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Home ›Passività proletaria e coscienza di classe
Un tentativo d’analisi - Il dominio ideologico borghese e la difficoltà della ripresa della lotta di classe
Chiunque per vivere sia costretto a vendere la propria forza-lavoro - perché non possiede capitali, imprese o proprietà tali da poter generare una rendita - sta facendo i conti con condizioni di lavoro e di vita che peggiorano di giorno in giorno. Un progressivo peggioramento che in questi ultimi anni ha assunto caratteristiche straordinarie: il dilagare della precarietà, il peso del carovita, le ondate di licenziamenti. Questo è ciò che accade in tutti i paesi a capitalismo avanzato, senza considerare poi le condizioni in cui vivono miliardi di persone nelle aree sottosviluppate.
Eppure, nonostante tutto, di fatto possiamo parlare di una sostanziale passività, o meglio di una risposta sicuramente non proporzionata alle condizioni vissute e agli attacchi subiti. Di questa passività ne abbiamo purtroppo eclatanti esempi passati. La crisi del primo ciclo d’accumulazione in epoca imperialista - con la conseguente prima guerra mondiale e il risultante stato di sfruttamento, fame e morte - vide una importante reazione di classe che riuscì a dar vita ad un certo fermento rivoluzionario. Non altrettanto accadde durante la crisi del secondo ciclo d’accumulazione. La classe subì la seconda guerra mondiale senza produrre una reazione pari a quella messa in campo quasi tre decenni prima. Questo a dimostrazione che non c’è una relazione di meccanica conseguenza tra le condizioni vissute e la spinta a cambiare tali condizioni, anche se queste raggiungono livelli al limite della umana sopportazione.
Ogni individuo agisce spinto dagli impulsi dettati dalla propria coscienza. La coscienza di un individuo - intesa come consapevolezza del proprio essere, del proprio stato - non è un qualcosa di innato o che si autogenera ma fonda le proprie radici nelle attività pratiche e sensibili, nelle condizioni materiali vissute.
La vita, le attività, le condizioni - in termini generali - differiscono estremamente per ogni singolo proletario: il diverso ambito lavorativo, le diverse esperienze affrontate, le emozioni, il modo di impiegare il proprio tempo libero, i gusti, le abitudini, ecc. Quello che invece, inevitabilmente, accomuna tutti i proletari è il rapporto che ognuno di essi si trova ad avere rispetto ai mezzi di produzione e quindi rispetto al modo di produzione. Ogni proletario, quanto diverso esso possa essere da un altro, non possiede capitali né mezzi di produzione, ogni proletario è costretto a vendere la propria forza-lavoro. Prescindendo quindi dagli elementi che rendono un proletario diverso da un altro, il proletariato è la classe sociale composta da tutti gli individui che, nel capitalismo, sono costretti a vendere la propria forza-lavoro essendo questa capacità l’unica loro fonte di sostentamento.
Il proletariato è la classe sfruttata nel capitalismo. Le condizioni vissute da un proletario sono sempre quelle di sfruttato. Avendo la coscienza una genesi nelle condizioni materiali il proletario dovrebbe essere cosciente della propria realtà di sfruttato, in particolare quando questo stato si traduce in condizioni miserevoli, così come dovrebbe essere cosciente che queste condizioni lo accomunano a tutti gli altri individui della classe proletaria.
L’intoppo in tutto ciò risiede nel fatto che l’idea, la percezione, che si ha del proprio stato purtroppo può non coincidere con il reale stato vissuto.
Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti. La classe che dispone dei mezzi di produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi di produzione intellettuale... Gli individui che compongono la classe dominante... dominano come pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo.
k.Marx, L’ideologia tedesca
Il dominio ideologico della borghesia, consiste proprio nel riuscire ad indurre la percezione di una realtà diversa da quella effettivamente vissuta. Una falsa base materiale percepita che genera una falsa coscienza che impedisce al proletario di percepire appieno la propria realtà di sfruttato, che lo induce a vedere la propria condizione come unica possibile, magari perché naturale, o lo porta ad associare questa condizione a motivazioni di svariato genere purché non mettano in discussione il capitalismo; pensiamo poi al peso che tutto ciò assume con lo sviluppo dei mass-media. Da un lato le condizioni vissute e la coscienza, dall’altro l’ideologia e la falsa coscienza, in una sorta di tiro alla fune il qui esito è legato a dinamiche estremamente complesse, indefinibili a priori, dal quale dipende però il livello dello scontro tra le classi che a sua volta incide in queste dinamiche, con un rapporto di interdipendenza.
È logico che quanto più le condizioni vissute siano pesanti tanto più difficile possa divenire per l’ideologia falsificare la percezione della realtà. Questa difficoltà però non si traduce in una automatica presa di coscienza e reazione di classe. Ritornando all’esempio della seconda guerra mondiale, la borghesia riuscì ad ottenere una sostanziale passività proletaria anche quando, in alcune zone, sembrava vicino un risveglio di classe. In Italia, per esempio, si riuscì a far sfocare la crescente rabbia limitando i proletari alla lotta di liberazione dall’ormai inconsistente sovrastruttura fascista.
In ogni modo, le permanenti contraddizioni del sistema di produzione capitalistico, creano continuamente le potenzialità per una presa di coscienza. Avvenendo tale presa di coscienza sulla base delle condizioni vissute dalla classe, una possibile reazione non può non essere, in prima istanza, “limitata” a rivendicazioni per il miglioramento di queste condizioni, siano esse concedibili o meno; senza escludere la possibilità di espressioni di rabbia sociale anche senza rivendicazioni definite (le reazioni nelle Banlieu francesi sono un esempio). Tale coscienza quindi non potrà non essere che la “semplice” consapevolezza del proletario della propria condizione di sfruttamento e della condivisione di questo stato con gli altri proletari; la coscienza dei proletari di essere classe in se, una coscienza di classe.
Per una consapevolezza nella necessità del superamento del capitalismo, per la definitiva liberazione del lavoro dal capitale, e la definizione di un programma che guidi tale superameno, la spinta della coscienza di classe non basta. La maturazione di una coscienza rivoluzionaria, ha la propria base materiale sempre nelle contraddizioni del capitalismo ma mentre la coscienza di classe è conseguenza degli effetti di queste contraddizioni, la coscienza rivoluzionaria ha fondamento nella percezione delle cause. La critica alla società capitalista e la conseguente definizione di un programma rivoluzionario necessitano di strumenti di analisi storicamente limitati ad un numero ristretto di persone, non ovviamente per una deficienza innata della maggior parte degli individui ma per gli ostacoli, materiali ed ideologici, che pone la classe dominante.
Ma il superamento del capitalismo può solo essere la conseguenza di una azione di massa del proletariato, una azione cosciente e che segua un progetto politico. La battaglia dei comunisti, teorica e pratica, deve essere finalizzata alla continua critica al capitalismo dal punto di vista di classe, allo smascheramento di tutte le forme di dominio ideologico, a costruire e radicalizzare un riferimento politico di classe. L’organizzazione dei comunisti dovrà essere uno strumento del proletariato, capace di percepire appieno condizioni e reazioni del proletariato, di assorbirne le indicazioni, per sintetizzare il tutto in coscienza rivoluzionaria da mettere quindi a disposizione della classe. Uno strumento attraverso il quale il proletario possa avvicinarsi e fare propria una coscienza rivoluzionaria, un mezzo che possa permettere alla classe di far trascendere la propria coscienza di essere classe in sè in una consapevolezza di poter e dover essere classe per sè, un soggetto rivoluzionario. Il partito proletario dovrà essere uno strumento di lotta politica, attraverso il quale la classe si avvicini e sia protagonista di un programma politico, per costruire una alternativa alla barbarie verso la quale ci sta conducendo il capitalismo. In mancanza di un tale riferimento si rischia che la classe, in un risveglio proletario, si trovi ad adoperare gli strumenti politici messi a disposizione dalla ideologia borghese avviandosi inevitabilmente verso un’ennesima sconfitta.
nzBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2007
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