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Home ›La commemorazione di Rosa Luxemburg e Karl Liebenecht
Migliaia i presenti - I garofani rossi e la necrofilia di sinistra
Con l’insegnamento di Marx sta avvenendo adesso ciò che più volte, nella storia, ha avuto modo di verificarsi con altri pensatori e dirigenti rivoluzionari che operarono a favore della classe degli oppressi nella loro lotta per l’emancipazione. Questi grandi rivoluzionari vennero, a suo tempo, costantemente perseguitati dalle classi dominanti che reagivano nei loro confronti con rabbia selvaggia e odio furente utilizzando anche menzogne senza alcun ritegno e denigrazioni. Una volta morti si cerca di trasformarli in idoli innocui, di santificarli, per così dire, concedendo al loro nome una certa fama a mò di consolazione e con l’intento di sedurre le classi oppresse; così facendo si privano tali insegnamenti del loro vero contenuto, si spunta la loro carica rivoluzionaria, s i finisce per volgarizzarli.
Vladimir Ilic Lenin
Lenin, come risaputo, non aveva tanti capelli però era abbastanza versato in lungimiranza. Quando affida all’arte della scrittura le righe sopraccitate nel suo “Stato e rivoluzione” non si sarebbe mai sognato, certamente, che l’idolatria e la rimozione, poco alla volta, della teoria rivoluzionaria sarebbero potute assurgere a esercitazione annuale della cosiddetta “sinistra”.
Ogni anno la stessa procedura: di buon ora e, talvolta, anche con temperature artiche, la sinistra residuale organizza un raduno col titolo “LL-Demo”. Piatto forte: gli anacronismi.
Chi ha il coraggio di andarci avrà modo di essere ripagato. Mentre i sado-maoisti incombono, instancabilmente, coi loro “milioni di posti di lavoro”, i trotzkisti di ogni sorta riescono a superarsi per fervore missionario per l’iniziazione, degli eventuali interessati, a livelli più elevati.
Ancor più divertente è il fatto che sono presenti gli stalinisti della vecchia scuola del DKP i quali, come oramai d’abitudine, si cimentano nella propaganda a favore dei bambini cubani e amplificano le solite promesse del capitalismo di stato caraibico. Per la musica provvedono di solito i promotori di un cosiddetto “Blocco antifascista” i quali hanno sempre in magazzino qualche verità lapalissiana da riferire:
Il corto circuito tra la situazione sociale oggettiva ed il costituirsi, a livello soggettivo, di una parte in causa, politicamente interessata, fa parte di quei concetti che rappresentano, fondamentalmente, un fallimento rispetto alla realtà.
Ricordare è bene, pensare è meglio
Accanto alla ostentazione di siffatte certezze e di ogni sorta di grossolane linee di partito il “ricordo di Rosa e Karl” rappresenta lo scopo specifico, divulgato nelle dovute forme ufficiali, dell’intero apparato organizzativo.
L’interesse preminente non è indirizzato verso i compagni e mem che meno alle tematiche afferenti l’attualità o alla validità delle teorie dei due rivoluzionari tedeschi. A Rosa e a Karl questi raduni devono sembrare essenzialmente delle belle trovate: è come se si fossero fatti ammazzare per poter permettere a questi signori di discettare, con il pretesto dell’ “onore”, e dare libero corso alle loro rappresentazioni degenerate. In coerenza con tutto ciò, negli annunci Rosa e Karl diventano, nei fatti, ciò che essi, come comunisti, giammai ci tenevano ad essere: “Politici impegnati per la pace e per la giustizia”, “eroi”, “martiri”, perfino “eroiche guide del proletariato tedesco”.
In tutta questa armonia necrofila ha modo di venir fuori un defilèe di zombies locali, stalinisti e appartenenti alla post-sinistra tutti accomunati dalla spasmodica ricerca di un punto, nel “cimitero dei socialisti”, da cui poter lanciare corone, così, per potersi tenere allenati ed il culmine della manifestazione è di certo rappresentato dal lancio dei garofani. Tutto sommato un rituale di molto grottesco e strano al quale perfino il Dalai Lama avrebbe avuto modo di riservare le sue risate.
Il carattere interamente conformista di questa esercitazione lo si può verificare anche nel fatto che il tutto viene portato avanti, tollerato, senza che vi siano lamentele, allo stesso modo di quel che accade al più che mansueto partito della sinistra, con riferimento alla sua partecipazione governativa ma, in particolar modo, allo smantellamento dello stato sociale.
Anche il PDS da il suo non irrilevante contributo a che non venga disturbato il riposo dei morti.
Con Rosa contro la “sinistra” - Tutto il resto sono stupidaggini
Sebbene claudicante e con una strana acconciatura, il sex appeal di Rosa non ammette discussioni in questa sinistra residuale. I socialdemocratici ipocrita-mente tornano sulla “libertà per i dissenzienti”, gli stalinisti la mistificano come “grande guida del partito”, la sinistra popolare ripiega la propria teoria dello spontaneismo ridando legittimità al qualunquismo post-moderno.
Tutto sommato una cosa abbastanza triste, quantomeno per il rosa [inteso come colore - ndt]; chi ricorre al lancio dei garofani per vedere confermate le proprie teorie è come se riaffermasse che quest’ultime rappresentano tuttora un efficace antidoto contro le promesse, le insulsaggini, della “sinistra”. Rosa, da avversaria irriducibile del capitalismo, si schierò contro la trasfigurazione dello Stato e fissò, nelle sue discussioni e polemiche con il riformismo, dei punti fermi. Allo stesso tempo ebbe modo di confrontarsi e dare risposte a proble-matiche quali l’istituto della supplenza (da intendere come delega ad altri anziché operare in maniera diretta), lo statalismo e si schierò per un socialismo emancipatore e per il principio dell’autonomia. Come internazionalista ebbe ad opporsi alla guerra, al nazionalismo e non si stancò mai di porre in evidenza come la retorica dell’auto-determinazione nazionale non abbia niente in comune con la politica dei rivoluzionari. Tutto questo, a prima vista, potrebbe sembrare banale ma non lo è affatto se lo si pone in rapporto con le attuali pretese intel-lettualialistiche della “sinistra”.
Niente è più lontano da noi che una trasfigurazione di Rosa in superstar come anche il sorvolare sui suoi errori dai quali, verosimilmente, oggi si può imparare molto di più. La sua rottura con il SPD avvenne troppo tardi e averla tirata assai per le lunghe, in termini di costituzione di un’organizzazione comunista, ebbe conseguenze assai sfavorevoli.
Può essere che in lei fossero ancora presenti delle suggestioni verso le organizzazioni della II Internazionale, fatto sta che non fu completamente in grado di affrancarsi dalle tattiche della socialdemocrazia e questo ebbe ad assumere configurazione, nelle discussioni sul parlamentarismo, in un suo appoggio a tendenze opportunistiche.
Questo errore, da citare e da avere sempre presente, può essere d’aiuto nel resistere e osteggiare questo feticismo tanto in auge in una “sinistra” che si prende, inutilmente, delle confidenze e che cerca, persino, la propria felicità, la propria realizzazione, in organizzazioni del tutto prive di principi.
Chiarezza ancor prima che unità
“Allearsi con i traditori porta alla sconfitta”: è quanto sosteneva Karl Liebnecht. Il programma comunista non è, di certo, compatibile con persone rimaste attaccate al puzzo di cadavere emanato dallo stalinismo o che hanno iscritto sulle loro bandiere le invenzioni della socialdemocrazia. La liberazione autentica non si realizza con ma solamente contro tali figuri. Una “sinistra”, per la quale l’affermazione del lavoro salariato, dello stato e della nazione è diventata quasi una seconda natura, non costituisce di certo un rafforzamento bensì qualcosa che ha a che fare con la schizofrenia!
Questo rituale della LL, che si ripete anno dopo anno, fa venire a mente un’organizzazione marxista che si trovi in una situazione, ben al di sopra del dileggio pubblico, in cui è pronta per passare all’azione.
Nei confronti di un rigetto, percepibile con quotidianità, verso il capitalismo è del tutto evidente l’attualità della risoluzione: “Socialismo o barbarie”. Noi ci troviamo di fronte ad una scelta: o correre il pericolo di accordi con la “sinistra” residuale con tutto quel che ne consegue, in termini di ricaduta, abdicando nella teoria e nella prassi, ed in termini di rincorsa alle cosiddette meraviglie dell’ordinamento “liberal-democratico” oppure rompere con tutto questo a favore di qualcosa di assai meglio: l’obiettivo comunista.
Quest’ultimo può forse sembrare difficile, arduo da raggiungere ma non lo è se teniamo in debito conto ciò che Rosa, nel caos della prima guerra mondiale, espresse al meglio:
JostNon siamo dei perdenti e vinceremo se sapremo imparare a non disimparare.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2007
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