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Home ›I brogli elettorali in Ucraina e negli Usa Tutto il potere alla oligarchia
Secondo la stampa borghese il feroce scontro politico che si è aperto in Ucraina dopo le elezioni del 21 novembre 2004 è stato determinato da un cattivo funzionamento del principio della democrazia rappresentativa. I soliti retaggi della cultura stalinista, fatta di imbrogli, calunnie e soprusi, in una sola parola dalla congenita cultura antidemocratica, hanno determinato il fallimento delle ultime elezioni politiche ucraine. Un fiasco elettorale frutto quindi di una condizione particolare del paese, ancora non perfettamente maturo per applicare fino in fondo la democrazia. Ci occupiamo in un altro articolo del giornale dei reali motivi che stanno scaraventando l'Ucraina nel baratro della guerra civile, a noi preme sottolineare come il fallimento delle elezioni di questo paese sia solo l'ultimo episodio di una nuova fase del capitalismo che prevede il totale superamento della vecchia democrazia borghese. Mentre il pensiero dominante ci propina quotidianamente l'idea che con un semplice segno di penna su una scheda elettorale i liberi cittadini possano effettivamente cambiare le proprie condizioni di vita, le dinamiche della crisi capitalistica spingono la borghesia a gestire il proprio potere in termini sempre più autoritari e a non tollerare alcun ostacolo che si frapponga ai suoi più beceri interessi materiali.
Ad un osservatore disattento potrebbe apparire che la crisi che si è aperto in Ucraina in seguito al mancato riconoscimento dei risultati elettorali da parte di Victor Yushchenko, ex primo ministro nonché direttore della banca nazionale, rispetto alla dichiarazione di vittoria da parte dell'attuale primo ministro Yanukovich, sia veramente un caso isolato nel panorama internazionale; in realtà si tratta solo dell'ultimo e neanche del più importante episodio di fallimento dello strumento elettorale democratico borghese. Soltanto pochissime settimane prima dall'altra parte dell'Atlantico si è consumata l'ultima grande farsa elettorale statunitense. È stato dichiarato vincitore Bush, il candidato democratico ha accettato il verdetto ma sono rimasti tantissimi dubbi sulla legittimità della vittoria e sulle modalità di espressione dei voti e del successivo conteggio degli stessi. In sostanza la più grande e vecchia democrazia del mondo, il paese che scatena in ogni angolo del pianeta guerre contro i nemici della democrazia, che investe miliardi di dollari in armi che serviranno ad esportare sempre e solo democrazia, fa votare i propri cittadini ma le loro scelte servono solo ad alimentare l'illusione di poter contare veramente qualcosa, in realtà non valgono assolutamente nulla.
Già prime delle elezioni americane erano state sollevate delle critiche e dei forti dubbi sulla legittimità degli strumenti utilizzati per esprimere il proprio voto. Giusto per distinguersi dagli altri e per accelerare il conteggio, negli Stati Uniti non si vota più esprimendo la propria preferenza sulla vecchia scheda cartacea, ma semplicemente toccando lo schermo di un elaboratore nel punto dove è posizionato il proprio candidato. L'elaboratore memorizza i dati raccolti durante la procedura di voto ed alla fine decreta il numero di preferenze accordate ai diversi candidati. Ora proprio intorno ai criteri di conteggio, al pericolo che tale conteggio possa essere contraffatto da dati infiltrati dall'esterno, si è scatenata una polemica tra coloro che nutrono dubbi sulla legittimità del voto e i sostenitori del nuovo sistema. Andando in fondo alla cosa si è scoperto che l'impresa che fornisce i programmi conta-voti è tra i maggiori sponsor del partito repubblicano, questo spiega le molte perplessità e i molti dubbi degli oppositori democratici.
Ma la fine della democrazia rappresentativa negli Stati Uniti e in tutti gli altri paesi del mondo non è solo determinata da un semplice problema tecnico nel conteggio dei voti, è il frutto di una nuova fase del capitalismo che vede la borghesia sempre di più impegnata a difendere a spada tratta i propri privilegi di classe. Bush, Berlusconi e Blair vincono non perché hanno ottenuto più voti (magari nella realtà ottengono pure più voti) ma perché sono l'espressione politica diretta dei gruppi economici dominanti nei loro rispettivi paesi. Bush è stato riconfermato presidente degli Stati Uniti perché il gruppo petrolifero-militare non ammette la benché minima interferenza nella gestione della politica economica americana. Bush e la sua squadra sono l'espressione più compiuta di una lobby che è disposta a tutto pur di tutelare i propri interessi; non è un caso che l'uomo meno allineato nello schieramento presidenziale Colin Powel è stato fatto fuori appena dopo la riconferma di Bush. In una fase di crisi economica acuta come quella che stiamo vivendo le uniche imprese statunitensi che hanno visto aumentare i propri profitti negli ultimi due anni sono quelli del settore militare e petrolifero, le stesse imprese che hanno imposto agli Stati Uniti e quindi al mondo Bush e la sua politica.
Questa crisi economica ha aperto una fase in cui lo stato è diventato, uno strumento esclusivamente in mano a determinati gruppi economico-finanziari. Se in passato lo stato, pur essendo sempre uno strumento del dominio borghese, ha svolto una funzione di mediazione politica anche tra i diversi settori della borghesia, l'attuale crisi economica ha praticamente annullato gli spazi per la continuazione di questa mediazione accentuando quindi la funzione repressiva ovviamente contro il proletariato ma anche nei confronti di quei settori della borghesia non allineati con le lobby dominanti come per esempio sta accadendo in Russia. Non è un caso che poche settimane prime del voto americano durante una manifestazione di protesta contro Bush organizzata dal partito democratico che chiedeva un cambiamento della politica presidenziale siano state arrestate a New York oltre duemila persone. Qualsiasi opposizione anche quella che si muove all'interno delle compatibilità borghesi non può essere tollerata.
I cambiamenti determinati dall'agire di una crisi economica che non concede tregua al capitale hanno chiuso la fase della democrazia rappresentativa. Lo stato è sempre di più uno strumento in mano a comitati d'affari che impongono al resto della società le proprie scelte. Le elezioni sono state sempre inutili per l'emancipazione del proletariato dalla schiavitù del capitale, ora sono diventate inutili anche per scegliere i rappresentanti degli avversari di classe. Ci fanno ancora votare, ma in realtà chi dovrà governare è una decisione che spetta solo ed esclusivamente ai grandi gruppi economico-finanziari.
plBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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