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Necessità dell'autonomia del proletariato e della costruzione del partito
La giornata del primo maggio da troppi decenni nel nostro paese è diventato un rituale privo dei suoi significati di classe e di lotta anticapitalistica e ancor più di ogni messaggio internazionalista.
In anni di maggiori tensioni sociali settori di lavoratori hanno partecipato alle manifestazioni con l'intento di rilanciare una volontà di lotta più radicale e di rinsaldare legami di solidarietà che andassero al di là della mera difesa quotidiana dallo sfruttamento. Ma malgrado le tante bandiere rosse e le numerose falci e martello riprodotte sulle insegne dei manifestanti che si vedevano negli anni di maggiori mobilitazioni, queste restavano espressione di un riformismo, a seconda delle fasi più o meno radicali, che spacciava per socialismo un programma di ridistribuzione del reddito e per trasformazione dello stato di cose presente, o addirittura per rivoluzione, lo sviluppo della democrazia borghese. Senza parlare poi dell' appoggio alle borghesie nazionali più o meno radicali, ma sempre coerentemente all'interno del gioco dei conflitti o delle alleanze interimperialiste, spacciato per internazionalismo proletario. Questo è il dato e non ce ne scandalizziamo: per quanto schifo ci faccia, il riformismo è un portato oggettivo dello sviluppo capitalistico e in particolare della sua fase imperialista e ha assunto in varie fasi fondamentali della storia il ruolo di falsa coscienza degli sfruttati e di veritiera rappresentazione degli interessi della sopravvivenza dello stato borghese. Ciò non ci ha impedito di essere sempre presenti con i nostri limitati mezzi di propaganda in tutte le manifestazioni del primo maggio da più di cinquant'anni, non solo perché siamo stati, siamo e saremo sempre presenti dove scende in campo la nostra classe, anche quando è deviata da ideologie e linee politiche estranee ai suoi interessi, ma perché non sottovalutiamo la necessità di richiamare alla memoria il significato simbolico originario del primo maggio rigorosamente classista e internazionalista.
Saremo dunque in piazza anche quest'anno pur sapendo che anche questa volta la stragrande maggioranza dei lavoratori che manifesteranno sono egemonizzati da forze riformiste che, anche nella loro versione più radicale, cercano di affogare il proletariato nella generica cittadinanza, di deviare l'internazionalismo classista verso il pacifismo imbelle, di annacquare la lotta contro lo stato borghese in difesa della democrazia e di stemperare la necessità della prospettiva comunista nella generica e vuota possibilità di un "nuovo mondo". Ma allora ci dobbiamo rassegnare alla routine di un primo maggio ritualistico con da una parte le masse riformiste e dall'altro esigue minoranze nostalgiche dell'internazionalismo e del programma comunista? Non c'è niente di nuovo sotto il sole? La risposta è: no, questo 1 maggio cade in un anno in cui molte sono le novità. Innanzitutto si moltiplicano i segnali dell'aggravamento della crisi capitalistica, ormai anche per i più ciechi non congiunturale, ma storica, crisi da eccesso di accumulazione, da enorme predominanza di capitale costante morto sul capitale variabile vivo, da riduzione quindi decisa dei tassi di profitto e conseguente estensione della speculazione finanziaria sugli investimenti produttivi, da predominio sempre maggiore del capitale fittizio su quello industriale. Tale crisi, che mostra da almeno 25 anni a chi vuol vedere il carattere sempre più regressivo del sistema capitalista, è divenuta di tali proporzioni che rende difficile agli stessi economisti e corifei del capitale di nasconderla e che innanzitutto spinge le borghesie di tutti i paesi del mondo all'attacco più violento, da sempre, contro la classe operaia e tutto il proletariato, con ritorno a forme che sembravano ormai superate di schiavitù del lavoro e con espulsioni sempre crescenti di forza lavoro che prende la via di disperate migrazioni o si rassegna alla fame, con l'imposizione anche nelle aree economiche "forti" di salari bassi e lavoro precario. Una crisi che spinge i principali paesi imperialisti a guerre sempre più sanguinose per controllare i mercati delle materie prime e principalmente del petrolio, strumento fondamentale non solo energetico, ma di rendita parassitaria a favore del dollaro, ma potenzialmente anche del concorrenziale euro, e che spinge anche i paesi che non sono forti finanziariamente a stare comunque sul campo di battaglia, sfruttando la loro forza militare, per contrattare un ruolo nella distribuzione sempre più magra del plusvalore estorto alla classe operaia.
Una crisi infine, e insieme una sua gestione da parte del capitale finanziario, che tiene interi stati del sud del mondo nel rischio sempre più concreto della pauperizzazione generale e che ha ridotto uno stato economicamente sviluppato, come l'Argentina, alla bancarotta totale. Ma le novità di quest'anno non sono solo quelle indotte dall'inasprimento della crisi; per la prima volta dalla sconfitta degli anni venti riappaiono episodi di lotta coerentemente classista e di autonomia del proletariato dai partiti borghesi, anche riformisti, tra i quali riteniamo più emblematica la lotta dei piqueteros argentini. Anche nel nord del mondo, all'interno di movimenti radical-riformisti, come i no-global, insieme a settori piccolo borghesi democratici, ma anche a lavoratori legati ancora alla tradizionale sindacalizzazione, appaiono settori giovanili di proletariato pervasi da più nette istanze anticapitaliste e da una più radicale avversione per lo stato borghese, come si è visto anche a Genova nelle mobilitazioni anti G8.
Sono segnali importanti che spingono il nostro partito, ma ci auguriamo anche altre forze comuniste rivoluzionarie e internazionaliste, a vivere diversamente questo primo maggio, come d'altra parte le altre scadenze di lotta che lo precederanno. Un primo maggio per rispondere ai segnali di ripresa della lotta di classe con un livello di analisi e di proposta adeguato alle necessità della fase. La nostra propaganda non si limiterà quindi a fare un appello per un primo maggio di lotta e non di parata, perché in esso saranno già presenti tensioni sociali, e nemmeno soltanto, come da nostra tradizione, a un invito ad assumere il carattere internazionalista nello scontro di classe, che pure è indicazione indispensabile di fronte ai fraintendimenti diffusi delle parole d'ordine a favore dell'autodeterminazione dei popoli e dei fronti uniti contro l'"impero del male" nordamericano. Si incentrerà invece principalmente su quella che, di fronte alle nuove esplosioni, seppure embrionali, di effettiva lotta anticapitalista, è l'esigenza fondamentale: la ricostruzione del partito comunista a scala internazionale. Non si tratta di fare un appello generico, che sarebbe inconcludente, ma richiamare tutti i proletari d'avanguardia e le forze rivoluzionarie ad assumersi le proprie responsabilità soggettive contro quegli organismi e partiti che sostengono un impotente movimentiamo e seminano tradizionali illusioni democratiche. Tali forze si battono a favore di una pluralità di soggetti politici e di programmi diversi all'interno di un generico movimento per un "nuovo mondo possibile", così mascherando proprio il rifiuto di un programma comunista per la proprietà sociale dei mezzi di produzione e l'abolizione quindi del capitale nelle forme del denaro e del lavoro salariato, e che esplicitamente rifiutano l'abbattimento dello stato borghese, unica via per imporre il potere proletario e iniziare la transizione, illudendo su una sua possibile democratizzazione. È possibile una risposta critica a queste forze non soltanto perché le loro analisi sono palesemente fragili e le loro posizioni incoerenti con le necessità della lotta, ma specialmente perché oggi esistono settori disposti ad ascoltare la nostra voce.
Facciamola sentire più alta in questo primo maggio, per accelerare i passi che dalla sensibilità in ripresa verso la necessità oggettiva del comunismo portino alla coscienza da parte di sempre maggiori avanguardie della urgenza della costruzione del partito comunista internazionalista.
GLBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2002
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