costrette ad insediare i propri stabilimenti nei pressi di quelli di montaggio delle automobili, adeguando i propri ritmi e tempi di produzione a quelli della fabbrica assemblatrice che a sua volta rifornisce i sistemi complessi dell'industria principale. Un recente sondaggio pubblicato dall'Istat ha rilevato che fanno capo a grandi gruppi industriali il 20% di aziende con addetti compresi tra le 20 e le 50 unità, il 46% delle aziende comprese tra i 50 e i 100 addetti, il 75% di quelle che occupano fra 100 e 200 addetti.
La diretta conseguenza di queste trasformazioni è stata il drastico calo dell'occupazione stabile e la crescita del lavoro precario. Tra il '92 e il '98 l'occupazione è scesa da 23 milioni 457 mila a 22 milioni e 700 mila unità e dal gennaio '98 al gennaio '99 la sola industria ha espulso 32.000 lavoratori; contemporaneamente un numero sempre maggiore di industrie ha utilizzato diverse forme di impiego flessibile, dai contratti a termine al lavoro interinale.
Emblematico è il caso delle telecomunicazioni, all'avanguardia nella sperimentazione di forme di sfruttamento estremamente raffinate grazie, tra l'altro, agli accordi e ai contratti sottoscritti dal sindacato. Nelle principali imprese del settore come Omnitel, Infostrada e Telecom, sono stati assunti migliaia di giovani con contratti part-time, a termine e interinale; in altre aziende una parte consistente di lavoro è affidato a ditte esterne che utilizzano esclusivamente lavoratori autonomi pagati a prestazione dietro presentazione di fattura a fine mese. Anche salari ed orari si sono adattati al sistema produttivo: si è esteso l'orario di lavoro su più turni e allungato al sabato e alla Domenica mentre i lavoratori sono costretti a ricoprire più mansioni. Il salario è stato legato interamente alla produttività e sono stati introdotti incentivi agganciati a diversi parametri come il fatturato, gli scarti di produzione, l'utile netto. Ma non basta, gli imprenditori vogliono cancellare le clausole contrattuali della giusta causa per i licenziamenti individuali e vogliono modificare il modello di contrattazione basato sul doppio livello nazionale e aziendale in modo da lasciare alle singole realtà locali la possibilità di legare esigui aumenti salariali a precisi obiettivi di produzione, alla mobilità interna e alla flessibilità dell'orario di lavoro; questi obiettivi fanno parte di un disegno più ampio che comprende sia la ridefinizione della struttura del salario sia una ulteriore modifica delle norme che regolano il rapporto di lavoro per cancellare anche gli ultimi deboli ostacoli ad un uso completamente flessibile della manodopera in entrata e in uscita.
LPBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11
Novembre 1999
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