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Home ›Il referendum in Francia e in Olanda frena l'Europa
In meno di una settima gli elettori francesi e quelli olandesi hanno respinto, a netta maggioranza, la ratifica di quella che dovrebbe divenire la nuova costituzione europea. Da tempo, sia in Francia che in Olanda, stavano montando malumori ed insofferenza verso l'Unione Europea: il "no" al referendum non era quindi del tutto inaspettato ma sta comunque provocando seri problemi ad una borghesia che aveva fatto del processo di unificazione uno dei capisaldi della sua politica di scontro con gli Stati Uniti. La crisi economica che negli ultimi cinque anni ha subito una preoccupante accelerazione e che aveva già segnato la sconfitta elettorale di tutte le forze politiche al governo nei diversi paesi dell'Unione è stata la vera causa del "no" francese ed olandese. La rapida deindustrializzazione di vaste regioni del vecchio continente, la contrazione dei salari reali dovuta ad un carovita galoppante, la precarizzazione del mondo del lavoro ed il progressivo smantellamento dello stato sociale hanno enormemente amplificato il disagio in cui, da anni, ormai vive la stragrande maggioranza del proletariato europeo. Anche fette sempre più consistenti di quello che un tempo era definito "ceto medio", cioè di piccola o piccolissima borghesia, sono oggi pesantemente colpite da una crisi economica che, al di là degli sbalzi congiunturali, sta nuovamente evidenziando la strutturale incapacità del modo di produzione capitalistico di superarla per mezzo del ricorso a questa o a quella politica economica, ma solo di scaricarne i costi sul proletariato e gli strati sociali ad esso assimilabili e comunque più deboli della società. Da questo punto di vista il caso francese è emblematico: le istituzioni europee sono state, infatti, individuate come le principali responsabili della crisi economica e come tali sono state punite dal voto dei lavoratori dipendenti e degli agricoltori, questi ultimi seriamente danneggiati dalla riforma della Politica agricola comunitaria e dalla riduzione delle risorse loro destinate a causa dell'allargamento dell'Unione ai Paesi dell'est. È stato quindi facile per lo schieramento del "no" utilizzare proprio il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori francesi per accreditarsi come argini al montante liberismo dell'unione europea e della sua costituzione. Ovviamente la critica delle forze contrarie all'Europa si è fermata al neo-liberismo e non ha assolutamente coinvolto il sistema capitalistico nel suo complesso che è anzi stato da esse fortemente esaltato nelle versioni tradizionali e più "sociali" (oggi difficilmente sostenibili proprio a causa della sua crisi struttale). La brusca frenata subita dal processo di unificazione europeo rappresenta una pericolosa battuta d'arresto per la grande borghesia del vecchio continente ma non certo nei confronti della classe lavoratrice: ad uscirne vittoriosi, almeno temporaneamente, sono, infatti, solo gli Usa che vedono aprirsi una crepa di non poco conto nel processo di costruzione di un polo imperialista europeo coeso politicamente e militarmente ed in grado di imporre sui mercati internazionali l'euro come valuta alternativa al dollaro.
Non è un caso che il Weekley Standard, organo dei neoconservatori americani, abbia immediatamente esultato per l'esito negativo dei referendum francese ed olandese: senza il predominio sui mercati del petrolio e senza il monopolio del dollaro come valuta internazionale gli Stati Uniti difficilmente riuscirebbero a sostenere una situazione economica caratterizzata da un altissimo debito sia pubblico sia privato e da un disavanzo della bilancia dei pagamenti che resta a livelli preoccupanti nonostante la svalutazione subita dal dollaro nell'ultimo anno. Così come è oggi vitale per la borghesia americana mantenere il monopolio del dollaro è altrettanto vitale per quella europea riuscire a costituire un polo imperialista abbastanza forte per contrastare gli Stati Uniti: per questo, nei prossimi mesi, gli altri stati dell'Unione ratificheranno, con ogni probabilità, quella stessa costituzione bocciata in questi giorni in Francia ed Olanda.
Questi referendum hanno evidenziato il mancato coinvolgimento ideologico del proletariato europeo rispetto al processo di unificazione: questo rappresenta, oggi, un problema di non poca importanza per una borghesia costretta a mettere in discussione i principali assetti internazionali e a contrapporsi, quindi, in modo sempre più diretto agli Stati Uniti. Il movimento del "no" francese ed olandese non è però indice di una prima presa di coscienza da parte del proletariato europeo ma non esce minimamente dall'alveo ideologico borghese ed è anzi proiettato verso la costruzione di un'ideologia più "sociale" ma pur sempre finalizzata a creare consenso intorno al progetto imperialista europeo.
TomBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2005
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