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Home ›Sulla politica economica del governo lega-stellato
Dobbiamo innanzitutto chiarire che i dati contenuti in questo articolo fanno riferimento al disegno di legge Def e al decreto fiscale presentati il giorno 15 ottobre dal governo e successivi dibattiti fino a fine ottobre. Il contenuto reale della manovra si conoscerà solamente all’indomani della votazione finale di dicembre e potrebbe risultare fortemente diverso.
I fattori economici e politici che si scontrano e che, nella reciproca interazione, andranno a definire i caratteri finali della manovra sono molteplici e su più piani: le necessità di dare seguito alle promesse elettorali al fine di non perdere il proprio elettorato e magari estenderlo; la prospettiva delle elezioni europee di maggio dove il sovranismo nostrano accarezza il sogno di fare la parte del leone; l’idea di sviluppo e crescita che i lega-stellati vorrebbero affermare attraverso i contenuti caratteristici della manovra; il configgere di questa idea con le esigenze concrete di ampi settori della borghesia italiana; e quindi anche il discorso della rappresentanza politica governativa rispetto agli interessi compositi della borghesia; lo scontro tra il governo e le istanze della Banca Centrale e degli organismi governativi europei; la supposta “alterità” del modello sovranista lega-stellato rispetto ai dettati neo-liberisti di FMI, BCE etc.; infine le conseguenze nel medio e lungo periodo che potrebbero avere l’applicazione della manovra stessa così come al momento è stata configurata.
Cerchiamo, nei limiti di questo articolo, di sviluppare qualche ragionamento politico attorno a questi temi.
Al fine di consolidare il proprio consenso elettorale, da rigiocarsi nelle Elezioni Europee di maggio, il governo DiMaio-Salvini ha presentato un disegno di Decreto di Economia e Finanza che ha le seguenti caratteristiche:
- 9 miliardi per il “Reddito di cittadinanza”: dovrebbe partire ad aprile 2019 dando un massimo di 780 euro al mese a circa 5mln di poveri (se in affitto e con ISEE zero, sennò meno). La cifra stanziata, in ogni caso, sembra inferiore al bisogno reale per l’applicazione della misura. Questo sussidio sarà legato all’erogazione di 8 ore di lavoro gratuito per lo Stato, alla partecipazione ai corsi di formazione organizzati dai Centri per l’Impiego e all’accettazione di almeno 1 tra tre lavori proposti periodicamente, pena la decadenza del beneficio. Non è chiaro quanto possa essere distante il lavoro proposto, né come sarà retribuito, probabilmente ci sarà l’assunzione a termine da parte di un padrone pubblico o statale con la piena decontribuzione e il salario di riferimento a 780 euro.
- 1 miliardo verrà utilizzato per la riorganizzazione dei centri per l’impiego, attualmente non attrezzati per questo tipo di intervento e privi di alcuna proposta di lavoro da sottoporre.
- Per finanziare il tutto (10mld) verranno rastrellati i fondi dai precedenti sussidi: 2,5mld dal “Reddito di Inserimento”, 1,3mld da “Garanzia Giovani”, 1,5mld dalla NASPI: ne mancano 4,7.
- 6,5 mld dovrebbero andare a finanziare la “Flat Tax” per le Partite IVA che fatturano meno di 65mila euro, dal 2020 il tetto dovrebbe arrivare a 100mila euro. L’intervento è rivolto ad una platea di circa 1,2 milioni di artigiani, commercianti e professionisti che verrebbero sottoposti ad una tassazione unica del 15%, regalo ai padroncini che porterà nel medio periodo ad una pesante riduzione delle entrate per lo Stato e quindi alla necessità di ritoccare le spese per Scuola, Sanità, Trasporti, Servizi vari.
- Dallo stesso capitolo di spesa dovrebbero venire i fondi per passare a “quota 100”, l’intervento più contestato in sede di Commissione Europea. Per ridurre l’impatto di questa voce, che dovrebbe portare al pensionamento di circa 400mila lavoratori (previsione governativa), il Governo potrebbe incrementare il calcolo contributivo (con un abbattimento netto dell’assegno mensile) per contenere la spesa dei nuovi pensionamenti entro il tetto stimato.
- Vi è poi lo stralcio delle cartelle dell’agenzia di riscossione sotto i mille euro.
- Sul fronte delle entrate ci dovrebbero invece essere quelle del Condono Fiscale con la tassazione al 20% del nero non dichiarato negli anni precedenti (massimo 100mila euro l’anno, 1/3 della dichiarazione dei redditi). La fattura elettronica. Il taglio delle pensioni sopra i 4.500 euro che avviene non per innalzare le minime ma per fare cassa. Il taglio dei fondi destinati all’accoglienza degli immigrati pari a 1,5mld in 3 anni, tanto per rimarcare chi sono i “parassiti” per il Governo.
- Di Maio ha infine dichiarato che non ci saranno fondi per investimenti in sanità, scuola e servizi.
- Una manovra finanziata, dunque, fortemente in deficit, con un rapporto Deficit/PIL che dovrebbe toccare il 2,4%, oltre ogni aspettativa dell’Europa e dei Mercati Finanziari che, difatti, reagiscono in maniera fortemente negativa spaventati dalla possibilità (piuttosto concreta) che questa manovra non salvaguardi gli investimenti capitalisti del futuro, andando a penalizzare i profitti, visto che lo scoperto della manovra, allo stato attuale, si aggira intorno ai 20mld.
Le banche già tremano rispetto ad un innalzamento dei tassi di interesse che le penalizzerebbe, e il Governo le rassicura affermando che è pronto a eventuali salvataggi: nuovi denari pompati dall’Erario Pubblico per sostenere i profitti privati.
Prima di passare ad alcune riflessioni di carattere politico ha senso soffermarsi un momento sul Paese che vorrebbero modellare attraverso questa manovra: migliaia di lavoratori garantiti andranno in pensione tanto nel privato quanto nel pubblico, lasciando vuote numerosissime posizioni che verranno occupate da nuovi, giovani, lavoratori precari, assunti con il Job Act (che infatti non è stato toccato, quindi tutti licenziabili in qualsiasi momento) se va bene. Ma il termine di riferimento dei nuovi salari saranno i 780 euro del Reddito di Cittadinanza: le Agenzie per l’Impiego, che oggi non hanno uno straccio di proposta di lavoro al Sud e pochino al Nord, dovrebbero diventare il centro di collocazione per queste migliaia di posti di lavoro stabile lasciati liberi dai pensionamenti. Il risultato sarà un colossale livellamento verso il basso del monte salari con un aggravio delle casse dell’INPS, che comporterà una riduzione nell’erogazione dei servizi Statali per far quadrare i conti, e centinaia di migliaia di giovani precari e scarsamente qualificati che andranno ad occupare le posizioni libere fungendo sia da fattore di abbassamento salariale che di ricatto per chi è già assunto. È ciò a cui stanno preparando milioni di giovani studenti attraverso il sistema nazionale di formazione che ormai li ha abituati con gli stage e l’Alternanza Scuola Lavoro, a lavorare gratis a qualsiasi condizione e in silenzio, perché una cosa su tutte non viene tollerata: chi rompe le scatole.
Qualcosa pagherà chi ha pensioni sopra i 4.500 euro l’anno, moltissimo pagheranno gli immigrati che vedranno quasi azzerarsi i fondi destinati alla loro accoglienza andando a peggiorare pesantemente le condizioni generali di disagio e marginalità. In questo quadro va inserito il Decreto Sicurezza di Salvini teso a gestire sul piano dell’ordine pubblico le contraddizioni generate dal sistema, dalla crisi capitalista, dalla gestione governativa.
In ogni caso, dopo i rilievi della Commissione Europea, è prevedibile un ritocco al ribasso della spesa, magari per portare il deficit al 2,1% o 2% il che non significherà altro che ridurre i pochi aspetti positivi della manovra per il proletariato (soprattutto la possibilità di andare in pensione subito e con un assegno un poco più alto) marcando ulteriormente quelli anti-proletari.
Dal punto di vista politico è necessario affermare che:
- Né questa né altre manovre potranno migliorare le condizioni della classe lavoratrice destinata, nella spirale della crisi a veder peggiorare ulteriormente le proprie condizioni di vita e di lavoro.
- Le opzioni “sovraniste” o “populiste” che dir si voglia, si dichiarano dalla parte del popolo (nazionale) ma di fatto riproducono le medesime dinamiche dei governi precedenti, a loro volta dettate dalla necessità del capitalismo in crisi: contenimento salariale (taglio del salario diretto), precarizzazione del rapporto di lavoro (mantenimento del Job Act, nuove politiche attive del lavoro), contenimento delle spese e dei servizi (taglio del salario indiretto), e contenimento della spesa pensionistica con il passaggio progressivo al contributivo (taglio del salario differito).
- Il popolo non esiste, è un concetto borghese e razzista, oltretutto. Esistono le classi sociali una delle quali sta vedendo aumentare in maniera impressionante proprietà e ricchezze, mentre l’altra si sta sempre più impoverendo, è la manifestazione più evidente della crisi strutturale capitalista. Ci sono poi le mezze classi, il ceto medio, che spera di mantenere il proprio reazionario privilegio mentre scivola sempre più verso condizioni proletarie. Dalla Germania al Brasile agli Usa all’Italia la destabilizzazione politica avanza con l’affermazione delle forze più reazionarie del capitale, è una nuova fase politica della crisi, ormai in corso da anni, che vede nella destabilizzazione della rappresentanza politica borghese tradizionale una delle sue caratteristiche salienti.
- La lotta di classe sussiste a tutti gli effetti, solo che mentre il proletariato inerme ne subisce le conseguenze, la borghesia è all’attacco. Visto che il proletariato non costituisce una minaccia di alcun tipo, al momento, la borghesia può permettersi di scontrarsi al proprio interno. L’unico argine possibile a tale imbarbarimento sociale è una ripresa della conflittualità da parte della classe proletaria.
- Ovunque e chiunque si ponga il problema di contrastare le politiche borghesi dovrebbe mettere la necessità del superamento del capitalismo come elemento centrale della propria politica: non conta se la sua militanza è nel sindacato di base o in qualcuna delle molte organizzazioni della sinistra extraparlamentare, tutte in profonda crisi: chi non mette il problema del superamento del capitalismo al centro della propria progettualità politica è oggettivamente complice ideologico del capitalismo. Per fare questo è necessario partire dalla denuncia dei caratteri della attuale crisi strutturale.
- Dal canto nostro dobbiamo rilanciare con sempre maggior forza la necessità di organizzare i pochi elementi più coscienti e sensibili politicamente intorno ad un serio progetto di ricostruzione di un autentico partito internazionalista di classe.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #11-12
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