Si chiude un anno di governo tecnico

Ma la crisi economica continua, nonostante mazzate e “sacrifici”

È passato ormai quasi un anno da quando il governo, capeggiato dal prof. Monti, otteneva la “fiducia” in Parlamento. Un anno ricco, ricco di riforme, tagli e sacrifici per la classe lavoratrice e per una buona fetta del cosiddetto ceto medio. D'altronde era questo il compito che gli era stato assegnato dalla borghesia: spremere un proletariato già stremato dai sacrifici sostenuti negli anni precedenti. Un compito che il governo ha portato avanti con grande efficienza, riuscendo ad assicurare ampiamente, per il momento, anche la pace sociale, attirando su se stesso tutto il malcontento, lasciando così a partiti, sindacati e riformisti vari la possibilità di giocare il ruolo, tutto formale, degli oppositori.

L’anno di governo tecnico si chiuderà con l’approvazione della legge Finanziaria, ribattezzata “Legge di stabilità”, pratica – quella di adoperare termini rassicuranti e patriottici – ampiamente diffusa in questo anno di legislatura. Nel momento in cui scriviamo, il disegno di legge, varato dal Consiglio dei ministri il 9 ottobre, non è stato ancora approvato dalle camere parlamentari ma, come è già accaduto per tutti i provvedimenti varati da questo governo, c’è da attendersi che, aldilà degli schiamazzi dei politicanti, il provvedimento non subirà grandi modifiche, così come lo stesso Monti ha già sottolineato.

Veniamo quindi alle mazzate promesse dal consiglio dei ministri. La manovra sarà di 11,6 miliardi di euro, i tagli più consistenti riguarderanno sanità, pubblico impiego, scuole.

Confermato, ed in alcuni casi incrementato, l’andamento dei tagli alle Regioni previsto dalla “spending review”, il che significherà: ulteriore riduzione dei servizi locali e aumento della tassazione, Imu in testa.

Nella sanità, il taglio annuo potrebbe arrivare fino ai 1.500 milioni di euro, scende il tetto di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici.

I contratti nel pubblico impiego, fermi al 2009, resteranno bloccati fino al 2014. Prevista anche una stretta sui permessi concessi al lavoratore per l’assistenza a parenti disabili o portatori di handicap (legge 104/1992): la retribuzione per i giorni di permesso scenderà al 50%. Dopo questa finanziaria, secondo dati CGIL, tra il 2010 e il 2014 le tasche dei dipendenti pubblici risulteranno alleggerite di oltre i 6.000 euro.

Per quanto riguarda in particolare la scuola, la legge prevede: taglio di 723 milioni di euro, aumento dell’orario lavorativo settimanale di 6 ore; allungamento non sarà retribuito ma compensato con un “regalo” di 15 giorni di ferie in più. L’aumento dell’orario di lavoro per gli insegnati “fissi” porterà al taglio del personale precario chiamato dalle graduatorie; al rischio almeno 100 mila docenti precari, 30 mila tagli già a partire dal prossimo anno scolastico. Previsto inoltre il blocco dell'indennità di vacanza, con un ulteriore “risparmio” di 182 milioni, da sommare al taglio prima riportato.

Capitolo tassazione: ulteriore aumento dell’Iva (un punto percentuale a partire dal 2013) e tagli su detrazioni e deduzioni fiscali. L’aumento dell’Iva verrà, come al solito, scaricato sul “consumatore”, indebolendo ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie proletarie. Secondo uno studio fatto dalla Cgia di Mestre, infatti, la combinazione tra taglio dell'Irpef, aumento dell'Iva e taglio sulle deduzioni e detrazioni fiscali, avrà come risultato una stangata di 2,5 miliardi di euro, fino a 100 euro all’anno per ogni famiglia. Il previsto taglio dell’Irpef infatti nemmeno sfiorerà 9 milioni di persone e per 20 milioni la minore irpef non basterà a compensare le conseguenze dell’aumento dell’Iva. Il previsto taglio dell'Irpef infatti nemmeno sfiorerà 9 milioni di persone e per 20 milioni la minore irpef non basterà a compensare le conseguenze dell'aumento dell'Iva. Il tutto mentre l'Istat confermava l'ulteriore calo dei consumi: nel secondo trimestre 2012 il potere d'acquisto delle famiglie è calato del 4,1% rispetto al 2011, dato peggiore dal 2000.

Tutti dati medi, che si riferiscono a “persone” e “famiglie”, noi ovviamente non possiamo non sottolineare come questi dati medi nella sostanza significheranno un impatto micidiale sulle condizioni, già precarie, della famiglie proletarie.

Dopo la presentazione della Legge di stabilità, ricalcando per certi versi il proprio predecessore, il presidente Monti ha invitato, parlando dal Forum della Coldiretti, gli italiani ad essere “fiduciosi”:

Alla ripresa mancano pochi mesi… Siamo nella fase nella quale dobbiamo sforzarci perché nulla vada sprecato in termini di fiducia, toccando con mano benefici che non si vedono e malefici che per fortuna sono stati sventati. -- Ed ancora: -- Il nostro Paese ha finora dato prova di saper sopportare una quantità concentrata di provvedimenti restrittivi, forse comprendendo che ce ne era la necessità.

Un paio di riflessioni sulle parole del presidente del consiglio. La prima: veramente facciamo fatica a comprendere questo, seppur formalmente cauto, ottimismo. Ma lasciamo la parola ad una istituzione borghese, il Fondo monetario internazionale:

Il debito sovrano nelle economie avanzate ha raggiunto il livello più alto della Seconda Guerra Mondiale -- lo dice il direttore generale del FMI... -- [L’economia mondiale] Ha rallentato e incertezze permangono con rischi al ribasso.

Per l’Italia il FMI prevede una contrazione del PIL del 2,3% nel 2012 (contro il -1,9% previsto a luglio), recessione profonda quindi…

Seconda riflessone. Monti, riferendosi ai sacrifici sopportati, parla di “il nostro Paese” ma il Paese…non significa un bel nulla! L’interclassismo, e la presunta esistenza di un “interesse comune”, è un arma ideologica da sempre sfruttata dalla borghesia. La società capitalista è divisa in classi sociali, da un lato chi vive di sfruttamento, dall’altro chi vive da sfruttato. I sacrifici quindi non sono stati affrontai dal “Paese” ma dai proletari.

Ultima riflessione. Il proletariato ha subito i sacrifici non perché, come dice il presidente del del consiglio, ha compreso che ce ne era la necessità ma perché gli sono stati imposti. La borghesia, e i sui servi, non conosce alternativa allo sfruttamento e possiede tutti gli strumenti, repressivi ed ideologici, per imporre i soliti “sacrifici” alla classe sfruttata. Meglio ancora se il proletariato non reagisce… I proletari infatti, dal conto loro, in questi anni hanno subito quasi passivamente, in Italia e non solo. A volte è servita ai padroni anche qualche manganellata ma fino ad adesso ci hanno pensato in prevalenza sindacati e l’arma ideologica dell’impossibilità di qualsiasi alternativa al capitalismo a tenere a bada la classe proletaria. Anni di sconfitte e martellamento ideologico hanno creato un proletariato affranto e impaurito. I sindacati, con le loro finte lotte, scioperi rituali e corporativismo – caratteristiche che accomunano i confederali quanto i sindacati “di base” – hanno semplicemente indebolito la classe, frammentandola e cancellando qualsiasi possibilità di spinta verso una reale contrapposizione al padrone (capitale). Il risultato, oggi, è un proletariato che fa fatica a riconoscersi come classe e che fino ad adesso non ha nemmeno tentato di restituire i colpi. Il malcontento c’è, la rabbia anche ma fino ad oggi, tranne alcune reazioni isolate, si è espressa poco.

NZ
Venerdì, November 2, 2012