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Home ›Lo squallido gioco delle parti della politica italiana
Teatrino delle recite piu' becere dove ognuno dice e fa tutto e il contrario di tutto
Banale è constatare che in una società borghese essere al potere significhi governare la macchina produttiva, contribuire alla distribuzione della ricchezza sociale secondo i canoni dello sfruttamento capitalistico, usufruire di tutte le situazioni in favore del capitale che per sé stessi. Il potere per il potere ma anche il potere ad uso privato quale gratificazione economica consona allo "status" politico e sociale raggiunto. Non si è mai visto un uomo di stato morire di fame o chiedere l'elemosina, al contrario innumerevoli sono i casi in cui la ricchezza accumulata è direttamente proporzionale alle cariche governative occupate. Banale è verificare come chi sta al potere cerchi di non cederlo agli avversari politici costruendosi addosso e tutt'intorno uno steccato protettivo fatto di alleanze e di amicizie, in parte interessate e in parte frutto di ricatti. Altrettanto banale è osservare gli sforzi della opposizione politica che al potere non c'è e che vorrebbe esserci.
Di solito la scalata al potere politico si articola in una serie di operazioni più o meno ortodosse sul piano giuridico e morale che ha come obiettivo il consenso sociale e quindi la capitalizzazione in termini di voti. Da soli, se si ha la forza, in compagnie strumentali se questa manca. Da sempre l'immagine che la società borghese ha dato di sé, della gestione del potere, delle lotte che la percorrono, del cinismo con cui amministra lo sfruttamento della forza lavoro, è squallida e arrogante. Oggi, in aggiunta, dobbiamo registrare che il muoversi della maggioranza e della opposizione dà vita a una recita indegna dove tutto è possibile, anche l'impossibile e dove la farsa e il senso del ridicolo non hanno limiti né fisici né morali. Al potere a tutti i costi e a qualsiasi mezzo si aggiunge la consapevolezza che è meglio perdere cento volte la faccia che una sola opportunità di vittoria. Vale tutto e il contrario di tutto, si può giurare e spergiurare, promettere e non mantenere mai, nemmeno una volta. Fare e disfare alleanze, aggredire ed esaltare gli avversari, usare e gettare ogni cosa purché serva alla causa del potere sempre e comunque.
Esagerazione? Forse. Esempi? Tanti. Cominciamo da chi sta al potere, dall'ex compagno D'Alema fedele interprete della controrivoluzione stalinista prima, ma pur sempre sé dicente comunista, e fedele servitore degli interessi del capitale oggi. Con l'espressione pretesca che lo caratterizza riesce a confezionare le politiche più anti-operaie che la storia del capitalismo moderno ricordi come se fossero delle conquiste del mondo del lavoro. La sua specialità è quella di rimanere al potere, di aggredire i livelli di vita della classe operaia senza che ciò, per il momento, dia vita a una opposizione di classe.
Non per niente al governo lo hanno voluto i poteri forti, quelli che pensano si all'oggi ma anche al domani della conservazione borghese. Ha svenduto la questione della giustizia per avere in cambio una opposizione morbida da parte del Polo. Per lo stesso motivo ha lasciato nel cassetto la legge sul conflitto di interessi di Berlusconi, quando in tempi recenti sembrava la questione del secolo, facendoli passare come dei successi democratici raggiunti dal suo governo. In tema di lotta alla disoccupazione ha proposto di liberalizzare i licenziamenti individuali anche nelle imprese sopra i 15 dipendenti, ovvero libertà di licenziare in tutti i settori produttivi, come una conquista per il mondo del lavoro che avrebbe consentito alle piccole imprese di diventare grandi, non avendo più lo spauracchio dell'impossibilità a licenziare senza la giusta causa, e di creare quindi nuovi posti di lavoro. Ha contrabbandato la precarietà del lavoro, i contratti a termine e il lavoro interinale come nuove opportunità d'impiego e, soluzione delle soluzioni, propone di togliere ai garantiti per dare ai non garantiti, mentre il governo stanzia migliaia di miliardi a favore delle imprese sotto forma di incentivi e defiscalizzazioni. Dire una cosa e farne un'altra, o se si preferisce, farne una e spacciarla per un'altra, è un'arte che il potere borghese ha sempre coltivato ma che mai come in questo periodo ha subdolamente praticato.
Sul fronte della opposizione le cose stanno nei medesimi termini. Berlusconi che usa i sondaggi per fare politica, ha detto e fatto tutto e il contrario di tutto purché in sintonia con le inchieste sugli umori dell'opinione pubblica e in sintonia con le proiezioni elettoralistiche. Da irremovibile bipolarista si è trasformato in convito partitista rimangiandosi quello che aveva dichiarato il giorno prima. Ha svenduto il suo programma sulle modalità di elezione abbracciando il proporzionale dopo averlo bollato per anni come il peggiore dei mali nella moderna democrazia italiana. Pur di ottenere voti e consensi in chiave elettorale non ha esitato a stabilire rapporti con la Fiamma di Rauti e a rimettersi insieme a quel Bossi che lo ha pubblicamente tacciato di essere un piduista, un mafioso, un uomo di mal affare sceso in politica solo per perseguire i suoi loschi interessi. Non da meno il capo della Lega, che dopo essere allegramente passato dalla secessione al semi - federalismo, dal centro destra al centro sinistra, ha accettato le proposte di alleanza di Berlusconi, di quel poco di buono come lui stesso lo ha definito, nella speranza di ridare fiato a un movimento piccolo borghese, senza arte nè parte, stritolato da destra e da sinistra con un passato politico confuso e un futuro assolutamente incerto. Per non parlare della penosa vicenda miliardaria della iniziata e poi interrotta alleanza referendaria tra il Polo e i Radicali. In compenso Bertinotti, che non ha accettato di fare parte del governo D'Alema, che ha sdegnosamente rifiutato qualsiasi patto elettorale con i Ds, si esibisce in accordi con Martinazzoli per le regionali pur di non sparire completamente dalla scena politica nazionale.
La nuova repubblica, che avrebbe dovuto risanare il mondo politico italiano, dà vergognosamente scandalo più di quanto non facesse la prima repubblica di democratica cristiana memoria. Assistiamo a un modo di fare politica da "basso impero" con uomini politici di basso profilo, propensi alla logica del non senso, del tutto e del contrario di tutto, quale mezzo di imbonimento della opinione pubblica per la conquista e il mantenimento del potere.
Un altro aspetto del "non senso" ha una immediata giustificazione logica che accomuna tutti gli schieramenti: quello di scaricare sul proletariato il peso della gestione economica e politica della società borghese. Certo con accenti e modalità diverse, ma a tutti è chiaro che solo comprimendo in termini di politiche dei sacrifici il mondo del lavoro si salva il capitalismo, solo imbrogliando le carte si può avere la speranza di continuare a vedere le piazze disertate dalla contestazione di classe, e solo così si può fare tranquillamente politica in funzione del potere. E allora il dire e il fare tutto e il contrario di tutto è funzionale alla logica della classe politica borghese sino a quando il proletariato non rialzerà la testa riproponendosi in termini di lotta di classe e di scontro sociale. Allora e solo allora le contorsioni, i funambolismi, le plateali falsità, la corruzione ideologica correranno il rischio di pagare un prezzo sociale, ma occorre che qualcuno porga il conto a lor signori e questo conto non può essere che la lotta di classe.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2000
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