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Home ›Quote-latte ed Europa sempre meno verde
In agitazione le mezze classi agricole strette nella spirale della crisi capitalistica
La diatriba Governo-allevatori sulle quote latte si è allargata (fra lanci di letame, blocchi stradali e ferroviari, sfilate di trattori e mucche) a tutto il mondo agricolo evidenziando i gravi problemi (olio d'oliva, cereali, vino, bietole, ecc.) e rinvigorendo le proteste di piccole e medie aziende.
L'aggrovigliata matassa, così presentata alla pubblica opinione dalle "spiegazioni" di stampa e Tv, merita qualche attenzione, dando per scontata l'egoistica visione piccolo borghese dei protagonisti. Quanto alla determinazione della lotta e di buona parte dei metodi, non saremo certo noi a deplorarla, anche se una differenza c'è: gli operai non hanno che la forza delle braccia mentre gli allevatori portano in piazza quella dei loro pur notevoli capitali.
Nel numero 12 di "Battaglia" abbiamo fornito un quadro generale della situazione; entriamo ora nei particolari dell'ennesimo scandaloso imbroglio del capitale, questa volta agricolo, all'interno delle contraddizioni che scuotono l'attuale modo di produzione, dall'industria alla finanza e alle...stalle.
Quando nel 1984 fu negoziato a Bruxelles il sistema delle quote per contenere la produzione europea di latte, all'Italia fu assegnato un totale di 9 milioni di tonn. sulla base di dati statistici Istat avvallati dall'allora ministro dell'agricoltura F.M.Pandolfi e poi da Mannino, Goria e altri, sempre democristiani. Dati grossolanamente errati per difetto (in Italia si produceva infatti molto di più) ma accettati da Confagricoltura e Coldiretti nella certezza, alimentata dallo stesso Pandolfi, che nessuno in Italia avrebbe pagato multe.
I successivi Governi non riuscirono più a rendere credibili le cifre, sempre fasulle, risultanti da quello che era ormai diventato un colossale raggiro. Nel 1993 la quota latte italiana fu aumentata del 10 per cento e portata a 9,900 milioni di tonnellate. La cosiddetta "lobby del Sud" favorita dal nuovo ministro Adriana Poli Bortone (questa volta di AN) godette di buona parte dell'aumento. E con una legge del febbraio '95 furono persino tagliate del 70 per cento le quote di alcuni produttori al Nord, retroattivamente agli anni '91-'92. (Un Nord che ha comunque gareggiato in imbrogli con il Centro-Sud.)
Delegata al controllo del settore è stata l'Aima, dal 1966 azienda di Stato. Ufficialmente l'ente ha il compito di ritirare le eccedenze agricole rimborsando i produttori con denaro pubblico, italiano o europeo. Il sistema di gestione dei bollettini per le singole quote, esercitato assieme all'Unalat (cioè agli stessi produttori sui quali si doveva vigilare!), non è stato solo fallimentare ma si è inserito nella miglior tradizione mafiosa. E dopo gli ultimi 160 mld di lire "inventati" per servizi di informatica, l'Aima non è assolutamente in grado di censire i produttori di latte.
Le eccedenze di cereali ritirate nella metà degli anni Sessanta hanno costituito un vero affare per il clientelismo della Democrazia Cristiana, e fanno parte di una lunga storia di saccheggi e truffe con una media annuale di 10 mila mld (9 mila dai fondi europei e mille dallo Stato italiano). Il 10 per cento di queste somme è da tutti ufficialmente riconosciuto come "rubato". Le frodi si sono moltiplicate nel settore allevamenti e quote latte, dove magistratura e Guardia di Finanza - già da un anno impegnate nelle indagini - stanno portando alla luce reati di ogni genere, compresi i contributi distribuiti ad allevatori con stalle vuote (le famose quote di carta, veri e propri libretti di risparmio al portatore) o addirittura inesistenti.
Nel 1994 alcuni accertamenti segnalavano già parecchie tonnellate di latte prodotte in più (o che tali figuravano). Ma tutto rimase bloccato, compresa la mai allestita "anagrafe lattiero-casearia" (decreto legge del dicembre '90 convertito in legge nel febbraio '91).
Intanto dalle stalle sparivano molte mucche reali (o meglio se ne denunciava l'abbattimento con la prova di un orecchio mozzato) poiché il Governo premiava le riduzioni e l'abbandono della produzione di latte: 800 mila lire per ogni capo abbattuto, 400 lire per ogni chilo di quote tagliate. Crescevano invece le mucche astratte, di carta; a mungerle si affollavano ministri accomodanti, commissari farabutti, allevatori senza scrupoli. Su questo importante serbatoio di voti vegliava amorevolmente la DC, e i partiti dell'arco costituzionale stavano a guardare.
Una parte di allevatori vendeva ad altri le proprie quote di latte e poi continuava a produrle; molte vacche erano in grado di fornire fino a 159 quintali annui di latte, tre volte la media europea. Mucche scheletriche della Sardegna vantavano una produzione dieci volte superiore alle mucche pezzate padane. Frodi e trucchi, complicità dei controllori e convivenze delle lobby parlamentari: tutto ad onore e vanto del capitale e del potere borghese. Col risultato che il latte veramente prodotto in Italia risulterebbe addirittura inferiore al tetto assegnato dalla Cee; grazie al mercanteggiamento delle quote risulta invece ben più alto il quantitativo, fatturato, del latte commercializzato.
Per gli anni '91-'93 l'Italia paga una multa, ridotta, di 3.900 mld dilazionata in 4 anni, rinunciando a 1.000 mld annui di benefici comunitari e a scapito di altri settori. Per la campagna '96-'97 si prevedono multe ben più salate dei 370 mld del 94-95. Nota bene: le multe vengono raccolte nelle casse degli industriali del latte, per legge delegati al prelievo come sostituti d'imposta.
Nel prossimo numero del giornale allargheremo la nostra analisi critica a tutto il settore agricolo, dove sta dilagando una crisi senza precedenti di sovraproduzione. Ovunque si accumulano tonnellate di prodotti alimentari che non possono essere distribuiti sul mercato, cioè venduti, perchè hanno prezzi non competitivi con gli stessi prodotti provenienti, per vie dirette o indirette, dal resto del mondo. Concludendo con il latte, quale sarà il futuro degli attuali tetti produttivi, visto che l'Europa, secondo dati Fao, produce già abbondantemente al di sopra della domanda del suo mercato interno? La concorrenza mondiale si fà feroce, con Nuova Zelanda e Australia che vantano quote rispettivamente del 18,5 e del 10 per cento. Non reggerà a lungo il contingentamento europeo, di cui va segnalata la esemplare "equità" stabilita dai più forti: mentre le quote-latte di Germania, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda e Regno Unito sono molto superiori al fabbisogno interno (fino a 7-8 milioni di tonn. in più), l'Italia è costretta a produrre 5 milioni di tonn. in meno del suo consumo. Sotto la pressione di vantaggiose importazioni (i nostri maggiori fornitori sono Francia e Germania con 540-570 lire al litro, e il mercato mondiale con 439 lire) il prezzo del latte pagato agli allevatori italiani dalle grandi industrie di trasformazione è sceso a 630 lire più Iva. Gioisce l'Assolatte con Galbani, Parnalat, Danone, Nestlè, Polenghi e Cirio. Piangono gli allevatori; i consumatori pagano per il giusto profitto del capitale e le masse affamate di mezzo mondo guardano lo sviluppo globale del mercato e gli effetti drammatici del modo di produzione capitalistico in abito neoliberistico.
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 1998
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