Verso un nuovo trattato europeo?

Tensioni interne, colpi bassi e macchinazioni yankees

Stop and go; o, se si preferisce, avanti piano. Questa potrebbe essere la sintesi dei complessi negoziati sulla sorte dell’Unione Europea conclusisi a Bruxelles alla fine di giugno.

Senza scendere nella descrizione della complicata architettura giuridico-istituzionale (per questo, vedi, per es., il manifesto del 24-06-2007), i cui elementi più rilevanti sono, a nostro parere, l’esclusione, per ora, di un ministro degli esteri comunitario e l’allungamento dei tempi dell’entrata in vigore dei meccanismi decisionali, si tratta di un risultato che, accontentando qualcuno e scontentando tanti, testimonia come il percorso verso la costruzione di un compiuto apparato politico dell’imperialismo europeo sia alquanto accidentato.

Non è una novità, ma il tutto è reso più complicato dall’entrata di nuovi paesi, in particolare dell’Europa orientale, che, paradossalmente ma non troppo, si collocano tra i cosiddetti euro-scettici, tra coloro, cioè, che puntano i piedi di fronte alla prospettiva di una legislazione comune, alla quale subordinare le legislazioni nazionali.

Perché questo euroscetticismo, capitanato dalla Gran Bretagna e dalla Polonia dei gemelli Kaczynski? Per quanto riguarda la Gran Bretagna, perché riflette la composizione, cioè gli interessi, della sua borghesia, a cavallo tra le “aspirazioni” europeiste e le spinte economico-strategiche ad agire in proprio o, per meglio dire, in combutta con l’imperialismo statunitense. Dalla finanza al petrolio, sono molteplici i campi in cui l’imperialismo britannico e quello yankee operano congiuntamente, benché il primo spesso in posizione subordinata al secondo.

La Polonia e, assieme ad essa, altri paesi dell’Europa orientale, ha altri motivi ancora per rendere più difficile il già non facile parto imperialistico targato UE. Benché sia destinataria di consistenti investimenti esteri, la sua economia è lontana dall’aver superato i grossi problemi strutturali che si porta appresso e che hanno condotto - almeno per ora - alla sconfitta le forze politiche laiche e (fintamente) riformiste, aprendo la strada alle correnti più reazionarie della borghesia polacca. Essa, appoggiando e fomentando gli istinti oscurantisti di larga parte della piccola borghesia e di strati “popolari” in genere, cerca di esercitare il suo permanente ricatto nei confronti di Bruxelles, per strappare quante più concessioni possibili. Per tale motivo, non esita a rispolverare lo storico astio nei confronti dei tradizionali vicini-nemici, la Russia e la Germania, verso le quali i gemelli Kaczynski - ex membri di Solidarnosc, a suo tempo sostenuta dalla CIA, oltre che dal Vaticano - non si fanno scrupolo di compiere provocazioni che, in altri contesti, avrebbero serie conseguenze diplomatiche. Verrebbe da dire che la borghesia polacca tema di rimanere schiacciata tra una Russia in ripresa economico-politica e una Germania “allargata” alle dimensioni dell’Unione Europea. Ma la Polonia può atteggiarsi a bulletto di strada - tirando la corda fin quasi oltre il consentito - perché ha le spalle coperte dal bullo planetario, cioè gli USA, che non perdono un’occasione per creare forti tensioni dentro l’edificio europeo. A maggior ragione se questo guarda verso Mosca, siglando con essa accordi di importanza strategica, come il gasdotto che, sotto il Mar Baltico, porterà il gas siberiano in Germania, o il progetto del nuovo gasdotto, co-finanziato da ENI e Gazprom, che attraverso il Mar Nero convoglierà nel nuovo terminale di Otranto il gas dell’Asia centrale ( leblogfinance.com 28-06-2007).

Dalla dissoluzione dell’impero sovietico, le diverse amministrazioni dello Zio Sam hanno finanziato e intrigato a tutto campo per tenere gli ex paesi satelliti della defunta URSS fuori dalla portata della Russia e dell’UE. Le accoglienze trionfali tributate a Bush in alcuni paesi est-orientali dimostrano l’attivismo esercitato - e i dollari investiti - nella regione. Bisogna vedere se i dollari riusciranno a sconfiggere gli euro con cui moltissime imprese dell’Europa occidentale ipotecano settori consistenti delle economie di quegli stati.

Ma l’attenuazione, anche significativa, contenuta nella bozza del nuovo “Trattato Riformatore” rispetto ad alcune norme già contemplate nella Costituzione europea, tra cui - come si diceva - la scomparsa di un ministro degli esteri comunitario e quindi della possibilità di avere un seggio collettivo al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, riflette anche le tensioni interne ai paesi membri più vecchi. Sintetizzando ancora una volta, si potrebbe dire che è emersa la tendenza - strutturale al sistema capitalistico - dei “capitali” di agire contro “il capitale”. Così come ogni capitalista, agendo individualisticamente per il proprio profitto, può, in determinate circostanze storiche, compromettere gli interessi complessivi della sua classe, allo stesso modo, i singoli stati, espressione delle rispettive borghesie nazionali, sono tentati di guardare ciecamente al proprio orticello. Ma è proprio per arginare tali tendenze - la cui forza distruttiva cresce con il crescere delle difficoltà generate dalla crisi di ciclo - che la borghesia ha saputo darsi strumenti, in tutto o in parte inediti, come il New Deal e il nazismo negli anni trenta del secolo scorso - ma utilizzati, nella sostanza, ben oltre quell’arco temporale - o, appunto, l’Unione Europea.

Siccome però niente è già scritto nelle stelle, non è detto che la borghesia europea - per l’intrecciarsi/l’emergere di determinati interessi o il venir meno di lungimiranza politica o tutte e due le cose assieme - arrivi per forza a veder la nascita del nuovo polo imperialista, benché la strada da percorrere, se vuole avere voce in capitolo nello scacchiere internazionale, sia necessariamente quella. Intanto, però, al puledrino imperialista di razza europea, benché sia ancora incerto sulle zampe, non mancano le mosche cocchiere: il variegato mondo della sinistra radicale (?!), a cominciare da Rifondazione che, nelle piazze, gridava contro la Costituzione di Bruxelles, ma, al governo, approva la bozza del “Trattato”, ancor più autoritario - se è lecito fare dei distinguo - della superata carta costituzionale.

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.