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Home ›Stragi di stato e conflitti interborghesi
Nelle accanite lotte interbrghesi anche le stragi di stato diventano un’arma
Era nel senso comune dell’opinione pubblica italiana che la strategia della tensione, inaugurata con la strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969, fosse il frutto di un preciso disegno di potentati economici e politici interni ed esterni. Alla fine degli anni sessanta, in una fase storica dove la guerra fredda tra le superpotenze era pienamente operante, il pericolo dell’ascesa al potere del Pci e quindi di un possibile passaggio dell’Italia sotto l’influenza sovietica era un pericolo allarmante per l’imperialismo americano da evitare ad ogni costo.
Lo stragismo doveva servire allo scopo creando un clima di paura e arroccare i cedi moderati intorno alla Democrazia cristiana per la conservazione dello status quo, intercettandone le sia pur deboli tentazioni innovative. Inoltre in quel periodo si era aperta la stagione delle lotte operaie, le bombe dovevano ammonire che non bisognava oltrepassare un certo limite e che la vigilanza del grande vecchio (leggi Cia) era costante e allo stesso tempo scoraggiante.
Gli eventi materiali hanno sconquassato i vecchi equilibri e i nemici di ieri sono diventati gli amici di oggi, e viceversa. Dopo il crollo del muro di Berlino gli ex comunisti, si fa per dire, ribattezzatisi in Pds hanno conquistato la fiducia e la stima dell’amministrazione Clinton, mentre i vecchi notabili democristiani sono stati scaricati come vecchi arnesi ormai inservibili. Ancora una volta si è dimostrato che le ideologie sono strumenti per qualsiasi uso e consumo, malleabili per mistificare la realtà e ingannare la classe lavoratrice. Ciò che veramente conta ed è determinante sono gli interessi economici, mantenere i rapporti di classe saldamente sotto controllo è la condizione necessaria affinché i predoni imperialisti, sebbene in competizione e spesso in duro conflitto tra di loro, si possano spartire il plusvalore rapinato alla classe operaia internazionale.
Io scontro senza quartiere tra le forze politiche in Italia in questi ultimi anni è il prodotto della crisi economica capitalistica. Alle vecchie e logore forze politiche come Dc e Psi, la grande borghesia ha fatto in modo che, attraverso l’operazione mani pulite, si sostituisse il partito di D’Alema. Evidentemente ritenendo esso solo, con la complicità del sindacato, in grado almeno di cominciare la ristrutturazione della macchina statale in funzione antiproletaria a sostegno del capitale. Sia dal punto di vista dei tagli alla spesa pubblica, sia per quanto riguarda la riorganizzazione burocratico-amministrativa e costituzionale.
Ciò non poteva avvenire in modo indolore, infatti in concomitanza a mani pulite si riannodava il filo delle stragi di stato che coinvolgevano i vecchi poteri, dai partiti, ai servizi segreti, alla magistratura. Non a caso nel 1992 si riaprivano le inchieste ad opera della magistratura milanese, vicina all’attuale governo, confermando oggi a pochi anni di distanza quanto non era stato fatto nei decenni precedenti, cioè che i fascisti di Ordine nuovo e i sevizi segreti furono il braccio operativo delle stragi, che polizia e magistratura depistarono e coprirono i responsabili, che i registi erano esponenti di spicco della Dc e delle varie amministrazioni americane attraverso l’attiva pianificazione e coordinamento delle operazioni da parte della Cia.
In sostanza siamo di fronte al tentativo della cosiddetta seconda repubblica di ripulire l’apparato statale dalle vecchie incrostazioni più corrotte e compromesse, ancora ben presenti al suo interno e di cui il berlusconismo ne rappresenta in fin dei conti la continuità, e di impedirne eventuali rigurgiti. La sostituzione di strutture e personaggi segue il progetto di costituire una nuova centralità, dopo la Democrazia cristiana, imperniata sul Pds. Che questo si possa realizzare, soprattutto in modo pacifico, non sarà cosa semplice date le circostanze dell’epoca presente. La crisi, le spinte secessioniste, la disgregazione sociale sono componenti di incertezza e di instabilità.
Il nocciolo della questione è che intrallazzi, corruzione, terrorismo di stato e quant’altro, non sono deviazioni dal normale funzionamento, ma il modo di essere di qualsiasi stato classista. La borghesia a seconda delle situazioni utilizza gli strumenti più idonei alla propria conservazione. Proprio come fa oggi nelle mutate circostanze servendosi della sinistra borghese quale faccia più presentabile di questo sistema. Ciò non toglie che lo stato, quale strumento di oppressione della classe dominante sugli sfruttati, indipendentemente se a gestire il potere è la destra o la sinistra, non mancherà di utilizzare i suoi strumenti repressivi nel caso il proletariato rompesse la pace sociale contro i continui attacchi del capitale.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-agosto 1997
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