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Home ›Modello Expo 2015: dal lavoro precario al lavoro gratuito
Schiavitù “volontaria”
Il primo maggio, come si sa, aprirà l'Expo, vetrina dell'eccellenza italiana e primo bocciolo della tanto desiderata ripresa. Così, almeno, la propaganda borghese.
Noi ne siamo meno sicuri, invece di sicuro c'è che la borghesia (e relativi manutengoli) celebrerà i suoi auspicati trionfi (?) calcando una volta di più il tallone sul collo della nostra classe e di chi sta scivolando in essa.
Infatti, in Expo circa 20 mila lavoratori non saranno pagati un solo euro per la loro prestazione lavorativa. È quanto prevede l’accordo, siglato e sottoscritto, nel luglio 2013, da CGIL, CISL e UIL con l’Ente Expo di Milano SpA e il Comune di Milano. In base a esso, accanto a 800 posti di lavoro precario e mini-job, pagati a 400/500 euro al mese (con contratti a termine, di apprendistato e per stage), sarebbero stati previsti ben 18.500 posti di lavoro non pagati e mascherati da una categoria oltremodo “interessante” come quella del “lavoro volontario”.
Nel frattempo, il primo ministro Matteo Renzi avverte chiunque si sogni di protestare concretamente contro questo stato di cose che potrà essere “punito” con tutte le forme possibili a disposizione. Anzi, “suonato” come si deve, se, per esempio, i musicisti della Scala si rifiutassero di suonare per l'inaugurazione, che per l'appunto avverrà nel giorno in cui l'astensione dal lavoro è – o dovrebbe essere – fuori discussione. D'altronde, quando Renzi faceva il sindaco di Firenze, era stato tra i primi non solo a concedere l'apertura degli esercizi commerciali in quella giornata, ma, al solito, aveva decantato le proprietà miracolose del provvedimento per l'economia ossia per il portafoglio dei padroni grandi e piccini. I dati sui consumi dicono altro, ma forse la fame di profitto-guadagno è tale per cui anche uno “zero virgola” in più negli incassi può diventare appetibile. Certamente non lo è per quei lavoratori – per lo più lavoratrici - in genere a precarietà... crescente, il cui salario è inversamente proporzionale alla precarietà stessa, che si vedono ricacciati agli anni '80 dell'Ottocento, quando i Martiri di Chicago venivano assassinati legalmente (1887) perché lottavano contro una giornata lavorativa meno estenuante, contro lo strapotere padronale sui luoghi di lavoro: otto ore di lavoro, otto ore di “svago”, otto ore di riposo...
Naturalmente, tutta questa modernità... da fine Ottocento si combina perfettamente con gli intrallazzi ampiamente scontati, con l’ormai noto scandalo-mazzette per gli appalti truccati. Ma che importa? Intanto, i lavoratori “volontari”, riceveranno solamente dei buoni pasto quotidiani, mentre dovranno addossarsi le spese per il proprio soggiorno e i costi di trasporto. L’accettazione non varrà nemmeno come accreditamento per altri lavori precari. Insomma: a fronte di una montagna di mazzette non era certo possibile pagare neanche i … “minimi” salari sindacali.
Prima ancora dell’attuazione del Jobs Act, dunque, già l’accordo in deroga siglato tra Camera di Commercio di Milano e Politecnico – e autorizzato di fatto dal DL Giovannini (all’interno del cd. “Decreto del Fare” del governo Letta-Alfano) - anticipa ampiamente il destino di migliaia di lavoratori (per lo più giovani) per i prossimi decenni: iperflessibilità e nessun “diritto”. In attesa, accordi in deroga a tutto gas (con ampie eccezioni alle regole su apprendisti, precari e diritto di sciopero) sono dunque stati applicati per far fronte alle necessità di forza-lavoro già nei cantieri di costruzione del polo espositivo.
In precedenza era anche prevista, sempre in vista dell'Expo, l’assunzione di un numero imprecisato di stagisti al costo di … 1 euro l’ora. Val la pena di ricordare che nei contratti di cosiddetto “apprendistato” il 90% dei contributi sociali non è a carico dell’azienda che assume a tempo determinato, bensì dello Stato (ossia di chi paga le tasse, non di chi le evade); inoltre, il lavoratore è assunto con una qualifica di due livelli inferiore a quella dovuta. Un ottimo “affare”, molto conveniente per l’impresa. Sul fronte degli “stage”, invece, si parla di “lauti rimborsi” dai 400 ai 500 euro mensili, a fronte di turni di cinque ore al giorno con impiego massimo di due settimane ciascuno.
Ricapitolando: degli 800 lavoratori assunti per soli 6 mesi: 340 saranno apprendisti, 300 con contratto a tempo determinato o “di somministrazione” (ossia lavoratori “interinali” assunti da agenzie omonime e “dati in affitto” come apprendisti) - solo in parte per disoccupati e persone attualmente in mobilità. Tra i sindacati, che hanno approvato e sottoscrivono il tutto, sottolineiamo la presenza di CGIL. Interessante “corollario” dell’accordo è l’impegno (assunto dai sindacati, of course!) a intraprendere “procedure di raffreddamento” degli scioperi e delle controversie perché manifestazioni rivendicative non rischino di… “pregiudicare l’immagine del Paese”.
Al solito, la rispettabilità borghese non si sente turbata dall'offrire al mondo immagini che – si diceva – appartenevano a un passato morto e sepolto, come quello delle manifatture o delle piantagioni ottocentesche, di un lavoro para-schiavistico, ma della ribellione che i nuovi schiavi potrebbero mettere in atto. Questo è ciò che importa: impedire, con le buone o con le cattive, che gli sfruttati inceppino il meccanismo dello sfruttamento, sia esso basato sul plusvalore relativo o sulle forme recuperate, rivedute e corrette, della schiavitù. Rivedute e corrette a favore del padrone, naturalmente: gli schiavi di un tempo avevano almeno (si fa per dire) vitto e alloggio assicurati, oggi a malapena solo un piatto di minestra.
Battaglia Comunista #04
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