La borghesia non riesce a schiacciare il bolscevismo - Tutto il potere ai Soviet

Tratto da “1917”, opuscolo prodotto dalla CWO. Seguite la sezione del sito dedicata al centenario della Rivoluzione d’Ottobre dove potete trovare l’introduzione, i primi tre capitoli di questo opuscolo, i capitoli successivi e tanto altro materiale che inseriremo nel corso del 2017… Buona lettura!

La borghesia non riesce a schiacciare il bolscevismo

Questo aspetto venne ulteriormente evidenziato dopo le giornate di luglio. Facendo circolare la menzogna che Lenin fosse una spia tedesca e che i bolscevichi fossero pagati dal governo tedesco per distruggere l’esercito russo, il governo provvisorio persuade molte delle unità di Pietroburgo a tornare nei ranghi. Allo stesso tempo il governo provvisorio approfitta del supporto del Comitato Esecutivo dei Soviet per far rientrare dal fronte alcuni reparti leali allo sforzo bellico. Mentre la Pravda annunciava la fine delle manifestazioni, il 5 luglio la repressione era già iniziata. Gli uffici della Pravda sono sequestrati e le macchine da stampa distrutte (Lenin aveva abbandonato il palazzo poco prima dell’arrivo dei reparti governativi). Viene ordinato l’arresto di Lenin, Kamenev e Zinoviev. Centinaia di bolscevichi sono fermati e si verificano numerosi linciaggi di bolscevichi. Reazionari di ogni tipo strisciano fuori dai nascondigli per partecipare alla persecuzione dei bolscevichi. In questo sono spalleggiati dai leader menscevichi del governo provvisorio Tsereteli e Dan, che ordinano perfino la chiusura di un giornale menschevico (Novaya Zhin) diretto da Gorki. Tutto ciò porta solo all’aumento degli attacchi contro i lavoratori e ben presto gli stessi Menscevichi e Socialisti Rivoluzionari si vedono aggrediti dagli antisemiti e dai protofascisti del movimento “Centoneri”, o “Centurie Nere”, che sotto lo Zar erano già stati usati come strumento di terrore contro i lavoratori. Questa sfacciata reazione servì però solo a sottolineare agli occhi dei lavoratori la natura proletaria del Partito Bolscevico.

Di fatto i Bolscevichi attraversano una temporanea crisi di fiducia, durante la quale alcuni dei loro sostenitori nelle fabbriche si dissociano dal Comitato Centrale mettendosi a disposizione del Comitato Esecutivo dei Soviet nell’attesa che il peggio passasse.

Visti gli intenti omicidi della borghesia e la sua convinzione che “i Bolscevichi sono distrutti…”, è sorprendete che i bolscevichi siano riusciti sopravvivere. La ragione principale sta nel sostegno del quale godevano tra le masse, che mai si ruppe neanche durante i picchi raggiunti dalla repressione. I bolscevichi fino ad allora avevano ampiamente sostenuto gli interessi proletari, in particolare nella lotta contro la guerra, e non potevano ora abbandonare le masse a loro stesse. Il governo addossò tutta la colpa delle giornate di luglio ai Bolscevichi, ma la repressione attuata da un governo reazionario per il fatto di essere stati con le masse non fece che confermare nelle roccaforti operaie di Pietroburgo il sostegno di cui godevano all’interno del proletariato. È per questo che la maggior parte dei 32.000 bolscevichi di Pietroburgo possono trovare rifugio nel quartiere di Vyborg e in altri distretti operai in cui la polizia non osava spingersi.

Nonostante molte fabbriche fossero state assaltate alla ricerca di armi, ben poche ne furono trovate e Kerenskij (diventato primo ministro il 7 di luglio) sapeva che, se si fosse spinto oltre, avrebbe rischiato di fare scoppiare una guerra civile a tutti i livelli.

In più i leader dei soviet consigliavano uno stop alla repressione visto che la sua natura reazionaria rischiava di aiutare il proletariato a capire con chiarezza che in Russia i bolscevichi erano l’unica genuina forza proletaria.

La debolezza della repressione nei confronti dei Bolscevichi può essere misurata dal fatto che solo uno dei membri del Comitato Centrale fu imprigionato (Kamenev) e, nonostante fossero rimasti nascosti fino ad ottobre, Lenin e Zinoiev furono comunque in grado di partecipare ai dibattiti nel partito. Già il 7 luglio il Comitato di Pietroburgo era di nuovo in grado di pubblicare volantini e le adesioni, al posto di diminuire, ricominciano a crescere rapidamente non appena gli apparati del Partito si riorganizzano. Il 26 luglio, “in un’ampia sala riunioni privata nel cuore del distretto di Vyborg”, si apre il 6° Congresso del Partito Bolscevico e per 5 giorni il dibattito sul nuovo corso del Partito continua indisturbato. Il Partito aveva appreso come fosse necessaria una più forte centralizzazione all’interno dei propri ranghi. L’organizzazione militare fu posta sotto una più stretta supervisione da parte del partito, il loro giornale preso sotto il controllo del Comitato Centrale (per rimpiazzare la Pravda) e i suoi leader furono sottoposti a dure critiche per l’avventurismo espresso durante le giornate di Luglio.

Tutto il potere ai lavoratori

Il punto focale dell’agenda del 6° Congresso fu però quale dovesse essere il passo successivo per la classe operaia. I sostenitori di Lenin fecero circolare un testo dal titolo “Sugli Slogan” il cui obbiettivo principale era di segnalare come i giorni di luglio avessero dimostrato non più possibile una via pacifica verso la rivoluzione. Dato che i leader dei menscevichi e dei socialisti rivoluzionari dei soviet erano irrimediabilmente compromessi con la borghesia, non si poteva sperare che i soviet (rappresentati ancora da una maggioranza controrivoluzionaria, ndr) si potessero semplicemente sostituire al governo. Questo era dimostrato dal fatto che invece di prendere il potere - che i dimostranti di luglio sapevano essere lì pronto a cadere - i menscevichi hanno appoggiato la repressione voluta da Kerenskij contro i lavoratori. Lenin concludeva quindi che non vi fosse (al momento, ndr) motivo per invocare “Tutto il potere ai soviet”, visto che in quel proprio i soviet momento rappresentavano il maggior ostacolo.

Per tutti i vari liberali, reazionari, ecc., il desiderio di Lenin di abbandonare lo slogan rappresenta la conferma della loro idea che i bolscevichi non credessero poi molto nei soviet come forma di democrazia proletaria. Si può però arrivare a questa conclusione solo ignorando la struttura delle argomentazioni di Lenin e la natura del dibattito su tale punto nelle settimane successive. Lenin prima di tutto mette in chiaro che avrebbe preferito l’assunzione del potere da parte dei soviet con chiunque avesse ottenuto la maggioranza:

Una evoluzione pacifica sarebbe stata a quel punto possibile, anche nel senso che la battaglia tra le classi e tra i partiti all’interno del soviet, avrebbe potuto assumere una forma molto più pacifica e indolore, sempre che il pieno potere statale fosse passato ai soviet in tempi opportuni.

Sugli slogan, lavori selezionati, Vol. II, pag. 149

Ma la questione chiave che il partito di classe doveva considerare era innanzitutto come ribaltare le ultime vestigia del potere statale borghese prima dell’emersione delle condizioni per l’instaurazione di una democrazia proletaria. Con la leadership dei soviet trincerata nel suo sostegno al governo provvisorio e con i bolscevichi supportati più nelle fabbriche che nei soviet (alcuni menscevichi già ammettevano che il sostegno ai bolscevichi nei soviet non era propriamente rappresentato), Lenin concluse che i soviet, almeno in quel momento non erano di nessuna utilità per il proletariato rivoluzionario. Ma non era contro il principio dei soviet:

I soviet appariranno in questa nuova rivoluzione, e vi saranno legati, ma non gli attuali soviet, non gli organi che collaborano con la borghesia, ma organi di lotta rivoluzionaria contro la borghesia. È vero che anche in quel momento dovremmo essere a favore della costruzione l’intero stato sul modello dei soviet. Non è la questione dei soviet in generale, ma di combattere la presente controrivoluzione e il tradimento degli attuali soviet.

op. cit., pg. 153

Oppositori di Lenin quali Volodarskij chiarirono di accettare l’analisi di Lenin sulla natura politica dei soviet, ma che non accettavano che questa non potesse essere rivista. Stando a Pietroburgo (e non nascosti in Finlandia) potevano vedere che dalla la fine di luglio il peso dei bolscevichi nel soviet locali stava crescendo rapidamente. Sempre più menscevichi disertavano i loro partiti collaborazionisti in favore dei bolscevichi. Fu però concordato di formare un comitato che si occupasse di seguire la questione degli slogan di partito. Nonostante i bolscevichi per un mese intero non avessero invocato “Tutto il potere ai soviet”, la cosa non ostacola l’ulteriore lavoro di supporto e di radicamento negli stessi. L’obbiettivo del dibattito sugli slogan era di avvertire l’intero partito che la questione dell’insurrezione era sempre più imminente. In tale dibattito Lenin mette in chiaro che:

…il potere è nelle mani dei “Cavaignacs” (Kerenskij, alcuni altri generali, ufficiali etc.) che sono appoggiati dalla borghesia e guidati dal partito dei cadetti…

op. cit, pag. 152

Cavaignac era il generale che ha macellato i lavoratori parigini nel giugno del 1848. La borghesia russa pensava di aver trovato il proprio “Cavaignac” un mese più tardi, nella persona del generale Kornilov. Questo avrebbe messo i bolscevichi di fronte alla loro terza più grande prova del 1917.

Domenica, June 18, 2017