Gli industriali scaricano Berlusconi? Una manovra finanziaria fondata sull'imbroglio

Rapina e imbroglio. Così, in sintesi, può essere definita la manovra di politica economico-finanziaria del governo.

I termini della rapina, cioè del gigantesco trasferimento di ricchezza dalle tasche dei più - i proletari - a quelle dei meno - i borghesi - sono esposti in questo stesso numero del giornale.

L'imbroglio, invece, consiste nel voler far credere che un taglio delle tasse di questo tipo potrà ridare slancio alla macchina sfiatata dell'economia italiana e, in particolare, al settore industriale.

A dire il vero, il prestigiatore-capo del circo governativo, autoproclamatosi Presidente operaio, tra una dichiarazione trionfalistica e l'altra, ha buttato lì una frase che, meglio di qualsiasi commento critico, illumina a giorno le reali capacità propulsive del nuovo "miracolo" italiano: "Non ci facciamo illusioni che un intervento come questo possa dare un impulso straordinario all'economia... " (il manifesto,26-11-04). Per una volta, siamo perfettamente d'accordo, perché questa idea bizzarra non ci ha mai nemmeno sfiorato. Ma nemmeno gli industriali, quelli che contano, si sono mai fatte simili illusioni, tanto che sparano a zero sul "miracolo" e, quasi quasi, scendono in piazza coi sindacati. Se non lo fanno materialmente (ma a Napoli l'hanno fatto), sui giornali da loro controllati hanno scatenato una campagna di "sputtanamento" del baraccone governativo, nella quale le misure fiscali sono sottoposte a una critica impietosa.

Con solide argomentazioni si demolisce una manovra finanziaria che obbedisce sostanzialmente a scopi elettoralistici, e che appaga per lo più l'ottusa voracità del piccolo-medio borghese, sempre pronto a piangere miseria e ancora più svelto a evadere le tasse, a fatturare in nero, a sottopagare i suoi dipendenti, ad affittare le sue case a prezzi da strozzino, in breve, insofferente come e più del grande borghese di ogni regola della "civiltà " capitalistica. Ma l'alta borghesia, pur non sputando affatto sui milioni supplementari che intascherà, sa bene che tutto questo allargherà i buchi nel bilancio dello stato senza risolvere i suoi (della borghesia) problemi di fondo.

La situazione è talmente grave che la campagna di demistificazione portata avanti da questo settore della grande borghesia, esprime apertamente ciò che andiamo dicendo da lungo tempo, vale a dire che il modello economico americano, a cui si ispirano Berlusconi e la sua ciurma, non solo balla pericolosamente sull'orlo del baratro, ma che non può essere esportato (S. Roach, Affari&Finanza 22-11-04). Infatti, il ritmo sostenuto dei consumi e la crescita (drogata) dell'economia non derivano affatto dal taglio delle tasse, che ha avvantaggiato enormemente i ricchi e spinto nella miseria milioni di persone, private del già anemico stato sociale proprio per finanziare l'abbassamento delle imposte.

No, gli USA possono permettersi di vivere al di sopra delle loro possibilità grazie al ruolo particolare, anzi, unico, svolto dal dollaro nell'economia internazionale, sostenuto brutalmente dalla più grande macchina militare mai apparsa nella storia. Gli Stati Uniti vivono di debiti, che fanno pagare agli altri, perché costoro non hanno, per ora, la forza di opporsi. La repubblica a stelle e strisce ha un debito aggregato (dato dalla somma di quello delle famiglie, dello stato e delle imprese) pari al 300% del Pil (G. Tamburi, Affari&Finanza,29-11-04), e la borghesia americana difende il privilegio di "mangiare a sbafo" a spese del mondo con la guerra permanente.

L'Italia, pur avendo un debito pubblico pari "solo" al 106% circa del Pil, non può fare affidamento sul ruolo privilegiato della propria moneta, né su uno strapotere militare di tipo americano; senza contare, poi, che è inserita in un contesto economico-politico, l'Unione Europea, che sta bene attenta prima di assecondare le cialtronerie elettoralistiche di Berlusconi e compagnia cantante. I Montezemolo, i De Benedetti ecc., sanno benissimo che qualche spicciolo in più a fine mese non permetterà il fantomatico rilancio dei consumi, perché quei pochi euro (per altro distribuiti inegualmente solo al 40% dei contribuenti) non possono nemmeno lontanamente compensare gli irrisori aumenti (se ci saranno) degli stipendi agli statali e i tagli nel pubblico impiego, l'innalzamento delle imposte locali e del costo dei servizi pubblici, ecc. ecc.

Sia chiaro, si tratta di provvedimenti che sono nell'agenda di qualsiasi governo (dentro e fuori l'Europa), perché rispondono alla necessità del capitale di eliminare quanto piùè possibile i lavoratori improduttivi di plusvalore primario, per cui il centro-sinistra - sotto sotto - ringrazia chi gli ha risparmiato almeno una parte del lavoro sporco che dovrà portare avanti quando e se ritornerà a governare. Anche i "poteri forti" non hanno niente da ridire su questi specifici aspetti, anzi!, ma il punto è un altro. Da questo governo hanno avuto tanto, in primis la legge 30, ma non abbastanza. Evidentemente la riduzione della forza-lavoro a fazzoletto usa e getta, da sola, non è sufficiente a mettere la malridotta economia nazionale nella condizione di competere sui tempestosi mercati della mondializzazione capitalista. Il capitale italiano richiede altri pesanti interventi economico-finanziari, di tipo strutturale, che non siano subordinati agli interessi personali del "capo" e alle sue vicende giudiziarie; non da ultimo, una pace sociale, sui posti di lavoro e nelle piazze, che l'attuale compagine governativa non può assicurare.

Al contrario, il centro-sinistra, in particolare il sindacato, ha già dimostrato egregiamente di saper anestetizzare il crescente malcontento proletario o, al peggio, di circoscrivere quegli episodi di lotta di classe che in un primo momento sfuggono al guinzaglio sindacale. Fino a quando, non è dato saperlo, ma viste le gravissime difficoltà economiche che sta attraversando, per la borghesia, oggi, vale il detto "campa un giorno, campa un anno".

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.