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Home ›E’ già crisi del bipolarismo
Repubblica borghese significa dispotismo assoluto di una classe su un’altra classe.
Marx
Ancor prima della minaccia di crisi nella maggioranza di Governo, l’opposizione litigava sul futuro del bipolarismo. Fra ribaltoni, defezioni, inciuci, isolazionismi secessionisti e inviti a cena nel Palazzo, a proclamarne addirittura la fine era il suo fondatore, Berlusconi, monarca orfano di potere e con un Polo delle Libertà traballante.
Anche il sistema elettorale maggioritario, imposto per favorire una migliore efficienza e stabilità governativa, viene ora denunciato come un mezzo per favorire le rendite politiche di larghe schiere di onorevoli parassiti parlamentari. E poiché il bipolarismo presuppone un bipartitismo che in Italia non c’è, si è subito discusso per ridare la parola al popolo sovrano nella scelta di altre “persone serie che vogliono il bene del Paese”. (Berlusconi). Manovra che presupporrebbe una nuova legge elettorale in grado di isolare le più deboli o litigiose fazioni borghesi, cioè una minaccia che ha messo in agitazione per primo Bertinotti.
Ora che la grande finzione inscenata dalla borghesia internazionale e dai partiti della nostra Prima Repubblica (quella di un conflitto tra un presunto marxismo e il capitalismo) è finita in un fiasco, il confronto politico inter-borghese e il gioco delle rappresentanze e alternanze si rivela per quello che é: una lotta fra le bande della classe dominante per la conservazione di vecchi interessi e privilegi e per la conquista di nuovi. Tutti uniti, però, contro il proletariato. E per il supremo interesse del Paese ci si aggrappa alle esigenze di un “sano pragmatismo” e di una “razionale flessibilità politica”.
Un esperto bipolarista come il senatore-professore S. Vertone (dalle file staliniste a quelle liberal-democratiche) arriva ad ammettere che ormai nelle grandi democrazie
le cose non cambiano in modo sostanziale poiché i vincenti di turno, volta per volta, finiscono col realizzare la politica dei perdenti. E viceversa.
Corriere della Sera, 10-9
Siamo in un’epoca in cui la pietanza è sempre la medesima, conclude l’onorevole; e noi, costretti appunto a pane e mortadella, gli chiediamo allora di quale alternanza va parlando, di quale “scelta di cose giuste da fare e di persone adatte per farle”. Visto e considerato che le opportunità offerte dal momento storico (per il capitalismo e per la classe borghese, giacché personalmente il professore ha prontamente colto le sue) hanno assunto da tempo le fosche tinte della crisi economica e dell’imbarbarimento sociale.
Crisi del capitalismo e delle sue sovrastrutture politiche. Tra le ammuffite sacralità dei massimi baracconi istituzionali si intravedono gli osceni contenuti. Cominciando dalle repliche dell’avanspettacolo parlamentare e dalle recite fallite della sua opposizione costituzionale. Il cretinismo parlamentare dilaga in una palude di chiacchiere e dispersivi manovrismi, e finisce col disturbare gli stessi affari capitalistici. Da qui la necessità, in parte ancora irrisolta, di un rafforzamento ...democratico del potere esecutivo, per renderlo più accentrato e più agile, più in linea con le esigenze di una accumulazione capitalistica in piena crisi. Un esecutivo forte, snellito nelle sue funzioni, rapido nelle decisioni, magari sostenuto da un partito d’emergenza nazionale con la partecipazione dei soliti personaggi politici di ogni colore e provenienza. Un potere che abbia l’appoggio di “quelli che contano”: imprenditori, banchieri, intellettuali di prestigio, uomini di Chiesa, magistrati, eccetera.
La democrazia borghese non si regge formalmente senza una opposizione ufficiale. Ma, in caso di necessità, le teorie dei pesi e contrappesi, degli assetti costituzionali, delle culture politiche, ecc. sono pronte ad affermare che, pur mancando le alternanze, i “costumi liberali” possono non essere corrotti. Non hanno forse governato per 18 anni i conservatori britannici (10 con la Thatcher) facendo grande la libera democrazia inglese?
Il passato insegna. Ricordiamo le pagine di Marx dal “18 Brumaio” e dalle “Lotte di classe in Francia”, quando il potere parlamentare, legislativo, viene affossato dal potere esecutivo e dallo Stato. Come scriveva Marx, la lotta dei partiti borghesi per il potere è lotta per il possesso dell’enorme edificio dello Stato, da tutti considerato il bottino principale del vincitore. E non è la prima volta che queste battaglie interne fra le fazioni borghesi degenerino fino a ostacolare gli interessi generali del capitale; e che “gli ideologi della borghesia e la borghesia stessa, i rappresentanti e i rappresentati, diventano estranei gli uni agli altri e non si comprendono più”. (Marx)
Così la borghesia annaspa fra coalizioni che scricchiolano a ogni levar del sole, alleanze rissose, mercanteggiamenti sottobanco e ricatti improvvisi. E così le maggioranze, ristrette o allargate, si trascinano a fatica, con una instabilità governativa che disturba il capitale nelle decisioni più urgenti e importanti per la sua conservazione. Sempre e comunque al servizio dei bisogni della borghesia, ma impacciate dalle infinite mediazioni partitiche e clientelari.
Il compito nostro è aiutare in tutti i modi il proletariato a comprendere che il rafforzamento del potere esecutivo, cioè della dittatura della classe borghese e delle misure di repressione dei contrasti sociali, fà parte dello sviluppo progressivo del capitalismo. È la vecchia talpa della rivoluzione - sempre lei! - che
spinge alla perfezione il potere esecutivo, lo riduce alla sua espressione più pura, lo isola, se lo pone di fronte come l’unico ostacolo per concentrare contro di esso tutte le sue forze di distruzione
Marx
Prepariamoci dunque per l’epilogo finale. Questa volta non come semplici spettatori.
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Ottobre 1997
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