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Home ›La scissione del Si-Cobas e la nascita del Sol-Cobas
Nota introduttiva
La scissione interna al Si-Cobas pare sia stato l’esito inevitabile di uno “scontro di vedute” - e di conseguenti “azioni” - tutto da verificare, si capisce - che “da circa due anni” ma “con sempre maggior evidenza negli ultimi 6 mesi” si è svolto all’interno dell’organizzazione tra due ali interne della dirigenza sindacale. Un scontro che pare essere proseguito per lungo tempo ma, fino al provvedimento di espulsione, a quanto pare si è svolto in modo del tutto nascosto, almeno all’esterno, ossia nel corso dei numerosi episodi di mobilitazione che hanno visto il sindacato di base compatto nelle lotte portate avanti dai facchini della logistica. Se non per piccoli “episodi” (anch’essi da verificare) riportati nel Comunicato (rinvenibile sul web) emesso dal Si-Cobas dopo l'espulsione (a proposito della stipula di accordi separati da parte del gruppo lombardo di Zerbini, a quanto pare non autorizzati né concordati e discussi).
Scontro tenuto a bada, dunque, per qualche tempo ma che a maggio di quest’anno si è “risolto” con il provvedimento di espulsione dei due militanti “attivisti dissidenti” adottato dal Coordinamento Nazionale Si-Cobas del 15 maggio scorso, cui è seguita una fitta sassaiola di reciproche accuse, prese di posizione antitetiche rispetto ai fatti accaduti, fino alle alla venuta alle mani del luglio scorso tra … contrapposti “militanti”.
Al di là di un semplicistica rappresentazione in termini di mere _beghe tra funzionari_ per il controllo dei vertici dell’organizzazione – che ci permettiamo di rifiutare e che ci interessano davvero poco - tentiamo nel prossimo articolo (“Frammenti sindacali”), piuttosto, di analizzare brevemente quelle che, a nostro avviso, sono le reali motivazioni di una scissione che è per l’appunto epilogo di una profonda crisi interna (che è al tempo stesso politica e sindacale), ma soprattutto frutto dei profondi limiti strutturali di una concezione del rapporto tra lotta politica e lotta economica tutta incentrata sulla priorità dell’aspetto “sindacalistico” (assunto ad unico metodo e strumento di lotta economica) e sulla sua presunta capacità di partorire, nel corso della lotta stessa, quella indispensabile figura che è il partito politico di classe. O quanto meno, di poterne … “fare le veci” in attesa che esso, col tempo che trova, si “formalizzi” (vedi Piattaforma congressuale, Primo Congresso Si-Cobas, 2015). Un partito, dunque, il cui ruolo viene penalizzato e depotenziato, passato in second’ordine diremmo, a fronte di un sindacato reso talmente ibrido da non riuscire più a fungere nemmeno da mediatore all’interno delle lotte contro il capitale. Un partito rivoluzionario – dunque per sua natura avverso a ogni compatibilità col capitale - che dovrebbe invece “nascere” da un organismo, il sindacato, il quale, come si diceva, deve la sua ragione d'essere proprio alla contrattazione con il nemico di classe, al riconoscimento delle sue compatibilità, in breve all'esistenza stessa del capitalismo.
PFFrammenti sindacali
Il sindacalismo di base, radicale, di classe, a seconda dell'aggettivo con cui ogni diversa organizzazione sindacale qualifica il proprio lavoro, ci ha abituato periodicamente ad assistere a scissioni, nascita di nuove entità organizzative, apparentamenti, ricongiungimenti, travasi di militanti ora verso una sponda ora verso l'altra delle diverse sigle che fanno parte dell'universo oramai pluristellato del sindacalismo “conflittuale”, con contrasti e liti da pollaio nella stessa area di intervento.
Una dinamica centrifuga che periodicamente attraversa trasversalmente tutte le diverse opzioni “politico-sindacali”, da quelle più classiche del “radical-riformismo” istituzionalizzante, che non disdegnano all'occasione un rapporto più o meno “dialettico” con le sponde politiche, oramai abbondantemente destrutturate, della sinistra di “alternativa”, a quelle che si rifanno ad una sorta di “sindacalismo rivoluzionario e di classe” e che assumono nel proprio programma il superamento di questa società.
Come abbiamo descritto nella nota, recentemente all'interno del Si-Cobas, che in questi anni ha dato rappresentanza ai settori di nuova classe operaia supersfruttata, i facchini della logistica, attraverso durissime lotte che hanno permesso a questa componente di classe di riallinearsi a parametri contrattuali nazionali, si è operata una scissione di una serie di militanti sindacali che hanno dato vita al Sol-Cobas.
Per una analisi di massima di questa scissione ci baseremo sostanzialmente sul documento “AI MILITANTI DEL SINDACALISMO DI CLASSE E DELL'AUTORGANIZZAZIONE OPERAIA”, testo che segna la rottura all'interno del Si-Cobas e la nascita del Sol-Cobas.
È il documento che nel quadro delle contumelie, colpi bassi, attacchi senza esclusione di colpi…, più di altre prese di posizione chiarisce i termini delle contraddizioni che hanno portato alla spaccatura.
Ovviamente sta a noi capire l'effettivo carattere dei problemi, andando anche oltre la specificità di come vengono presentati, legati giocoforza alla natura stessa della forza (sindacale) che li pone e delle motivazioni contingenti che si giocano sul medesimo terreno di polemica, ovvero il “ruolo del sindacalismo di classe”.
Per capire l'origine delle contraddizioni, va fatto riferimento a quello che è stato il terreno di sviluppo della lotta dei facchini, a cui il Si-Cobas ha dato rappresentanza, sia all'interno del più generale quadro del movimento di classe (negativo), che al ruolo che oggettivamente e in parte soggettivamente ha costituito come catalizzatore di una serie di spinte estremamente contraddittorie verso l'affermarsi di una posizione di autonomia di classe.
Il contenitore di queste spinte è stato il cosiddetto “sindacalismo di classe”. Ovvero, se da un lato la lotta dei facchini segna oggettivamente l'irrompere sulla scena di spezzoni di un nuovo movimento di classe e dei relativi problemi con cui questo si scontra a partire dalla sua condizione di supersfruttamento, in un certo senso premonitore di una più generale condizione di classe sul piano delle relazioni capitale-lavoro, il piano di affermazione “sindacale” ne segna il suo sviluppo ma anche il suo limite estremo.
La critica che il Sol-Cobas lancia alla dirigenza del Si-Cobas in fondo non è che lo specchio di questa contraddizione : “Adattarsi agli obiettivi raggiunti amministrando il dato di un riconoscimento formale da parte di uno spezzone del padronato che, lungi dal rinunciare ai suoi obiettivi, cerca di raggiungerli anche con la via della mediazione, cercando di barattare flessibilità e produttività con alcune concessioni al sindacalismo di base superando il famoso veto del fatto di essere sigle non firmatarie di CCNL e non in linea con gli accordi sulla rappresentanza”. E più avanti, scendendo nel concreto: “Infatti mentre attraverso lo sviluppo della lotta cresceva la forza degli operai organizzati contemporaneamente saliva il livello della contrattazione (....) Ma se da una parte è normale che la lotta e la contrattazione si intreccino in uno sviluppo contraddittorio [MA INVECE E' PROPRIO QUESTO IL CUORE DEL PROBLEMA!], dall'altra si è assistito all'affermazione di una linea sindacale che ha contraddetto il percorso di lotta stesso su 2 aspetti fondamentali (....): 1) La perenne ricerca di riconoscimento formale da parte padronale pretesa dal Si-Cobas, 2) L'accettazione della richiesta avanzata dai padroni di autoregolamentare gli scioperi”. E' chiaro che fin qui il testo del Sol-Cobas non ci dice nulla di nuovo sulle dinamiche del “sindacalismo di classe”. In fondo il “Sindacato” è il “SINDACATO” ovvero la forza organizzata atta alla contrattazione della forza-lavoro all'interno del sistema capitalistico. Che esso adoperi l'aggettivo “di classe” in linea generale non ne cambia la natura contrattualistica, dove riversa il suo ruolo di rappresentanza degli interessi operai, di categoria, corporativi ecc...
Se il ruolo del sindacalismo nella fase imperialista, rimarcato ancor più nell'attuale congiuntura di crisi, è uno degli aspetti della contraddizione, l'altro è il sempre rinascente velleitarismo del “sindacalismo di classe” di porsi quale terreno di costruzione di una alternativa politica di classe variamente etichettata. Se il testo del Sol-Cobas liquida la prospettiva del Si-Cobas dell'essere “Sindacato e Partito” come “una delle peggiori pantomime”, rammentiamo che anche di fronte a questa cosa non ci troviamo per nulla di fronte a chissà ché di nuovo, anzi il tutto viene alimentato in un corto circuito fra il sommarsi di due debolezze: la debolezza del fronte di classe e quella della soggettività rivoluzionaria.
Ecco allora che la crisi all'esame assume contemporaneamente il carattere di crisi di “prospettiva politica” che è tutt'uno con la crisi della “prospettiva sindacale” che si vuole levatrice di una alternativa politica.
Sostanzialmente la risposta che dà il Sol-Cobas, pur evidenziando alcuni problemi ma non andandone a fondo, si pone come polo opposto dello stesso piano di contraddizione alla risoluzione dei problemi. Le risposte “politiche” e “ sindacali” sono tutte interne allo stesso impianto che critica, riproponendo sotto altra forma le stesse contraddizioni. Il fatto di storcere il bastone sul lato dell' “autoorganizzazione operaia” e sul carattere della lotta sindacale, vista come solo “palestra di lotta” operaia, non può eliminare le contraddizioni di fondo che porta con sé la natura di essere un soggetto “sindacale”. Ma non solo, la questione del Partito, pur riconosciuta nella sua rilevanza strategica, viene di fatto derubricata a “... frutto reale dello scontro di classe che si esprime e si organizza concretamente e quotidianamente”, fino ad approcciare a teorizzazioni non nuove: “Un Nuovo Movimento Operaio [nda : le maiuscole sono nel testo] avrebbe invece bisogno, innanzitutto, di crescere come fucina di lotta, come laboratorio operaio reale capace di contendere all'avversario di classe elementi concreti su cui si basa il suo dominio (a partire dal controllo operaio sull'organizzazione del lavoro)” [?!]. Siamo forse alla riproposizione del “gramscismo dei consigli”, del “consiliarismo”, di un “operaismo” fuori stagione?
Questa ennesima crisi del “sindacalismo di classe” non è altro che lo specchio deformato degli attuali rapporti di forza fra le classi e di come questi si riversano nell'azione e nelle prospettive politiche della “soggettività” che vuole porsi su un terreno di alternativa, riproducendo all'infinito, nelle risposte politiche messe in opera, lo stesso tipo di problemi e contraddizioni.
EGBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #09-10
Settembre-ottobre 2016
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Comments
Il vostro contributo é preciso e, a mio modo di vedere, incontestabile nel merito. Unico appunto da muovere (sperando che l'appunto rappresenti un contributo e non uns stetile polemica, riguarda le posizioni che, seppure in sordina (volutamente, aggiungo) si sono confrontate/scontrate all'interno del SI.Cobas.
Della serie: lungi da me pensare che il sindacalismo (lotta economica) possa essere un surrogato dell'azione di partito (lotta politica). Ma altrettanto lungi da me creare un rapporto dialistico e formale trai due "termini". Potremmo dire in altri termini che la lotta economica immediata é la tesi e che la lotta politica è l'antitesi. Bene! Allora dove sta la sintesi? Lungi dal possedere una verità, se vi può interessare.....sentiamoci!
Ciao compagno, direi che il tuo esempio/metafora non mi convince. Direi piuttosto che lo sfruttamento di classe è la tesi, la lotta economica l'antitesi e la lotta politica la sintesi che supera entrambi gli estremi dialettici precedenti e crea una nuova totalità, il comunismo, che è negazione tanto dello sfruttamento capitalista quanto della necessità della lotta di difesa proletaria.
detto questo rifiuto di identificare la lotta economica con la lotta sindacale. Anzi, come sai, la lotta sindacale impedisce la maturazione di una vera coscienza politica, ciò non significa che i militanti debbano disinteressarsi della lotta economica, ma anzi, devono inserirsi per elevarla al suo significato politico, significato che è costantemente negato dalla logica sindacale in sè.
In ogni caso se sei interessato a proseguire il dibattito in merito, noi, fino a che si discute di politica, siamo a piena disposizione.
a pugno chiuso.
Lotus
Ciao Zeb, APERTI SEMPRE al serio dibattito tra compagni, sui forum e in privato :-)
Anche a me l'esempio/metafora non mi era molto chiaro la ricostruzione di Lotus credo che abbia un po' chiarito i termi :-)
Secondo me quando si analizza il fenomeno del sindacalismo di base si tende troppo a guardare semplicemente l'aspetto legato alla lotta rivendicativa, mentre tale fenomeno - del sindacalismo di base - è strettamente legato a mio modo di vedere al processo di crisi politica che ha colpito tutta la sinistra extraparlamentare (tutta!). Sono nati dagli anni ottanta in poi mille sindacati di base... il tutto farebbe immaginare ad una forte ripresa della lotta di calsse ma non è così, anzi... più la lotta di calsse era moscia e più nascevano sindacati di base... Come mai? Perchè, ripeto, la nascita del sindacalismo di base è il prodotto più del contorcersi continuo di organizzazioni ed individualità della sinistra extraparlamentare in crisi che della ripresa della lotta proletaria.
Parliamo del sindaclismo di base ok... ma parlare di ciò significa parlare di organizzazioni POLITICO-SINDACALI, podotto della crisi politica del proletariato e delle organizzazioni extraparlamentari.
Perchè per esempio il SI Cobas si è spaccato, perchè si son spaccati i lavoratori? No, la scissione nel SI COBAS è avvenuta per scontri tra le fazioni politiche al suo interno, le quali sono la vera ossatura, secondo me, di tutti i sindacati di base; ed anche del SI cobas.
La spaccatura del SI cobas conferma quindi la vera natura del sindacalismo di base, da noi sempre evidenziata, e quindi mette in luce i veri limiti del sindalismo di base stesso: i limiti politici dei militanti che lo hanno fondato e diretto. Quali posizioni politiche ha trasmesso ai facchini il SI cobas? Questo è il punto...
Compagno Zeb, concordando con Lotus circa l'errore di fondo - quello di identificare lotta economica e lotta sindacale (che della prima è solo una tipologia, o forma: da chiedersi sarebbe se efficace o meno, ancor più nell'attuale fase imperialistico-monopolistica nonché nel pieno corso di una crisi strutturale del capitalismo che si trascina ormai da 4 decenni) - non comprendo il tuo rifiuto di ... "quale dualismo e formalismo"?
Di certo, da comunisti, non possiamo negare che lotta economica e lotta politica si svolgono su due piani diversi. E che anche la lotta economica - quella di mera di difesa come quella rivendicativa, anche la più "radicale" - non ha nulla a che spartire con un piano politico di lotta che solo grazie all'avanguardia rivoluzionaria la classe può raggiungere. Infatti quando quest'ultima si pone su un piano più 'politico', per lo più di contestazione dello status quo, essa non va oltre le cocciute illusioni riformiste, ossia la convinzione di poter umanizzare il sistema, migliorarlo a proprio favore. Mancando ad essa la capacità di analisi 1) del perché si trovi nella posizione di sudditanza sociale ed economica (il capitalismo) e 2) del come uscirne definitivamente (una rivoluzione politica e un possibile programma alternativo di organizzazione economica della società).
in ogni caso il suo obiettivo non è abbattere e superare il sistema che piuttosto crede di poter porre al suo servizio.
il 'dualismo' (tra i due piani di lotta) di cui parli è dunque nei fatti, non nella nostra testa. È negli obiettivi, è nel grado di coscienza rivoluzionaria (quella che comprende la necessità del superamento del sistema, non del suo aggiustamento), e persino nelle stesse forme e nei diversissimi organismi di lotta che la classe si dà nell'un caso e nell'altro.
Nessuna rivoluzione sinora vittoriosa ha mai visto i sindacati, o comunque sia gli organismi di difesa economica della classe, capaci di assumere la sua direzione. Piuttosto li hanno visti in prima fila nell'ostacolarla (vedi i sindacati russi durante l'ottobre russo).
E il fatto che le lotte economiche siano necessaria "palestra" - non in se, ma in quanto e solo se in esse interviene e si radica il partito, l'avanguardia politica della classe - non significa che esse siano 'di per se e al tempo stesso" lotta politica.
Per dirla con Marx, il piano della lotta economica è quello della "classe in se", ossia della classe che acquisisce coscienza di essere tale e di avere interessi immediati comuni e contrapposti a quelli della classe dominante). Piano e livello necessario ma assolutamente non sufficiente.
Il piano della lotta politica - livello di coscienza al quale la classe va condotta, non giungendovi da sola - è quello della "classe per se" che lotta non per i propri interessi immediati ma per quelli storici della sua definitiva emancipazione, del superamento del capitalismo e delle società divise in classi. Ossia ancora la classe che diviene cosciente della necessita del comunismo, abbraccia il programma politico rivoluzionario e lo fa suo per realizzarlo e finalmente liberare l'umanità intera da ogni forma di schiavitù.
Perdona il papello... ;-)
Ho rivisitato il mio commento che era un po' sgrammaticato :-) scritto velocemente prima...
Comunque vorrei aggiungere che apprezzo molto l'atteggiamento aperto di Zerb.
Colgo inoltre l'occasione per richiamare un paio di articoli, che ben descrivono la nostra analisi politica sul SI COBAS. Come si vede... è chiaro che non siamo tra quelli che vogliono stare alla finestra a guardare e criticare - come superficialmente a volte veniamo descritti - ma cerchiamo semplicemente di guardare i fenomeni andando oltre l'aspetto contingente...