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Home ›E per i Sindacati questa è una vittoria...
Dopo una serie infinita di scioperi, in verità molto soft, di rinvii, di accordi quasi siglati e poi rimangiati, Sindacati e Federmeccanica hanno chiuso il contratto dei metalmeccanici. A prendere per buone le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali, si tratterebbe di una grande vittoria perché tutte e le richieste salariali sarebbero state accolte, ma soprattutto perché la Federmeccanica ha dovuto rinunciare alla pretesa di aver mano libera nella gestione degli orari di lavoro. Perfino il Manifesto, che pure in più di una circostanza non ha risparmiato critiche alla linea di condotta dei Sindacati, in questa occasione ha parlato di “vittoria di portata storica”. “ Bisogna saper vincere”, con sotto la foto di un operaio con le dita della mano alzata in segno di vittoria, era, infatti, il titolo di apertura della sua prima pagina del 20 gennaio u.s.
Ma è stata davvero una vittoria e per di più di portata storica?
Cominciamo dagli aumenti salariali. Intanto, va subito rilevato che non sono uguali per tutti, come sembrerebbe stando alle prime dichiarazioni di parte sindacale, ma differenziati fra i diversi lavoratori a seconda dei livelli di appartenenza.
L’aumento di 100 euro, il più alto, è solo per i lavoratori del quinto livello mentre per quelli che si trovano al 4° e al 3°, l’aumento sarà mediamente di 81 euro lordi mensili. Inoltre, facendo riferimento sempre all’aumento di 100 euro, 60 euro, insieme all’una tantum di 320 euro uguali per tutti relativa all’anno e mezzo di ritardo del rinnovo del contratto, verranno corrisposti subito, 25 a partire dal prossimo ottobre e 15 dal marzo 2007. Insomma: non solo pochi e maledetti, ma anche scaglionati nel tempo. Se, poi, si tiene conto che - come ha reso noto la Banca d’Italia solo qualche giorno prima della conclusione della vertenza - tra il 2002 e il 2004 il reddito familiare dei lavoratori dipendenti è diminuito, a causa dell’inflazione, del 2,1 per cento, (ma molto di più se raffrontato con il tasso di inflazione reale superiore di circa sei punti percentuali a quello ufficiale), gli incrementi salariali ottenuti sono in realtà poco più di un obolo. In cambio di questo obolo, però, le imprese hanno ottenuto l’estensione dell’apprendistato a tutti i lavoratori dal 3° livello in su e per una durata massima di 60 mesi per i lavoratori del 5° livello, 52 per quelli del quarto e 42 per quelli del terzo; mesi che si riducono, rispettivamente per ogni livello, a 54 e 34; 52 e 46; 36 e 24 per i lavoratori in possesso di diploma di scuola media superiore o laurea. Mentre per i lavoratori del 2° livello, cioè il livello di ingresso degli addetti alle catene di montaggio, che pure svolgono mansioni molto semplici e perciò di facile acquisizione, è previsto un periodo di apprendistato di 24 mesi. Inoltre, con l’estensione dell’apprendistato dal terzo livello in su, in pratica alle imprese è concesso di impiegare i lavoratori in mansioni di livello superiore anche per periodi di tempo molto lunghi (fino a 60 mesi) retribuendoli con il salario del livello inferiore e senza la certezza che una volta terminato il periodo di apprendistato abbia luogo l’inquadramento nel livello più alto. Per i nuovi assunti, che di solito vengono inquadrati nel 2° livello, l’apprendistato di fatto non è altro che la forma camuffata della legalizzazione della formula “Usa e getta” e della possibilità per le imprese di licenziare nei primi due anni anche senza giusta causa e a dispetto dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori in difesa del quale tanti scioperi sono stati fatti fare ai lavoratori negli anni scorsi. Ma non è finita qui.
La Federmeccanica chiedeva più flessibilità dell’orario di lavoro e mano libera nella sua gestione. Vediamo cosa ha ottenuto. Innanzi tutto, la possibilità di ricorrere, previo accordo con le Rsu, oltre le 32 annue ore già previste, allo straordinario nei giorni di sabato per altre 64 ore annue con una maggiorazione della retribuzione del 10% e non del 50% come previsto per le 32 ore. E, nel caso l’andamento del mercato lo richiedesse, l’azienda, potrà far recuperare i sabato eventualmente lavorati in altri giorni della settimana. In pratica, quel che finora era considerato lavoro straordinario è diventato lavoro ordinario e come tale retribuito anche se prestato oltre il normale orario di lavoro.
Infine, sempre in tema di flessibilità, i Sindacati hanno accettato, seppure in via sperimentale, fino al prossimo mese di agosto l’orario plurisettimanale. A seconda delle esigenze del mercato, previo accordo con le Rsu, l’orario settimanale potrà durare da un minimo di 32 a un massimo di 48 ore purché il monte complessivo delle ore lavorate non superi la media di 40 ore settimanali su base annua. Viene cioè introdotto anche nel settore metallurgico, e perciò di fatto generalizzato, il metodo di calcolo della durata della settimana lavorativa in uso nei settori ad andamento stagionale quali l’agricoltura o il settore del turismo creando così i presupposti per modulare l’impiego della forza-lavoro nei processi produttivi anche fortemente automatizzati in sintonia con gli alti e bassi del mercato. In tal modo, le imprese possono incrementare lo sfruttamento della forza-lavoro mediante il prolungamento della settimana lavorativa anche mantenendo immutato, se non addirittura incrementandolo, il già elevatissimo, e altrimenti insostenibile, grado di produttività oraria del lavoro. I lavoratori infatti potranno essere lasciati a casa quando l’andamento del mercato lo consente e recuperare così le loro energie psico-fisiche. E con ciò la previsione di Marx secondo cui lo sviluppo tecnologico, l’introduzione di macchine sempre più sofisticate nei processi produttivi, fermi restando i rapporti di produzione capitalistici, avrebbe reso i lavoratori non già più liberi ma sempre più subordinati alle macchine, e dunque al capitale, fino a diventarne una pura appendice, un loro accessorio risulta splendidamente confermata.
A ben vedere, dunque, i Sindacati possono sì a ragione gridare vittoria, ma solo nel senso che hanno visto riconosciuto e rafforzato il loro ruolo di cogestori delle forme più raffinate ed estreme dello sfruttamento della forza-lavoro e non certo per aver rappresentato e difeso gli interessi e i diritti dei lavoratori, che invece da questa tornata contrattuale ne escono con salari, già bassissimi, ulteriormente ridotti, ma soprattutto completamente asserviti alla logica del massimo profitto al pari di una qualsiasi macchina. Anzi, ridotti a pura appendice di queste macchine con in più l’obbligo di dover produrre anche quanto serve per la propria “manutenzione”. Se questa è una vittoria...
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2006
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