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Home ›Fine della guerra in Irlanda del Nord?
Dopo quasi trent’anni di scontri che hanno causato la morte di migliaia di persone, l’Irlanda del nord torna a sperare nella pace. Il tormentato processo di pacificazione, iniziato con la proclamazione unilaterale della sospensione delle operazioni militari da parte dell’Esercito Repubblicano Irlandese (Ira) nell’agosto 1994, ha subito nel corso degli ultimi mesi un’importante accelerazione.
Sono molti i motivi che hanno prodotto questa nuova fase nello scacchiere nordirlandese; non ultimo il cambiamento sostanziale nel quadro politico inglese. Grazie alla larga vittoria del partito laburista di Tony Blair è venuto meno il ruolo di ago della bilancia del partito unionista irlandese in seno al parlamento inglese. Infatti, a differenza dei suoi predecessori, il governo laburista nelle scelte politiche relative all’Irlanda del nord non è più vincolato ai pochi voti del Partito Unionista Democratico, fedele alla corona britannica, godendo di un’ampia maggioranza in parlamento. Un ulteriore impulso al processo di pace, è arrivato dall’impegno della diplomazia statunitense, pronta a scendere in campo con tutto il proprio peso per preparare il documento base intorno al quale consolidare il cessate il fuoco.
Tre decenni di guerriglia hanno profondamente segnato la vita politica ed economica delle sei contee che costituiscono l’Irlanda del nord. Storicamente relegata in una posizione di subalternità economica rispetto alla potenza inglese, l’Irlanda del nord ha subito in questi ultimi decenni un vero tracollo economico. Lo scontro politico-militare tra i gruppi cattolici-nazionalisti, favorevoli alla totale indipendenza dall’Inghilterra, e quelli protestanti-unionisti, da sempre fedeli alla corona britannica, ha di fatto spaccato le varie città e il paese intero in due blocchi fra di loro contrapposti.
Portavoce degli interessi di una parte della borghesia nordialandese, il nazionalismo cattolico è maturato nel corso dei decenni in un ambiente storicamente ostile alla corona inglese. In seno alla popolazione nordirlandese è da sempre presente il ricordo della crisi economica del secolo scorso, durante la quale, grazie ai provvedimenti di liberalizzazione delle barriere doganali prese dal governo britannico, persero la vita oltre un milione di persone ed altrettanti furono costretti ad abbandonare il paese per scappare dalla sicura morte per inedia. Su questo terreno di odio verso la corona inglese si è affermata la lotta del nazionalismo nordirlandese.
Come spesso è accaduto nella storia dei movimenti politici borghesi, anche in Irlanda del nord la politica nazionalista dei gruppi repubblicani ha trovato nella religione cattolica un perfetto mantello sotto il quale nascondere le proprie istanze reazionarie. L’inizio degli scontri avviene quando nel corso del 1968 sulla scena politica nordirlandese s’afferma un movimento che si batte contro le discriminazioni di cui sono vittime i cattolici. Appena qualche mese più tardi e a Londonderry scoppiano i primi disordini. Grazie all’effettive condizioni di disagio economico-sociale di ampi strati della popolazione irlandese, il movimento dei repubblicani cattolici ottiene un considerevole consenso in alcuni settori del proletariato e della piccola borghesia nordirlandese. Facendo leva su un reale disagio economico-sociale del proletariato d’ispirazione cattolico (ricordiamo che il tasso di disoccupazione del gruppo cattolico è due volte e mezzo di quello del gruppo protestante), l’Esercito Repubblicano Irlandese (Ira) è riuscito nel corso di questi decenni a reclutare numerosi giovani pronti a sparare e lanciare bombe in nome del nazionalismo irlandese.
Le istanze politiche dell’Ira pur non essendo mai andate oltre un reazionario nazionalismo per di più d’ispirazione cattolica, per il solo fatto di lottare per l’indipendenza dall’imperialismo inglese, sono state prese a modello da numerosi gruppi che costituiscono il variegato mondo del neo-riformismo. L’Ira, il suo braccio politico Sinn Fein, e i neo-riformisti di ogni risma “dimenticano” che le masse di diseredati sono presenti in maniera altrettanto consistente anche tra il proletariato di religione protestante. Se a Falls, il quartiere cattolico di Belfast, la povertà la fa da padrone, a Shankill, il quartiere protestante per eccellenza di Belfast, il tasso di disoccupazione supera l’80%, mentre ben il 70% della popolazione non possiede neanche un titolo di studio. Come insegna il marxismo rivoluzionario, la divisione della società non avviene sul terreno della religione (protestanti o cattolici) o della sovrastruttura ideologica in genere, ma avviene sul terreno dello scontro di classe tra borghesia e proletariato. Il problema vero non è quello di difendere gli interessi religiosi o nazionali del “popolo” nordirlandese contro l’odiata Inghilterra, così come ha sempre fatto l’Ira o il Sinn Fein di Gerry Adams, ma far emergere in tutta la sua nettezza l’unica frattura reale tra la borghesia e il proletariato (cattolico o protestante che sia) nordirlandese.
L’Ira e il Sinn Fein, così come i partiti unionisti protestanti, nella diversità delle posizioni politiche non hanno mai abbandonato il terreno di difesa degli interessi della borghesia nordirlandese, utilizzando per i loro sporchi giochi di guerra l’ingenuità politica di migliaia di giovani proletari.
Dopo anni di scontri la pace sembra a portata di mano. A dare una svolta decisiva al processo di pace, oltre ai cambiamenti politici sopra menzionati, vi sono i profondi mutamenti intervenuti nell’ambito del sistema capitalistico internazionale. Con i processi di globalizzazione la lotta per la conquista di nuovi mercati in cui il costo della forza-lavoro sia più basso si è fatta più accesa; in questa prospettiva l’Irlanda del nord è un’area molto appetibile per il grande capitale internazionale, un’occasione da non perdere per realizzare nel breve-medio periodo notevoli profitti. Ma la pace è condizione imprescindibile affinché possa concretizzarsi l’afflusso dei capitali internazionali ed inglesi in particolare.
Grazie all’opera del mediatore statunitense Mitchell, che ha redatto il documento base del cessate il fuoco, il governo laburista di Tony Blair e quello dell’Irlanda del sud di sono riusciti ad ottenere dai vari raggruppamenti politici l’impegno del rispetto di un periodo di assoluto blocco delle operazioni belliche. I punti più importanti dell’accordo siglato la notte di Pasqua, prevedono l’abrogazione nella costituzione irlandese e nella legge costituzionale britannica degli articoli che rivendicano l’unità dell’isola e l’inclusione di articoli che dovranno prevedere il principio dell’indipendenza della popolazione nordirlandese, la creazione di nuove istituzioni come l’assemblea e il consiglio nordirlandese e la totale parità tra i gruppi cattolici e protestanti. Per dare all’accordo una valenza “popolare” è stato previsto un referendum con il quale il prossimo 22 maggio si dovrà decidere se approvare o meno lo stesso accordo. Forse la borghesia nordirlandese e inglese, dopo aver imposto al proletariato una sporca guerra, riusciranno a pacificare l’Irlanda del nord; ma la fine della guerra non significa assolutamente risoluzione dei problemi per il proletariato, il quale sarà chiamato a pagare con un supersfruttamento e con salari da fame il costo della pace.
PLBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 1998
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