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Home ›Petrolio e politica - La natura borghese della guerriglia sudamericana
Dopo 50 anni di ininterrotto conflitto "interno", durante il quale si sono avvicendate due guerre civili, in Colombia si è configurata una situazione di dualismo di potere. Ciascun stato o para-stato è provvisto di tutti i meccanismi e gli organi di un Leviathano, con il loro particolare apparato esecutivo, giudiziario e legislativo, disputando al suo omologo la giurisdizione che ognuno pretende di esercitare come una proprietà di sua esclusiva competenza. Nessuna delle parti in conflitto ha mai obbedito a solidi principi, nemmeno nella fase in cui la guerra interna poteva considerarsi una versione locale del più ampio scontro tra i blocchi imperialisti sorti dopo la seconda guerra mondiale; in cambio ogni schieramento segue un pragmatismo che solitamente sconcerta coloro che procedono con schemi e cliché troppo semplici e rigidi per esaminare i fenomeni politici. Infatti, indipendentemente dall'origine sociale degli individui protagonisti dello scontro e dai loro sedicenti principi politici, una volta che le strutture statali o para-statali edificate negli anni hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, il loro comportamento consiste nel formare un meccanismo di potere destinato a produrre sottomissione.
Negli ultimi dieci anni, dopo la caduta del blocco sovietico, la lotta per l'assoluta supremazia è stata sostituita dall'obiettivo di raggiungere l'integrazione dei due poteri in un nuovo stato ricostituito, obbediente ai nuovi statuti di un accordo politico che deve concretizzarsi in un governo di coalizione capace di armonizzare i vecchi nemici in un nuovo orizzonte politico compartecipativo, che assegnerà alle parti oggi in conflitto una quota ragionevole di gestione del potere. Le relazioni stabilite tra le due parti, così come la possibilità di celebrare futuri patti e accordi, sono sottomesse tanto al potere reale e alla facoltà di ricatto sociale, politico e militare raggiunta da una di esse, quanto alle garanzie offerte agli interessi economici dei gruppi industriali e finanziari più potenti, dai quali, in ultima analisi, dipende la loro sopravvivenza. Entro questo quadro, si svolge la disputa per la rendita finanziaria e per l'appropriazione della gestione o, almeno, della legislazione delle attività economiche - e delle aree geografiche - della Colombia.
Le ragioni per le quali ognuno degli stati o para-stati mira con avidità all'affare petrolifero sono le stesse per le quali i grandi investitori e compagnie del mondo si sentono attratti a investire. Il loro legame col petrolio differisce solo in un punto: nel grado estremo di parassitismo che li caratterizza. Per ognuno dei para-stati il capitale e la tecnologia devono essere portati dalle compagnie petrolifere attraverso contratti di associazione con le imprese nazionali; solo ad essi compete stabilire il dominio territoriale e un apparato amministrativo fidato. La scelta delle compagnie viene fatta in base alle garanzie offerte da ogni para-stato riguardo l'esplorazione e l'estrazione del greggio in termini redditizi. Al fondo: come parte della lotta per la loro sopravvivenza, ambedue i para-stati fanno a gara per offrire le migliori condizioni al capitale, perché questo significa diritti, imposte e partecipazione, cosa che, naturalmente, conviene oltremodo alle loro casseforti. In ultima analisi, tutti rispondono a uno stesso principio e sono inglobati dalle stesse forze che delineano l'economia mondiale.
Ricordiamo che negli anni '80 e '90 del XX secolo l'America Latina è stata leader nella scoperta di nuovi giacimenti. In Colombia è stato trovato il più importante giacimento americano dopo Prudhoe Bay in Alaska nel 1968. Qui solo un terzo del totale dell'area con riserve accertate è stato esplorato. Lo sfruttamento complessivo è stato diviso tra BP, Total, Triton Energy Corporation Dallas e l'impresa statale Ecopetrol. Questo mare di petrolio trasforma la regione - e in modo particolare la zona di frontiera colombo-venezuelana, dove si trovano i giacimenti più ricchi - in una zona di scontro particolarmente intenso. Per la sorpresa di quelli che credono ancora nella retorica anti-imperialista della guerriglia, nessuna delle due parti in conflitto è sfavorevole alla privatizzazione, al contrario, tutte riconoscono i vantaggi di associarsi con le transnazionali, solo che discutono le modalità della privatizzazione medesima e ricercano condizioni che le favoriscano sul piano politico, finanziario e geostrategico. Insediando una forte presenza militare e statale nelle regioni petrolifere e minerarie sfruttate dalle multinazionali, la guerriglia si pone come interlocutore legittimo delle compagnie e opera come stato garante della rendita petrolifera. Mediante questa transazione sociale e politica con i latifondisti, la borghesia rurale e le compagnie, la guerriglia assegna tasse, funzioni, giurisdizioni, diritti e doveri che le permettono di agire come uno stato tra le popolazioni sottomesse alla sua disciplina. Le compagnie sono benvenute e considerate un elemento privilegiato di negoziazione in tanto che accettano la loro compartecipazione, però allo stesso tempo sono oggetto di pressioni coercitive dirette a convincerle della pertinenza di tale negoziazione. Così, nel mentre ottiene la visibilità con una legittimazione ideologica, la guerriglia ammassa giudiziosamente denaro in cambio di protezione sotto la voce di "contributi sociali di guerra" dal suo "governo rivoluzionario".
I primi patti delle guerriglie con le multinazionali si stipularono negli anni '80, con il consorzio tedesco Mannesmann, il quale diede speciali benefici all'ELN, sborsando milioni di dollari per il finanziamento dell'organizzazione e per i suoi progetti sociali nella regione degli "llanos orientali" presso la frontiera col Venezuela. A questo accordo ne sono seguiti altri, i più recenti tra la British Petroleum Company e le FARC nella regione degli U'wa, una tribù indigena che si oppone alla perforazione nelle sue terre dei pozzi della compagnia. La guerriglia ha assunto il compito di mantenere le popolazioni indigene in condizione di minaccia permanente e ha assassinato tre "indigenisti" nordamericani che rappresentavano i loro interessi presso gli organismi internazionali. Il compito della guerriglia è quello di tenere a freno le rivendicazioni indigene e di ripulire la regione da eventuali oppositori alla sua politica. A questo proposito, le FARC hanno emesso un decreto che proibisce ai portavoce dei movimenti indigeni e agli ecologisti che si oppongono allo sfruttamento petrolifero di quelle terre di rimanere nella regione e considerano obiettivo militare qualunque elemento estraneo presente in essa.
Dunque, le forze della guerriglia si comportano come uno stato separato che soppianta quello ufficiale precisamente nel punto in cui questo ha rinunciato alle sue funzioni, rivaleggiando con esso per il controllo dei meccanismi economici e sociali di formazione della rendita.
Questa è la sintesi delle vere coordinate di una politica che si traveste di rivoluzione e socialismo, ma risponde, in realtà, alla logica della appropriazione parassitaria della rendita e partecipa al movimento convergente del capitale per sottomettere il corpo sociale a questa.
pgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2000
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