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Home ›Il lavoro salariato uccide
Per il capitale la forza-lavoro e la vita dei proletari è una merce da sfruttare anche a costo dell'assassinio
Accanto al lavoro precario e flessibile anche la vita dei proletari va assumendo le medesime caratteristiche; si sopravvive se si riesce, con difficoltà, a ottenere un salario, ma nello stesso tempo si può morire per esso con facilità.
Le cronache e i commenti degli imbonitori di stampa e TV confermano, nelle prime settimane del nuovo secolo, la tragica realtà di uno sfruttamento della forza-lavoro che non conosce limiti e ostacoli, neppure quelli estremi.
Nella settimana dal 24/01/2000 al 29/01/2000 i casi di infortunio sul lavoro notificati all'INAIL sono stati16664 di cui 29 mortali.
Dal 1 gennaio 2000 i casi di infortunio sul lavoro notificati all'INAIL sono stati 65450 di cui 84 mortali.
Una strage in progressione costante, che a livello nazionale ha superato nel '99 le 1.200 morti con quasi un milione di incidenti sul lavoro in tutti i settori, industria, edilizia, commercio, agricoltura e servizi. Una cifra ufficiale paurosa, ma che va come minimo aumentata di un terzo aggiungendovi gli incidenti non denunciati persino dagli stessi operai per non perdere il posto.
Nella giungla di appalti (gare al massimo ribasso) e subappalti, attività sommerse e delocalizzazione di segmenti di produzione, lavoro nero e destrutturazioni varie è lampante che sicurezza e prevenzione vanno a farsi fottere sull'altare della cosiddetta efficienza produttiva, cioè del profitto e della competitività.
Altro che mancanza di professionalità e di cultura del lavoro; altro che "progettazione dei posti di lavoro ai fini della sicurezza", come ipocritamente ipotizzano servi e mercenari del capitale.
La flessibilità che si sta imponendo nella organizzazione produttiva si accompagna a inevitabili conseguenze quali la insufficiente conoscenza delle mansioni e condizioni di lavoro imposte, oltre che della preparazione ed esperienza necessarie ad affrontarle.
Stesso discorso per orari saltuari, elastici o prolungati, sui turni continui e sui carichi e ritmi di lavoro, tutti sottoposti a esasperanti dilatazioni. La pericolosità e la nocività degli ambienti, il rischio e l'usura di certi lavori, anche se individualmente rifiutati, trovano immediatament7e la disponibilità di una mano d'opera come quella extracomunitaria, disperata e disposta a subire qualsiasi sfruttamento e misero salario pur di sopravvivere momentaneamente. Uno scenario che in molti casi sta eguagliando le descrizioni contenute nelle ottocentesche pagine di Engels e di Marx, sia sulle condizioni della classe operaia e sia sui selvaggi "sviluppi" del capitale. I bei discorsi sulla difesa della salute e della dignità dei lavoratori, e più in generale dei "cittadini" proletari, vanno considerati alla stregua dei possibili interventi della Divina Provvidenza.
Con i suoi incessanti attacchi, con i favorevoli rapporti di forza che il capitale si è creato in questi decenni approfittando della passività di un proletariato tradito dai suoi pretesi "difensori", la classe borghese impone i suoi esclusivi interessi e quindi i suoi "diritti". Lo fa sul terreno di una legalità democratica cui è vano rispondere con appelli, consigli umanitari, proposte di norme e regole e altre fantasie riformatrici, rispettose comunque dei dominanti rapporti capitalistici.
Al diritto del capitale di comperare e usare la forza-lavoro dei proletari per ottenerne un profitto, in esclusiva funzione del quale si costruiscono leggi, regole e riforme, il proletariato deve organizzarsi e lottare non solo per difendersi ma soprattutto per imporre il suo diritto alla vita come uomini e non come bestie da soma e quindi da macello. Un diritto che - come i fatti stanno dimostrando - non si concilia con quello che la sopravvivenza del capitale e della classe borghese sta imponendo contro i proletari, qualunque sia la loro nazionalità, razza o religione. Sono ben altre le porte da sfondare, che non quelle aperte dal Giubileo cattolico, per uscire da questa valle di lacrime e di sangue nella quale siamo precipitati, incatenati al seguito del capitale. Quel capitale che nonostante le illusorie e compatibili speranze dei rappresentanti rosa o verdi della "cittadinanza globali" sopravvive unicamente sul fatto che la vita delle masse proletarie e più che mai una merce. E tale, nonostante le suppliche, rimarrà fino a quando non sarà fatta morire definitivamente la causa di questa insostenibile condizione.
CDBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2000
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