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Indecente baraonda della politica italiana
Il politicantume borghese italiano è in caduta libera. Tutti invocano regole che garantiscano omogeneità e governabilità agli schieramenti contrapposti, nella pratica, invece, assistiamo a continue faide all'interno dei partiti, tra i partiti, sino al più sconcio personalismo nella lotta per il potere.
Tale andazzo sembrerebbe contraddire le necessità del capitale nazionale all'interno delle dinamiche degli stati all'integrazione europea, dove sempre più spinte sono le tendenze alla concentrazione economica, l'unione monetaria ha lo scopo di favorire questo processo, e alla centralizzazione delle decisioni anche sul piano politico, prospettiva ancora in divenire.
Se da una parte l'anomalia italiana è reale, in quanto lo scontro frazionistico per bande della classe politica ha radici secolari, dall'altra ciò non ha impedito ai vari governi di centro, di destra o di sinistra, nel corso degli ultimi vent'anni di portare avanti a piccoli passi, ma costantemente, quella politica dei sacrifici che oggi comincia a gravare pesantemente sul proletariato.
La politica nostrana, intrigante e imbrogliona, per quanto dia un'immagine poco edificante e susciti scherno oltre confine, ha comunque un'intrinseca capacità di preservare se stessa e i rapporti di classe nella società. Per esempio l'intruglio che ha prodotto l'Ulivo è stato un efficace strumento in mano della borghesia, in un certo senso si potrebbe definire la via italiana al raggiungimento dei parametri di Maastricht. In quelle circostanze la coalizione di centro-sinistra era la più idonea a garantire stangate e pace sociale.
Come sempre accade una volta raggiunto lo scopo, sono riprese le guerre intestine. Risse che precedentemente hanno fatto saltare il governo Berlusconi, poi il governo Prodi, e che ora mettono in discussione l'esecutivo di D'Alema. Seguire il filo della crisi attuale, dello svolgimento dei fatti e delle intenzioni dei vari raggruppamenti, o addirittura delle elucubrazioni mentali dei singoli personaggi, è cosa inutile e capziosa. In linea generale la sostanza della faccenda si può riassumere nei seguenti termini.
I resti della defunta democrazia cristiana sparsi a destra e a sinistra dopo il terremoto di mani pulite sono stati ridotti al ruolo di puntelli di Berlusconi e D'Alema. Il tentativo di ricostituire un grande centro e il suo elettorato è all'origine degli scontri tra gli ex democristiani. Il ribaltone dell'Udr di Cossiga aveva dichiaratamente questo fine: liquidare Berlusconi e creare le basi per la futura competizione tra centro e sinistra. Ciò si scontrava con la linea più morbida del Ppi di Marini che voleva far crescere il centro all'interno dell'Ulivo in modo da riequilibrare lo strapotere dei Ds, senza rompere la coalizione di centro-sinistra, quale alternativa al centro-destra in una visione bipolare del sistema politico.
Le ambizioni di Prodi, invece, sempre nella prospettiva di un sistema bipolare, erano quelle di superare nel corso del tempo le singole entità partitiche per creare un'unica forza politica sul modello del partito democratico americano, contenente al suo interno le diverse anime di centro e di sinistra. Egli si vedeva a capo di questa sua grandiosa creazione. Ma trombato da D'Alema come presidente del consiglio, svaniti i sogni di gloria di un grande Ulivo, l'imbronciato Prodi sta pensando bene di costruire un proprio partito con Di Pietro e alcuni sindaci.
Naturalmente tutti i tentativi degli ex democristiani sono contrastati dai Ds che non vogliono perdere la loro indiscussa egemonia, e che a loro volta pragmaticamente puntano a presentarsi come i nuovi moderati. Come se non bastasse all'interno di ogni partito e partitino ci sono ulteriori divisioni e ammiccamenti trasversali, è il trionfo della confusione totale e dell'indecenza del ceto politico borghese. Le elezioni europee, il referendum sulla legge elettorale e l'elezione del capo dello stato potranno essere le micce che faranno saltare in aria tutto.
Comunque evolveranno le alchimie della politica, una soluzione la troveranno sempre pur di tirare avanti la baracca, ma a una imprenscindibile condizione: continuare a togliere al mondo del lavoro e ai più deboli per dare al capitale, imprenditori e banchieri in testa. Soprattutto il governo D'Alema si sta prodigando su questa strada, dal "Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione", ai continui richiami a dilatare l'applicazione della flessibilità del lavoro, alla denuncia dell'insostenibilità dell'attuale impianto previdenziale. Il tutto condito dalle finte contrapposizioni con il sindacato, quest'ultimo già impegnato da molto tempo nel fare digerire la filosofia del capo del governo ai lavoratori.
La sinistra borghese dismessi gli abiti di difensori della classe lavoratrice, prerogativa opportunistica del vecchio Pci, si dimena nella melma della società capitalista in concorrenza e indistintamente dalle altre forze, al solo fine di mantenere il potere. Almeno chiarezza è stata fatta agli occhi dei proletari.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 1999
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