Rifondazione perde pezzi

Come volevasi dimostrare, il carrozzone di Rifondazione su cui erano saliti, tra gli altri, parecchi orfani della fu sinistra extraparlamentare, sta cominciando a perdere qualche pezzo; e il recente triplo salto mortale di Bertinotti sulla fiducia al governo, ha ulteriormente accelerato tale processo. Individualmente o a gruppi, il variopinto drappello dei sinistrorsi rifondatori abbandona il partito su cui questi avevano riposto tante speranze, ma sarà difficile, se si eccettua, forse, i giovani, e in ogni caso non senza un tormentato travaglio teorico, che qualcuno di loro possa imboccare la via giusta, date le spesse incrostazioni controrivoluzionarie che ricoprono il loro proclamato marxismo.

Ne abbiamo avuto un esempio a Parma il 19 dicembre scorso, assistendo ad un’assemblea organizzata da alcuni (ex?) militanti di Rifondazione, determinati ad uscirne per dare vita ad una nuova organizzazione che ambisce a schierarsi sul terreno rivoluzionario anticapitalista. Le intenzioni sono buone, ma la partenza è fatta col piede sbagliato, perché sono ben lontani dall’aver fatto i conti politici col loro partito d’origine e, in generale, col riformismo. Infatti, nel documento fondativo di questa “unione politica di lavoratori d’ispirazione comunista”, ma anche nel corso dell’assemblea, è più volte emerso come per questi militanti la vera natura antirivoluzionaria della premiata ditta “Bertinotti & Cossutta” sia, in buona o malafede, del tutto sconosciuta, così come sconosciuto è l’atteggiamento critico - pratico che deve avere un partito che si dichiara nemico irriducibile della società borghese. In breve, si ha l’impressione che se Rifondazione non avesse così sguaiatamente concesso i suoi favori al governo dell’Ulivo, rimanendo a fare (finta) opposizione, probabilmente il loro dissenso non avrebbe superato i limiti di un innocuo e perfino accettabile brontolio interno. Come si fa a dire che “il Prc è passato da una strategia che si basava sulla ricostruzione di un fronte di opposizione anticapitalista a un tatticismo istituzionale teso a rosicchiare qualche briciola nel percorso di ristrutturazione...”? Come si fa a parlare di “involuzione”? Il Prc non si è mai involuto, ma ha agito e agisce in maniera del tutto coerente con le sue radici politiche, che affondano in profondità nel riformismo e nello stalinismo; quel partito non si è mai posto l’obiettivo concreto di distruggere il modo di produzione capitalistico, se non, a parole, in un futuro vago e lontanissimo, ma, al contrario, ha sempre perseguito la classica politica del riformismo, tendente a rendere meno aspro lo sfruttamento del proletariato da parte della borghesia, senza, però, metterla radicalmente in discusione. Questo obiettivo, se può dare qualche piccolo e transitorio risultato - che non intacca la sostanza dello sfruttamento - nei periodi di espansione del capitale, è del tutto irraggiungibile nelle fasi di crisi qual’è quella in cui stiamo vivendo adesso.

Ma questo è solo un aspetto della questione, un altro è che da sempre Rifondazione accetta e si riconosce nei “valori” fondamentali di questo stato borghese (suggerendo al più qualche piccola modifica) quali la “Costituzione nata dalla Resistenza” con il suo naturale codazzo di “rispetto per le regole democratiche”. Il fatto è che il marxismo è stato talmente sfigurato da settant’anni a questa parte che anche il semplice ABC deve essere faticosamente riconquistato dalla stragrande maggioranza di coloro che si dicono comunisti. In quanti, tra i “militanti di base” di Rifondazione hanno, per es., avvertito il contrasto tra l’intitolare un circolo a Rosa Luxemburg, che proprio nella lotta implacabile al riformismo si era fatta le ossa, con la partecipazione o il sostegno ai governi borghesi locali o centrali? Perché ci si scandalizza se “si cancella il dibattito e la sperimentazione”? Il sig. Cossutta, padre fondatore e santo patrono del partito, si è sempre contraddistinto per il suo stalinismo di ferro e, tra le altre porcherie, per l’odio feroce, fino all’istigazione alla repressione borghese, contro i gruppuscoli, poco rivoluzionari ma tanto agitati, che turbavano qualche sonno al PCI anni ‘70. E poi, per farla breve, basta andare a rileggersi la storia del PCI, almeno dal 1943, per accorgersi che non è mai mancato l’attivo sostegno dell’ex partitone alla borghesia italiana, specialmente nei momenti decisivi.

È dunque positivo che si senta la necessità di fare “una riflessione approfondita e generale, teorica e politica, sul comunismo novecentesco”, purché si abbia almeno il dubbio che dietro al cosiddetto comunismo novecentesco, espressione dallo sgradevole sapore intellettualoide, si possono nascondere grandi mistificazioni e grandi tragedie, visto che, normalmente, con quell’espressione si indica lo stalinismo con tutti i suoi parenti. È positivo l’appello al dialogo e alla discussione rivolto a “tutte le forze che si richiamano al pensiero marxista e anticapitalista”, purché non si cerchi di liquidare con le solite scadenti e ammuffite battute o con fare infastidito, chi obietta, come i nostri compagni presenti tra il pubblico, che la “riflessione approfondita” è nella nostra natura perché siamo nati così e che col loro comunismo novecentesco non abbiamo niente a che spartire, anzi, l’abbiamo combattuto al suo primo apparire. Chi vuole sinceramente dialogare, deve saper ascoltare senza travisare ciò che dice l’interlocutore, per quanto sgradevoli siano le sue opinioni: quando, per “riflettere”, abbiamo sottolineato che Rifondazione è figlia dello stalinismo, era chiaro, dal contesto del discorso, che intendevamo dire erede politica dello sfiguramento del marxismo operato dallo stalinismo, non che i militanti dell’unione politica parmense siano personalmente stalinisti. Tant’è, non c’è peggior sordo...; ma non è un buon inizio per chi vuole esplorare nuove rivoluzionarie vie e magari riscoprire il comunismo com’era (e com’è) prima di quello “novecentesco”.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.