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Home ›Dio patria e famiglia - 2a parte
Continua dal numero scorso: leftcom.org .
La vittoria della patria
Se la vittoria di dio è stata da sempre favorita dal naturale terrore che l’uomo prova dinnanzi alla morte e dinnanzi a tutto ciò che nella vita è negativamente incontrollabile, apparentemente inspiegabile e tragicamente casuale, il patriottismo ha da sempre potuto fare leva su un sentimento che sorge spontaneamente in tutti i membri di una società umana che ormai a livello planetario, a parte qualche rara eccezione, è stanziale e non nomadica. Questo sentimento non è altro che il naturale attaccamento alla propria terra natale, o comunque alla terra in cui si è vissuti per lunghi anni.
Non bisogna infatti confondere il legame e l’amore che si prova per i luoghi dove si è cresciuti e dove si vive, come anche l’istintiva affinità che unisce le persone che parlano la stessa lingua e hanno le stesse abitudini culturali, con il patriottismo. Il patriottismo è una posizione politica. E, più precisamente, è una posizione politica borghese, tanto nel suo significato storico, quanto in quello attuale. Il patriottismo nazionale infatti - che è la forma tuttora più diffusa di patriottismo - si è diffuso nell’Ottocento quando le giovani borghesie rivoluzionarie d’Europa hanno dovuto spazzare via le vecchie forme del potere feudale per dare così vita ai propri stati: gli stati-nazione, appunto, territori protetti dall’ingerenza capitalista straniera, in cui ogni singola borghesia ha potuto svilupparsi e forgiare i propri specifici strumenti di dominio politico, sociale e militare.
Essere patrioti nell’Ottocento significava dunque lottare con la borghesia contro la reazione feudale, mentre essere patrioti nel Novecento ha significato e significa oggi lottare con la borghesia contro il proletariato, ossia la classe sociale che condivide i medesimi interessi a livello internazionale, e a cui si contrappongono gli interessi della borghesia indipendentemente dalla nazionalità del padrone. Per questo motivo, fare in modo che l’operaio identifichi i propri interessi con quelli di tutti i suoi connazionali, borghesi o proletari che siano, in contrapposizione agli interessi delle altre nazioni, rappresenta senza dubbio una potentissima arma ideologica in mano ai regimi del capitale per scongiurare la lotta di classe e il diffondersi di una coscienza internazionalista.
Oggi la patria per antonomasia è lo stato-nazione, come l’Italia, la Francia, gli Stati Uniti, il Brasile, ecc., ma esistono anche patrie minori in cui operano forze politico-militari che rivendicano l’indipendenza, o più autonomia, dagli stati-nazione di cui fanno parte: la Palestina, la Cecenia, i Paesi Baschi, il Chiapas... e queste forze catalizzano sul pantano nazionalista quel malcontento sociale ed economico che invece non trova espressione sul terreno di classe. Sul piano ideale, esistono anche diverse macro-patrie continentali come l’Europa, l’Eurasia, il Mondo Arabo, sbandierate il più delle volte in funzione anti-americana e... “anti-imperialista”, dimenticando che l’imperialismo non è la politica aggressiva di un singolo paese guerrafondaio, ma il modo di essere del capitalismo - e dunque delle borghesie di tutti i paesi del mondo - nella sua fase monopolistica, che, con due guerre mondiali e una guerra “fredda” all’attivo, dura ormai da un secolo abbondante.
Il succo non cambia: mettere da parte la lotta di classe, che indebolisce la nazione, e schierarsi tutti, il pescecane di borsa a braccetto con l’operaio, il diseredato accanto allo sceicco, contro il nemico comune che parla una lingua diversa dalla nostra. Da veri patrioti.
La vittoria della famiglia
I miei interessi finiscono sulla soglia di casa: ecco la terza grande vittoria ideologica della borghesia sul proletariato. La vittoria della famiglia borghese è la sconfitta della vita conviviale, quella vita che per i proletari significherebbe - e ha significato in alcuni periodi storici - la valorizzazione della comunità di classe, in contrapposizione alla mistificante e, oggettivamente inesistente, comunità nazionale.
Anche rispetto alla famiglia l’ideologia borghese ha giocato sporco: è evidente infatti che gli affetti familiari abbiano un peso indiscutibile, scontato, che scaturisce in modo spontaneo dalla convivenza e dall’amore filiale. Ma quando la famiglia diventa un valore, quando diventa cioè priorità inderogabile da adempiere e, successivamente, dimensione quasi esclusiva della vita quotidiana, quando insomma è alternativa all’aggregazione extra-familiare, ecco che si trasforma in ostacolo posto sulla via che porta alla formazione della comunità proletaria.
La famiglia assume allora la forma di una gabbia, angusta trappola più o meno confortevole e rassicurante, entro cui si chiudono le singole coppie di proletari che, atomizzati e reclusi ognuno nel proprio salotto di casa, sono spinti all’individualismo - laddove individuo e famiglia coincidono - e quindi ulteriormente resi, da un punto di vista sociale e politico, impotenti e inerti.
Non a caso in Italia, negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, cioè quando il livello di coscienza e di lotta proletaria era particolarmente alto, accanto alle centinaia di sezioni dei partiti operai sorgevano altrettante case del popolo, cooperative, circoli di cultura e di categoria: luoghi dove la solidarietà e la comunanza di vita fra i proletari si esprimeva e si radicava nel tessuto dei paesi e dei quartieri, opponendosi dunque alle forme aggregative della conservazione borghese: prime fra tutte, chiesa e parrocchia. Motivo per cui, case del popolo e circoli operai, furono obiettivo della ferocia fascista tanto quanto le sedi di partito.
Oggi, correndo tempi in cui la lotta e la coscienza di classe raggiungono livelli decisamente bassi, le periferie proletarie sono un deserto di solitudine dove possono liberamente sguazzare preti e spacciatori, dove la società sportiva di quartiere e il bar all’angolo rappresentano piccole oasi di socialità in mezzo al vuoto che il trionfo del mito individualista, tassello fondamentale della cultura dominante, ha lasciato. Per vedere la luce, insomma, la futura comunità proletaria dovrà inevitabilmente passare sul vecchio e pesante cadavere della famiglia borghese. E sull’onda travolgente della rivoluzione sociale, le strade, i rioni, le piazze, diventeranno le nostre nuove case.
gsBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-agosto 2007
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